Al di là delle ondate di pittoresco e di ridicolo, le questioni politiche della vicenda Sangiuliano sono tre. Innanzitutto, la commistione fra pubblico e privato, che, si badi bene, non significa che le condotte personali di un ministro debbano passare per definizione sotto silenzio. Questo lo spererebbero i sostenitori di questo governo, che si fanno scudo di un senso malinteso della privacy.

Le condotte personali di un politico sono sempre rilevanti perché illuminano la sua coerenza e i suoi ideali. E in questo senso sapere che cosa faceva e con chi un ministro della Repubblica esponente di un governo che difende a parole il merito e la famiglia tradizionale è di evidente interesse per i cittadini. Non c’è distinzione fra pubblico e privato, da questo punto di vista (come ha spiegato Giovanni Tizian su questo giornale).

Ma c’è distinzione fra l’interesse pubblico, che un ministro e tutti gli altri e altre che esercitano funzioni pubbliche debbono servire, e l’interesse privato del ministro medesimo o di altri. Queste due cose non vanno confuse: farlo significa letteralmente togliere risorse – di tempo, di denaro, di energie – al bene pubblico. Significa venire meno all’alto incarico che si ha.

Questo è avvenuto se Sangiuliano, pur forse avendo pagato di tasca propria, ha gestito viaggi e altre attività non rilevanti per il suo incarico tramite personale, strutture e risorse del ministero che dirige. Questo è avvenuto se ha anche solo pensato a una nomina che non fosse improntata a criteri di assoluta trasparenza e merito.

La seconda questione politica riguarda l’affidabilità e la sincerità. Chi ha funzioni pubbliche ha un mandato fiduciario da parte di tutti i cittadini. Questo mandato richiede affidabilità e trasparenza. Un ministro che nicchia, precisa, omette, confonde le carte e le acque non è degno di fiducia. E se non è degno di fiducia non solo dovrebbe lasciare la sua carica, ma è pure pericoloso: non è affidabile, non possiamo sapere che cosa farà con le risorse, le strutture, le procedure che dovrebbero servire a proteggere e promuovere l’interesse pubblico. La seconda questione politica amplifica e peggiora la prima.

E il problema va oltre. Il non essere degno di fiducia di Sangiuliano non si limita a lui e alla sua funzione, ma dilaga. La possibilità che una persona non autorizzata abbia visionato documenti riservati ha talmente tante conseguenze per la reputazione e la sicurezza nazionale che non può essere solo questione di sostituire un ministro. Il problema non è Sangiuliano, o il rimpasto. Il problema è chi di Sangiuliano si è fidato, cioè chi ha deciso la sua nomina. Giorgia Meloni non deve processare o assolvere Sangiuliano. Deve rispondere dell’operato del suo ministro.

La terza questione politica riguarda come un politico deve comportarsi nei confronti delle concezioni morali dei cittadini. Il problema con le famiglie degli esponenti della destra italiana non è solo l’incoerenza: sostengono la superiorità morale del matrimonio monogamico e della fedeltà, ma non riescono a tenere in vita i loro, di matrimoni, né a essere fedeli. Se fosse solo questo, sarebbe un peccato, appunto, ma non metterebbe in dubbio la dottrina.

La dottrina e il peccatore

Come la chiesa ha spiegato in secoli di predicazione, il peccato di un ministro non inficia la dottrina. Siamo tutti peccatori. Il problema politico è il disprezzo che Sangiuliano e i suoi sodali hanno per le concezioni morali alternative. Sangiuliano chiede scusa alla moglie, riaffermando l’ideale di fedeltà che ha violato. È una stolida riaffermazione di un ideale che forse è solo suo, o di pochi.

Per non parlare della mancanza di rispetto e tatto nei confronti della presunta amante. E non contano a discolpa di Sangiuliano – che è maschio e potente – le ritorsioni o le eventuali minacce della donna. Sangiuliano continua a fare abuso del suo potere, anche ora, come deve aver fatto durante le fasi della presunta relazione.

La superiorità morale della famiglia tradizionale e del matrimonio tradizionale, ammesso che esista (non esiste), non si può imporre per legge, né sventolare come una bandiera.

E non è solo perché è difficile essere conformi all’ideale, ma anche e soprattutto perché molti nostri concittadini non la pensano così. Il problema di Sangiuliano non è avere avuto una relazione extraconiugale, ma semmai avere perseguito interessi privati, avere mentito e mostrare disprezzo per le persone vicine a lui e per le idee morali di tutti noi.

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