Sono numerosi i misteri che incombono sul passato e sul presente del nostro paese. Di sicuro non è il più grave e tuttavia, ai miei occhi, uno dei più intriganti è quello che riguarda il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Mi spiego. Egli, presso l'opinione pubblica, gode di una sorta di immunità, è trattato con i guanti, beneficia di un certo credito per me francamente inspiegabile. Forse – mi sono detto – perché, innestato da trent’anni nella non eccelsa nomenclatura leghista capeggiata da Matteo Salvini, passa per una persona civile, un commercialista di buon senso.

Ma è sufficiente? Basta a fronte della sua alta responsabilità ministeriale? È nomea che autorizza a non chiedergli conto delle sue mille giravolte? Uno zelig che non arrossisce. Braccio destro di Bossi, di Maroni e di Salvini. Senza mai fiatare. Dunque, indifferentemente, a servizio di secessionismo, federalismo, sovranismo spinto sino al "vannaccismo”.

Quasi che quelle diverse, opposte visioni dello stato, delle autonomie, dei rapporti internazionali siano ininfluenti sulla visione e sulla gestione dell'economia. Uomo dell’establishment, siede in rappresentanza dell’Italia in tutti gli organismi economici internazionali, ma cambia disinvoltamente veste (e vestito) nel pratone di Pontida. Al fianco di Salvini e dei campioni più impresentabili dei partiti nazionalisti dell’estrema destra europea che qualche opinionista definisce «mostri».

Ministro dello Sviluppo economico del governo Draghi, non disdegnando la fama di amico e fiduciario dell’ex presidente della Bce, non fiatò quando il suo partito fu il primo e il più risoluto nello sfiduciare quel governo. Di più: accettando di fare parte dell’attuale esecutivo guidato dall’allora oppositrice Giorgia Meloni che oggi, da premier, rivendica con orgoglio la massima discontinuità.

Il balletto sulla manovra

Firma in sede Ue il nuovo Patto di stabilità che ipoteca la nostra politica economica per lunghi anni a venire, ma non muove un dito quando il suo partito, nell’Europarlamento, boccia quel Patto. Ancora: assicura i partner europei che l’Italia, sola a non averlo fatto, ratificherà il Mes ed è puntualmente smentito dal suo partito e dalla sua maggioranza.

Da ultimo, il suo balletto sulla manovra: con tono severo annuncia sacrifici (confesso: per un attimo ho sperato fosse un soprassalto di onestà e di verità), salvo essere smentito immediatamente dalla presidente Meloni (tasse? quando mai? Falso! Eppure esse stanno scritte nel documento varato dal governo).

Il nostro che fa? Naturalmente si allinea, proclamando che non vi saranno oneri per persone e imprese. Per chi allora? Di nuovo, assumendo volto accigliato, ripiega sui tagli prescritti ai vari ministeri, peccato che i ministri reagiscono asserendo di non esserne a conoscenza e di non avere intenzione di dare ascolto a chi si impanca a maestrino. Come dare loro torto, considerata la volubilità e l’arrendevolezza di chi è pronto a digerire tutto?

Del resto, il primo ministro a insorgere contro i diktat di Giorgetti è, vedi un po’, il vicepremier nonché leader della Lega, che sa di che pasta è fatto il suo collega di governo e di partito. Per molto meno, un ministro minimamente responsabile si sarebbe dimesso nelle innumerevoli circostanze in cui egli è stato sconfessato.

Servitore di ogni padrone

Ecco la domanda: in un tempo “di ferro” come questo, in cui chi deve rappresentarci assume impegni nei consessi internazionali ove decisiva è l’affidabilità, possiamo permetterci un ministro dell’Economia tecnicamente e politicamente irresponsabile, fungibile a ogni politica, servente ogni padrone? Il pensiero va con imbarazzo – un imbarazzo che evidentemente non lo sfiora – a uomini che in passato hanno occupato la scrivania di Quintino Sella: Einaudi, Vanoni, Andreatta, Ciampi, Padoa Schioppa.

Le cronache riferiscono che lui, Giorgetti, abbia suggerito a Salvini di tenere sulla scrivania la foto di Matteo Renzi quale memento delle alterne fortune politiche («le discese ardite e le risalite» e viceversa). Nessuno ha regalato a Giorgetti i ritratti dei suoi illustri predecessori?

© Riproduzione riservata