La notizia la conoscerete, la riporto brevemente: la figlia della scrittrice Premio Nobel Alice Munro ha dichiarato in questi giorni che il patrigno ha abusato sessualmente di lei da bambina, e che la madre (la famosa scrittrice, appunto) è rimasta col patrigno anche dopo che lui ha ammesso gli abusi. Mi fermo qui, perché è sufficiente ai fini di questo articolo. La vicenda è brutta e non merita di essere banalizzata, oltre al fatto che la ricostruzione dei fatti appare al momento in evoluzione.

La notizia ha riempito di angoscia molti lettori affezionati di Alice Munro, alcuni dei quali si sono sentiti traditi. Il tema sollevato è stato quello della separazione fra il valore dell’opera e il valore morale della persona che scrive l’opera. C’è chi dice che non dovremmo più leggere Alice Munro, chi dice che non l’ha mai letta e continuerà a non leggerla, chi dice infine che i libri sono una cosa, la persona è un’altra.

Una prospettiva nuova

In letteratura naturalmente sono esistiti e continueranno a esistere casi di questo tipo. Ma Alice Munro è un caso per certi versi significativo. È morta da poco, e ricordiamo bene i commenti che uscirono dopo la sua scomparsa. Commenti che esprimevano un affetto sconfinato da parte dei suoi fan, un sentimento che sembrava contenere qualcosa di estremamente personale.

Ricorreva l’idea che Alice Munro fosse una scrittrice capace di salvarti nei momenti peggiori, di guidarti e di sollevarti con l’asperità e la potenza dei suoi racconti, ribaltando con rapidità una situazione di dolore o disagio che stavi attraversando. È chiaro che se alcune persone si sono sentite così, leggendo Alice Munro, la loro sofferenza è stata poi grande, quando hanno scoperto che, come madre, è accusata di essersi comportata nel modo che descrivevo all’inizio.

La verità è che non mi convince né chi dice che non leggerà più Alice Munro, né chi dice che bisogna leggere le opere separandole dalla persona. Mi sembra che questa vicenda terribile, la cui verità profonda forse resterà oscura, dovrebbe almeno essere usata con intelligenza per provare a pensare alla letteratura in modo meno infantile.

Una cosa che non ci piace ammettere è che talvolta è proprio da un abisso etico che nasce una produzione artistica e intellettuale. Non è privo di senso che una persona capace di trattare sua figlia in modo orribile abbia scritto esattamente quei libri, con quei contenuti così vividi e quella visione così salvifica. Attenzione: non sto dicendo che sia una regola. Non sto dicendo che bisogna macchiarsi di nefandezze per fare arte. Ma è una ricorrenza: è qualcosa che accade con una sua regolarità.

Talvolta il cuore umano ha certi colori e proprio da questi colori nasce una visione dentro la quale convivono la negatività e la rappresentazione riuscita di una serie di redenzioni. Accade. È correlato al modo in cui sono fatti gli esseri umani. L’essenza degli umani ha la forma di una domanda (frase molto riuscita di Heidegger, il quale però aderì al nazismo).

Inseparabili

Invece di separare la persona dall’artista, bisognerebbe accettare che l’opera bella è in certi casi legata intimamente alla persona che non ci piace, o che ci piaceva e che non ci piace più. Le due cose coesistono e si influenzano, e in realtà non sono separate o separabili. Uno dei miei autori preferiti è Michel Houellebecq, che non ama le femministe, e io sono femminista, dunque lui non ama me. Ma di Houellebecq sono ammiratrice e lettrice. Se lo incontrassi, non passerei il tempo a spiegargli che deve diventare femminista, mi interesserebbe di più capire la sua idea di dolore, di piacere e di desiderio.

Se separiamo la persona dall’opera, il fabbricante dell’opera diventa un cervello che produce contenuti. Scisso dalla persona, diventa stranamente somigliante a un’intelligenza artificiale. Vi riporto a tal proposito questo breve dialogo (fra me e un’intelligenza artificiale):

«Cara Intelligenza Artificiale, tu non fai mai cose orrende?».

«No, sono programmata per aiutarti in modo etico e responsabile».

«Però sapresti calcolare quali nefandezze è più probabile che abbia compiuto un ipotetico umano che risponda nel modo in cui mi hai appena risposto tu?».

«Se un essere umano dicesse che non fa mai cose orrende, penseremmo che sta negando di fare errori, e che forse ha difficoltà nelle relazioni interpersonali e scarsa consapevolezza dei propri limiti».

«E quali crimini potrebbe fare una persona così?»

«Frodi e truffe. Abuso di potere. Conflitti di interesse. Corruzione».

«Grazie!».

«Prego!».

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