Contro la deriva antiunitaria promossa dalla legge Calderoli si sono espressi molti costituzionalisti, Confindustria, Banca d’Italia, associazioni varie, l’Anci e la Cei. Con le amministrative si è espresso il paese, soprattutto il sud. Alla fine della fiera, è difficile capire perché Meloni non abbia messo da canto una riforma che realizzata la renderà premier di una Repubblica Arlecchino
Contro la deriva antiunitaria promossa dall’Autonomia differenziata, lo smottamento dell’assetto costituzionale della Repubblica e dei suoi vincoli solidaristici tra territori per una cittadinanza eguale, si sono espressi inascoltati, nel rovente iter parlamentare della legge Calderoli, a lasciar perdere (quasi) tutti i costituzionalisti italiani, Confindustria, Banca d’Italia, associazioni dell’artigianato e del commercio, cooperative, Anci, associazioni sindacali e Conferenza episcopale italiana (tanto da generare un inedito attacco, nella storia di un Paese cattolico, del presidente del Consiglio alla Cei).
Con le elezioni dei sindaci appena chiuse, ora si è espresso il paese, e soprattutto il Sud. Un Paese e un Mezzogiorno pochissimo convinti, anche a destra, apertamente in Forza Italia, e sottotraccia negli stessi Fratelli d’Italia, poco inclini a passare alla storia come Brandelli d’Italia (copyright Schlein), che l’autonomia gli faccia bene; dubbio fortissimo al Sud (si è visto nelle urne) ma anche abbastanza presente al Nord, salvo nella sede della Lega di via Bellerio.
Ora se ne è accorta anche la presidente Meloni, che glissando sui risultati ha postato su Facebook il solito messaggio senza contraddittorio: non allarmatevi cittadini del Sud, garantisco io che non diverrete ex italiani, malconci peggio di adesso. Alla fine della fiera, è difficile capire perché Meloni non abbia messo da canto una riforma che realizzata la renderà premier di una Repubblica Arlecchino, di un assemblaggio diseguale di regioni che a tenerle insieme non basterebbe come nei secoli che hanno portato agli stati nazionali neanche “il corpo del re”, figurarsi l’elezione diretta del capo del governo.
Una scelta antiunitaria, per altro, contro la cultura politica e la constituency di riferimento di Fratelli d’Italia e Forza Italia. O ha sottostimato la cosa, o il patto di governo con Salvini non le dava altra possibilità. Impossibile ora una marcia indietro. Ma forse un freno sì, se ha senso il messaggio a reti unificate affidato a Facebook di Meloni.
Ora ha un modo, Meloni, per rendere credibile questo messaggio. Il 23 aprile scorso, in coda a un’iniziativa al Senato, quattro ex parlamentari di destra e di sinistra (il sottoscritto, Massimo Villone, Amedeo Laboccetta, Mario Landolfi), impegnati a suscitare nelle aule del parlamento un’«obiezione nazionale» trasversale alla legge Calderoli, chiedevano un incontro urgente a Meloni, per chiederle, ove mai sciaguratamente fosse stata approvata la legge, sciagura che si è data:
- se intendeva avvalersi di esercitare il potere di limitare il negoziato sull’intesa a lei attribuito dall’art. 2.2
- alla tutela di quali «politiche pubbliche prioritarie», in particolare volte alla eguaglianza dei diritti e alla coesione territoriale, avrebbe indirizzato i limiti anzidetti
- se intendeva dare seguito alla richiesta del consiglio regionale della Calabria di non procedere ad alcun trasferimento di funzioni nelle materie non Lep prima di una “valutazione di impatto” che dia conto dei possibili effetti su cittadini, imprese, pubbliche amministrazioni
Ecco, ora non pretendiamo che Meloni riceva i richiedenti dell’incontro, la sua agenda sarà certamente troppo piena, e fin qui non abbiamo avuto un cenno di risposta. Potrebbe però rispondere con un post su Facebook. Breve. In linguaggio evangelico: Sì, sì, No, no. Ogni altro distinguo argomentativo non rassicurerebbe nessuno, e verrebbe dal diavolo, che anche etimologicamente divide (diaballein, da cui “diavolo”, è in greco “separazione”), anche la separazione dell’unità del paese e della sua eguale cittadinanza per tutti, che non sopravviverà nella concentrazione del vuoto pneumatico del potere in capo al premier esito di una repubblica assemblata con venti o ventuno “autonomie” regionali.
Meloni guardi alla cosa tramite l’etimologia del latino ecclesiastico diabolus, dal greco diàbolos, propriamente “ingannatore, accusatore, separatore”, derivato di diaballein, “condurre attraverso, accusare, ingannare, seminare inimicizia”. E forse si renderà conto che questa diavoleria dell’autonomia differenziata proprio questo ha fatto e sta facendo: ingannare gli italiani, accusare gli uni dei disagi degli altri, seminare inimicizia tra loro. Fermi Meloni questa macchina infernale, prima di vedersela in moto nei referendum.
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