Ha dichiarato Mark Leonard, direttore del Consiglio europeo per le relazioni estere, che «l’intensità, la velocità, l’aggressività e l’imperialismo di questa amministrazione [statunitense] hanno sorpreso molti. La sfida per l’Europa è come affrontare un’America predatrice disposta a sfruttare la vulnerabilità degli alleati per estorcergli qualcosa, che si tratti di un accordo sui minerali in Ucraina o di tentativi di annettere la Groenlandia o del modo aperto con cui Donald Trump sta cercando di dividere la Gran Bretagna dall’Ue con accordi commerciali differenziati».

La vendetta

Con gli alleati storici Trump è arrogante e rapace. È risentito, per un assurdo senso di inferiorità rispetto all’Europa che, pare, covi nel suo animo dalla giovinezza. E, adesso, che ha il potere sul mondo, si vendica. Ragioni infantili, ma ragioni dopo tutto.

Come vendicarsi se non ridurre il vecchio continente a una miscellanea di paeselli litigiosi e deboli? È infatti l’Unione Europea che dà rilevanza ai paeselli – se l’Ungheria fosse separata dalla UE non farebbe testo; è l’Ungheria nell’Unione che fa di Viktor Orbán un cuneo divisivo e un modello per le destre.

Insomma, l’Europa va tolta di mezzo. E le tariffe possono farlo. Come ha spiegato Francesca De Benedetti, hanno il compito di indurre Bruxelles a far cadere, per esempio, controlli sulle merci americane e regolamenti sulla IA. Dividere l’Europa, dunque.

E, soprattutto, far sentire gli stati europei peggio trattati dei naturali avversari, la Russia e la Corea del Nord. Certo, che questi paesi non siano stati vittime della scure trumpiana non dimostra altro se non che non hanno rapporti commerciali con gli States.

Tuttavia, la presentazione alla Casa Bianca in stile hollywoodiano della tabella dei paesi colpiti dai dazi ha intenzionalmente voluto mettere in luce le assenze accanto alle presenze, per invitare a fare la conta dei nemici e degli amici. La Russia ha subito capito il messaggio.

Usa e Russia contro Europa

Oltre a rallegrarsi per i danni all’Europa che causerà la politica tariffaria di Trump, l’ex presidente russo, Dmitri Medvedev ha citato il famoso adagio cinese per cui la Russia «siederà sull’argine del fiume, aspettando che il corpo del nemico galleggi. Il cadavere in decomposizione dell’economia dell’Unione Europea».

Ecco la Santa Alleanza del 2025. E come quella del 1815, che aveva l’obiettivo dichiarato di portare le lancette dell’orologio della storia al tempo dell’antico regime, azzerando il lascito della Rivoluzione francese, questa nuova alleanza strategica tra i potentati oligarchi vuole scardinare il lascito più resistente del Secondo dopo-guerra, l’Unione europea.

Macerie

La Nato è in via di riordino, e diventerà funzionale alla politica di Trump, ad un nuovo ordine globale nel quale gli accordi saranno bilaterali, tra i capi autocratici, ad est come a ovest. In questo nuovo ordine autocratico, nel quale le popolazioni conteranno zero, la regola sarà lo scambio affaristico.

E in ragione di ciò, i criteri saranno non il diritto e i diritti, ma la forza e il privilegio. E soprattutto il nudo potere del denaro, il titolare della sovranità secondo il paradigma Trump. E questo piace tanto alla Russia, che notoriamente detesta la “decadente Europa”, la democrazia costituzionale, e tutto ciò che è riuscito a sopravvivere alla Guerra fredda. L’Unione europea è l’ultima creazione di quel mondo, e il fatto che non si sia dissolta insieme alla Unione Sovietica sta sullo stomaco al Cremlino.

Ue, cuscino inutile

Non era forse l’Unione europea un cuscino tra Usa e Urss? Decaduto l’impero sovietico, quel cuscino non ha ragione d’essere. La guerra delle tariffe, perché così la chiama il suo comandante in campo, ha quindi un progetto di riordino del vecchio continente che piace a Mosca. Decreta una nuova Santa Alleanza che manda al macero quello che fu a dispetto di tutto l’esito di una svolta rivoluzionaria, espressa anche dalla Dichiarazione universale dei diritti e dall’Onu, entità in caduta libera (da ultimo assistiamo all’attacco contro la Corte penale internazionale).

La Guerra trumpiana delle tariffe, al di là delle implicazioni, importantissime, sui mercati e le economie avrà, e probabilmente vuole avere, un suo Dopo-guerra. E non sarà di quelli che animano libertà e creatività.

A considerare la cupezza guerrafondaia dei suoi protagonisti autocrati, ad est come ad ovest, sarà un’età del ferro per tantissimi e di disgustosa ricchezza per pochissimi.

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