Lo sciopero degli ombrelloni dei balneari dalle 7.30 alle 9.30 di mattina, quando sulle spiagge non c’è nessuno, e se c’è non ha bisogno di ombrelloni, il motivo per cui neonati e anziani (pochissimi per altro) scendono in spiaggia a quell’ora, è davvero un colpo di sole, ai limiti della decenza, del buon senso nella società italiana e nella politica, che questa mancanza di buon senso da anni carezza senza pudore.

Ma è possibile leggere che se passa la direttiva Bolkestein sulle gare, che oltre che aprire alla concorrenza che tutti vogliono ma per gli altri, serve a garantire una qualche redditività per l’erario pubblico delle concessioni, “il settore non ce la può fare”, e guarda caso andranno in difficoltà i lavoratori (i bagnini) e i produttori di lettini e sdraio? Questa è un’Italia sdraiata sul senso morale, ai limiti della decenza di un’etica dell’interesse pubblico come interesse di tutti.

Soggiorno per le vacanze, per risalenti e ormai lontane fortune familiari, in una parva sed apta mihi villetta di famiglia a Capri, ma da anni a mare non si scende o si scende pochissimo.

Un giorno in uno stabilimento balneare, dove spesso ti si costringe a mangiare al ristorante male, può arrivare a costare centocinquanta euro a persona. Una pensione dignitosa, ma comunque una pensione dello Stato, non se lo può permettere. Quindici giorni di (sola) balneazione per una famiglia di quattro persone possono arrivare a costare novemila euro. Facciamo media, anche dove ci si può evitare i ristoranti, e siamo a cinquemila.

È chiaro che, anche se mi sono attrezzato con una doccia su un terrazzo, ti passa la voglia, pur avendo casetta parva sed apta mihi, di cantare come l’Ariosto “le donne, i cavalier, l’arme, gli amori”, anche se a Capri di donne, cavalieri e amori se ne vedono, e di armi magari qualche mercante in incognito.

Il paese reale

Racconto questo, mettendo in piazza con qualche pudore il riserbo personale, per raccontare “a chi di dovere” il paese reale, l’Italia e la vita dell’italiano medio, o, per dirla “alla destra”, dell’uomo qualunque. Andare al mare in una location di lusso costa per una famiglia tra i cinque e i dieci salari medi degli italiani, in una location popolare ci si aggira su un paio; praticamente, per chi può, la capacità di risparmio di un anno da formiche in attesa del sole di Ferragosto.

Ora i quesiti (moralistici) generali. È possibile l’esenzione di settori abbienti del tessuto economico del paese dalla solidarietà alla società e dalla lealtà allo Stato, che passano per un’equa e non contestata tassazione dei propri redditi e delle proprie attività economiche?

Certamente più abbienti di chi le tasse le paga sul salario o sulla pensione, con l’estrazione dell’unghia o del dente (la tassa) alla fonte? Per tacere del lavoro povero o al nero, al cui prosperare concorrono anche non pochi settori produttivi abbienti coinvolti nel turismo? Oggi, per altro, un overtourism i cui danni ambientali vengono pagati su una fiscalità generale cui chi quei danni produce concorre poco o niente.

Lascio perdere le banche, gli extraprofitti, Big Pharma, Big Tech, Big Armi (non quelle dell’Ariosto), e quanto di Big non getta neanche uno sguardo sugli italiani “small size” nella vita quotidiana e nel portafoglio, che pure in un empito di sincerità fanno dire a Briatore “ma come fa una famiglia a vivere con quattromila euro al mese?”. Cosa in fondo vera, anche perché sotto quella soglia una famiglia è meglio che non te la fai, alla faccia della crisi demografica che non ti farà poi neanche più trovare per le tue aziende elettricisti, falegnami, bagnini (almeno di razza padana).

Lascio perdere, ma mi chiedo: chi deve concorrere a poter consentire ai ministri del bilancio dei prossimi venti o trent’anni (alla luce del debito aggiuntivo che ci siamo messi addosso come Paese con il Pnrr per “rilanciarci”) di metter su una finanziaria sostenibile, a cominciare dalla prossima? Sempre i paperini, e non i paperoni e i papaveri che sono alti alti alti?

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