Come dopo la crisi del 1929, la stessa disperazione sembra aver distrutto anche oggi ogni certezza e anche ogni speranza verso il futuro. Vale la pena quindi di ricordare il New Deal e la first lady che è riuscita a parlare a quelle quelle madri disoccupate, che ai figli d’America non potevano più garantire più cibo, salute, e speranza
«Elicotteri della stradale che spuntano dalla collina, minestra a scaldare al fuoco sotto un ponte, la fila per il ricovero che fa il giro dell’isolato. Famiglie che dormono in macchina, né casa, né lavoro, né pace, né riposo. Benvenuti nel Nuovo Ordine Mondiale». Forse nel suo endorsement a Kamala Harris, Bruce Springsteen avrebbe potuto ritirare fuori la potenza narrativa di questo malinconico pezzo. The Ghost of Tom Joad: il canto rabbioso di un’America travolta dalla carestia e dalla fame della Grande Depressione, con mezzo milione di contadini del Midwest rimasti senza lavoro, costretti a vagare in cerca di una casa.
Non siamo nel Furore del 1929 con il crollo della borsa di Wall Street che polverizza i risparmi di milioni di americani gettandoli sul lastrico, ma il racconto della disperazione di John Steinbeck, il senso di abbandono, la fine della solidarietà tra gli uomini, la paura e soprattutto la povertà sembrano aver distrutto anche oggi ogni certezza e anche ogni speranza verso il futuro.
Harris si è persa per strada gli emarginati, i ragazzi dei ghetti afroamericani ancora esclusi dall’accesso all’istruzione e gli ispanici che per primi chiedono l’espulsione degli immigrati senza permesso di soggiorno. Perché, proprio a loro, non importa niente delle questioni ambientali, dell’inquinamento, dello smantellamento dei regolamenti in materia di emissioni e neppure del diritto all’aborto (figuriamoci del wokismo, ammesso che si riesca a capire cosa sia).
Ai margini
Il sorriso di Kamala Harris e i cuori infiammati delle donne (in maggioranza liberal, che hanno frequentato college e università prestigiose) non sono bastati a mobilitare il voto femminile, come sperato. E i nemici veri o immaginari (quelli che Donald Trump ha saputo evocare benissimo) che siano gli immigrati o le catene globali che impedirebbero all’America di tornare ad essere una nazione potente, a partire dall’obbligo di fornire aiuti militari ed economici all’Ucraina, hanno pesato molto di più delle accuse di autoritarismo, rivolte peraltro da una candidata debole e impopolare come il suo stesso partito e l’amministrazione Biden che ha rappresentato.
Perché (come storia insegna) quando l’inflazione e l’aumento dei prezzi divorano le vite di milioni di persone messe ai margini, è molto facile solleticare le pulsioni irrazionali di una società.
E se per anni ai cittadini si fa credere che il loro voto non conta nulla, che ai poveracci le élite stanno rubando la libertà sotto il naso, che lo stato è corrotto e violento e che solo un uomo, lui sì vittima di una magistratura depravata li salverà (nonostante abbia speso milioni di dollari per corrompere giudici e consulenti e coprire i suoi scandali sessuali), sarà molto facile andare incontro a una deriva autoritaria e plebiscitaria, con un progressivo svuotamento della democrazia.
Il fatto che sia stato proprio Trump, vertice delle istituzioni nel precedente mandato, a usare un linguaggio anti istituzionale ed eversivo, e che in nome della leggenda della vittoria rubata abbia incitato a forme di ribellione estreme (come accaduto nel gennaio 2021), non è stato un argomento seducente in campagna elettorale.
E attenzione a dare patenti di democrazia ai cittadini o a irriderli per la loro ignoranza o irrazionalità, semplicemente perché la loro rabbia non la si riesce a capire o peggio non si è in grado di trovare risposte a chi non sa come pagare un affitto o un tetto sulla testa non ce l’ha proprio.
«Il popolo è sempre sostanzialmente libero e ricco» diceva Pier Paolo Pasolini. «Può essere messo in catene, spogliato, avere la bocca tappata, gli si può togliere il lavoro, il passaporto, il tavolo dove mangia, ma è sostanzialmente libero». In questo caso libero di decidere chi votare. Tornare a scendere nella realtà, con l’obiettivo di capire e non giudicare, potrebbe essere una strada per risolvere il dramma delle diseguaglianze.
Le parole di Eleanor Roosevelt
Negli anni Trenta il New Deal di Roosevelt fu capace di guardare in faccia morte e carestie, e di uscire dalla crisi facendo degli States la superpotenza incontrastata nel mondo.
E a proposito di donne, proprio oggi che la nazione invincibile non esiste più, vale la pena di rileggere le parole della first lady Eleanor Roosevelt che, quando tutto sembrava perduto, seppe togliersi l’abito della paladina progressista per parlare davvero a quelle madri disoccupate, che ai figli d’America non potevano più garantire più cibo, salute, e speranza. «Il compito della Casa Bianca non è solo ridare valore alle azioni dei principali gruppi economici e industriali del paese, ma restituire fiducia al popolo americano».
Stanche di essere invisibili, centinaia di migliaia di “forgotten women” ormai dimenticate dalla storia, cominciarono a scriverle e da lì l’America voltò pagina con un ampio programma di riforme contro la povertà e il disagio sociale. Forse a Eleanor Roosevelt avevano giovato gli studi in Inghilterra, quando giovanissima nel 1903, si era impegnata nel volontariato nel Lower East Side, uno dei quartieri più poveri della città, ad alta densità di gente immigrata.
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