Opta Predictor dice che lo scudetto lo vince di nuovo l’Inter. Al 79,2 per cento. Facile, non c’è confronto. Però che vita questi algoritmi: mai un brivido, un azzardo, un’emozione. Tutto incapsulato. Per trovare un po’ di frizzante bisogna andare in pellegrinaggio da quelli che nel fútbol ci vedono sempre la magia, la stregoneria, l’imprevedibile, una terra dove niente è scontato e ogni cosa è possibile. Per loro sarebbe bello vincesse l’Atalanta.

Ricomincia il campionato, il calcio is back. E con lui tic, eccessi e stramberie di noi che lo viviamo. Come tutti gli incipit, anche la prima giornata è una summa di ciò che ci aspetta. Juventus-Como di lunedì, per esempio, pone già una questione cardine nel grande racconto stagionale: Thiago Motta e Cesc Fábregas, i due allenatori più fashion della Serie A, giovani e in rampa di lancio, del calcio son profeti o scienziati? Sono motivatori o innovatori? Su cosa fanno leva, i sentimenti o la tattica?

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Funzionano entrambe le risposte poiché dipende da cosa ci vogliamo vedere noi. La Serie A è in fondo una querelle, e il suo oggetto è il calcio. Che ha sempre gli stessi temi, cari e puntuali a ogni campionato. Questo al via è il numero 123 della storia. Di qua i moderni, i match analyst, i seguaci dell’IA.

Di là i romantici, gli antichi, un po’ nostalgici sì, quelli che il calcio di una volta è sempre (e sempre sarà) un’altra cosa. L’eterna lotta tra i nerd e i sentimentali. I primi sono supportati dalla tecnologia, per loro il calcio è previsione. L’Empoli è entrato nel programma di intelligenza artificiale di Ibm e della piattaforma watsonx per cercare giovani talenti.

Negli anni Ottanta dovevi prendere un aereo per cercare il talento, passavi un mese in Brasile e magari tornavi con un fenomeno. Oggi il calciomercato si può fare in rete. Anche molti altri club si affidano a programmi di IA per analizzare calci d’angolo, dribbling, contrasti. Dati, dati ovunque. L’intenzione è affinare le certezze e azzerare l’imprevisto. E allora i nuovi acquisti si fanno dai video, numeri alla mano. Il pallone così diviene rigoroso, da studiare. Ma c’è ancora chi si fa ispirare. Il Milan, per esempio, ha puntato sull’aura di Zlatan Ibrahimovic, dirigente advisor immaginifico anche quando parla di calciomercato: «Dio ha creato il mondo in sette giorni: noi siamo al quarto».

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Gli impianti

La parola calcio si sa che in Italia apre un mondo sconfinato. In un Paese disallineato e scontornato, il pallone funge ancora da polo attrattivo, attorno vi si fanno chiacchiere, cicalecci, ronzii, tant’è che il dio pallone ha già rimasticato il resto. Persino le Olimpiadi di Parigi sembrano già lontanissime, un ricordo annebbiato, perché i veri templi dello sport per i calciofili restano gli stadi.

Quelli, però, non ancora in linea agli standard europei. Da Roma a Milano passando per Bologna: anche in questo campionato sentiremo parlare di giunte, di commissioni, di soprintendenze, progetti, architetti. Ché bisogna rinnovare queste strutture, no? Dalla retorica del campetto d’oratorio a quella degli stadi all’avanguardia, tutto fa dibattito quando si parla di calcio.

I raccattapalle

Intanto, sarà il primo campionato senza raccattapalle. Figura vecchia, vetusta, superata. Al loro posto i coni di plastica. Per evitare perdite di tempo, i giocatori dovranno fare da soli. E viene da chiedersi dove finiranno adesso tutte le storie di quei bambini cresciuti all’ombra del loro campione, lì, ai bordi del campo.

E poi gli allenamenti, gli infortuni, le probabili formazioni, il calendario che tra coppe coppette e campionato si fa fitto se non fittissimo (si dice così). Quant’anno parte la super Champions, con cinque club italiani impegnati (Inter, Milan, Juventus, Atalanta e Bologna).

A novembre per la pausa delle nazionali (la terza in programma) si contatteranno i preparatori atletici, i medici, i personal trainer. Per capire se vale la pena giocare così tanto e quanto può incidere sulla salute degli atleti. Oppure come fare, tra tabelle e calcoli matematici, a gestire le forze al meglio. Le app di IA aiutano sempre, altro che i gradoni di Zeman.

Gli stranieri e i giovani

Nell’anno del fallimento azzurro all’Europeo, immancabile sarà il tema degli stranieri e dei giovani. L’anno scorso la percentuale di calciatori stranieri sul totale di quelli impiegati in campionato era stata del 63,9 per cento, in calo rispetto alla stagione precedente, dopo anni di aumento.

La squadra con più italiani era stata il Monza, 70 per cento, quella più straniera l'Udinese (11 per cento di italiani). E allora vai col dibattito: troppi, ma no, ma sì, chi ricorderà di quando ne bastavano appena tre (perché erano tutti leggendari) e chi dirà che in Premier League, attenzione, ne hanno anche più di noi.

Se lo sport è lo specchio del Paese, il calcio ne è la trasfigurazione, dramma e commedia insieme. Che richiede i suoi riti, i suoi dogmi, le sue ripetizioni. Si discuterà di fuorigioco anche se c’è il Var che può misurare persino i millimetri. Anzi, meglio se lo fa. È più scientifico. E così sarà per i falli, quelli da rigore. Una scusa per molti per rievocare vecchi lenti, evergreen pallonari.

Dal body crash tra Mark Iuliano e Ronaldo il Fenomeno che ancora fa così discutere (correva l’anno 1998) fino a er gol di Turone. E così la storia si intreccia con l’attualità, il vecchio si aggroviglia al nuovo, i campionati passati ritornano, mentre questo che comincia prende forma. Aiuto.

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