È l’unico programma che guardo con gusto, ma tra i miei coetanei mi sembra di essere l’unica. Funziona perché è rimasto uguale, eppure diverso al punto giusto, sintonizzato sul presente
A volte non riesco a decidere se sono la più stereotipica delle millennial o un signore di mezza età imprigionato nel corpo di una giovane donna. Questa settimana proviamo a capirlo insieme con l’aiuto dell’unico programma che guardo con gusto in televisione, cioè il GialappaShow. Il tema che mi perplime è questo: le uniche persone di mia conoscenza che lo seguono con il mio stesso altissimo livello di entusiasmo sono i miei genitori, che come è intuibile non sono miei coetanei (sono in compenso coetanei di Marco Santin e Giorgio Gherarducci, i due membri ancora attivi della Gialappa’s Band).
Eppure tutto di questa ripresa del vecchio format dei vari Mai Dire (Banzai, Gol, Domenica), che tra gli anni Novanta e i Duemila sono stati il punto di ritrovo di tutti i comici più bravi in circolazione, sembra un’operazione nostalgia calibrata alla perfezione per noi trentenni che di nostalgia campiamo, e che da quando esiste l’internet abbiamo una sola domanda che ci tiene svegli la notte: perché Mediaset non rende disponibili per lo streaming le vecchie stagioni integrali della Gialappa’s? Lo sanno da quelle parti che noi ci abboniamo a tutto per molto meno?
Nel frattempo il GialappaShow non è su Mediaset ma su TV8 ed è già alla sua quarta stagione, iniziata da poco con la stessa formula delle scorse tre, ma pure quelle di vent’anni fa: Mago Forrest è alla conduzione e viene affiancato in ogni puntata da un’ospite diversa, con l’eccezione della puntata di questa settimana dove a fargli da spalla c’era un uomo, forse l’unico sportivo italiano dotato di senso dell’umorismo, Valentino Rossi.
Da bambini
Nella puntata precedente, la prima della nuova edizione, presentava Laura Pausini, e questo mi ha fatto pensare che sicuramente la Romagna fa più allegria di altre regioni, ma anche che i Gialappi sanno esattamente cosa darci, ovvero tutte le cose che ci piacevano da bambini. E infatti lo share del programma non è niente male per un lunedì di Grande Fratello, ma allora chi lo guarda a parte mia mamma? Dove sono i millennial? Il fatto che nessuno dei miei amici, a cui da un anno mando clip di Doc Doc (forse il più cretino degli sketch, e quindi il mio preferito) si sia ancora piegato alla mia volontà di condivisione, significa che dopotutto sono davvero un vecchio signore intrappolato nel corpo di una giovane donna? O solo che devo cambiare amici?
GialappaShow funziona perché è sempre uguale ma diverso il giusto: c’è ancora il commento sagace dei Gialappi, l’umorismo demenziale di Forrest, le puntate di Sensualità a corte, i Neri per caso come resident band che rievocano in noi affezionati uno dei pochi reperti di Mai Dire Gol disponibili su YouTube, un’esibizione in playback di Teo Teocoli, Antonio Albanese, Aldo, Giovanni e Giacomo che personalmente guardo almeno una volta al mese e in tutti i giorni di pioggia (mentre scrivevo questa frase l’ho rivista quattro volte, dei due milioni di visualizzazioni credo che la metà siano mie). Ma ci sono anche comici, comiche e personaggi nuovi che non fanno rimpiangere i bei tempi andati, sono anzi sintonizzati sulla contemporaneità senza strizzare l’occhio a nessuno.
Tra le gag che mi fanno più ridere: il demotivatore di Toni Bonji, l’androide Ester Ascione di Brenda Lodigiani, l’imprenditore brianzolo Maicol Pirozzi di Edoardo Ferrario, il seduttore Savage di Alessandro Betti (che spero ritorni nelle prossime serate), l’Alessandro Borghese di Max Giusti. Nessuno sembra morbosamente attaccato al passato, nessuno, nemmeno i veterani, sembra convinto che al giorno d’oggi non si possa più dire niente. L’unico assunto di base è quello che rendeva i programmi della Gialappa’s così divertenti nel secolo scorso e che ha permesso di traghettare la stessa comicità nel presente: bisogna essere molto intelligenti per fare gli imbecilli.
Nulla di nuovo
Non importa quindi che questo revival sia confezionato per i millennial, per i boomer o per chissà chi altro (non so se la GenZ abbia un senso dell’umorismo compatibile, ma sarei curiosa di vedere le loro reazioni ai ragazzi Cin Cin Enrique Balbontin e Andrea Ceccon). È in effetti un morbo tipicamente millennial quello che ci porta a pensare che tutto sia per noi: i dischi in vinile, le piattaforme di streaming, persino la nostalgia stessa. Ma la verità è che non ci siamo inventati niente, non abbiamo cambiato niente, e il mondo ci sopravviverà alla grande. E che GialappaShow è per tutti.
Nel frattempo vale la pena crogiolarsi in questo calore familiare emanato da tutto ciò che conosciamo bene e allo stesso tempo ci sorprende, in mancanza di novità altrettanto valide. Non è ancora nato il comico che possa farci dimenticare di Fabio De Luigi e delle sue tauromachie, il fascino seppiato del passato esercita sempre una grande forza su di noi, ma sappiamo ancora apprezzare dei tentativi brillanti di rianimazione (almeno io e mia madre).
Me ne rendo conto anche quando guardo il Saturday Night Live, dove il cast da un po’ di tempo a questa parte non è niente per cui ci si possa strappare i capelli, ma che ormai si regge sugli ospiti speciali e sui grandi ritorni: nessuna gag mi ha fatto ridere come quella dello scorso Natale intitolata ABBA Christmas (scemissima, esilarante), con Maya Rudolph, Kate McKinnon e Kristen Wiig, cioè tre comiche storiche di alcune delle edizioni d’oro del programma (tre milioni di visualizzazioni, metà mie).
Impossibile ormai stabilire a che fascia demografica io appartenga, dopotutto, ma nel dubbio il lunedì sera ritrovo un po’ di buonumore grazie a un gruppo di cretini geniali che sanno ancora fare il loro mestiere. Il martedì invece vado in cerca di nuovi amici.
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