La copertina dell’inserto Finzioni di aprile è firmata da Fumettibrutti, illustratrice e attivista dalle linee ruvide e i colori forti. I suoi lavori parlano di desiderio, identità, genere. Il sesso, la memoria e il corpo sono le sue linee narrative. Lotte personali e collettive. «Portare in giro il mio corpo trans a parlare di cose trans mi sembra l’atto più politico da fare in questo periodo storico»
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La copertina dell’inserto Finzioni di aprile è firmata da Fumettibrutti. Fumettista, illustratrice e attivista. Una delle voci più originali e potenti del fumetto italiano contemporaneo. Esordisce nel 2018 con Romanzo esplicito (Feltrinelli Comics), un’opera che è insieme autobiografia e ritratto di una generazione. L’anno dopo esce P. La mia adolescenza trans, con cui vince il Gran Guinigi a Lucca Comics, che racconta la transizione con un’energia diretta e drammatica precisione.
Poi arrivano Anestesia (2020), CenerentolA (2021, con Joe1), Ogni giovedì una striscia (2022), la versione a fumetti de La separazione del maschio di Francesco Piccolo (2023). Nel 2024 pubblica Tutte le mie cose belle sono rifatte, un’opera che parla del corpo, della sua trasformazione, con ironia e cura.
I suoi fumetti hanno una linea ruvida e colori forti. Parlano di desiderio, identità, genere. Il sesso, la memoria e il corpo sono le sue linee narrative. Lotte personali e collettive, mondi ai margini che, grazie a lei, si fanno centro.
Il suo segno è grezzo ma anche profondo e ironico. I contenuti laceranti, drammatici ma in grado di raccontare una generazione. Se non avesse trovato il fumetto, dove avrebbe canalizzato tutto questo?
Non so se avrei potuto fare altro, per me i fumetti sono l’inizio di tutto. Prima di disegnare non avevo struttura, non ero nulla. Durante le medie la mia professoressa di Lettere disse ai miei genitori che dovevo andare al Classico, ma io volevo iscrivermi all’Artistico perché volevo pensare solo a disegnare e lei si arrabbiò molto. All’esame finale mi ha dato il voto massimo, poi ha smesso di parlarmi.
Acclamata dalla critica, seguita sui social, i suoi libri diventano spettacoli. Tutte le mie cose belle sono rifatte è un libro, un reading, una performance. Disegno, parola, corpo, scena. Si riconosce in questa molteplicità?
Mi piaceva l’idea di trasformare l’esperienza solitaria del fare fumetti in un’esperienza collettiva e condivisa, perché ultimamente passo davvero tanto tempo in casa da sola e volevo stare in mezzo alle persone, agli altri. Non è assolutamente vero che si può fare a meno dell’altro. Come quasi per tutte le cose della mia vita, anche voler trasformare il libro in un reading è nato da un bisogno. Portare in giro il mio corpo trans a parlare di cose trans mi sembra l’atto più politico da fare in questo periodo storico.
Ci sono storie che ha scelto di non disegnare?
Certo, quelle per cui se le avessi raccontate mi avrebbero denunciata.
Cosa può raccontarci della cover che ha realizzato per Finzioni?
Se penso all’adolescenza e al femminile, nella mia vita, è quella l’immagine che mi viene subito in mente. Sono sola nel bagno di casa, agitata e curiosa per tutto quello che sarò. È un ricordo d’immensa felicità, una gioia di cui non mi sono mai privata.
Il corpo è mai un'opera finita?
Non lo sarà mai, e va bene così. Non si tratta più di accettarlo o meno, per me è come conviverci. I pensieri intrusivi sul mio aspetto sono quasi sempre venuti dall’esterno, da un mondo che giudica l’esperienza trans e ti fa sentire sbagliata. A volte rischi solo di farti un gran male, ma si può anche morire di transfobia. Che male c’è se noi persone trans stiamo bene? Che cosa ti cambia a te se siamo felici? Non trovo nessuno che sappia mai cosa rispondermi.
Ci sono progetti futuri o novità stilistiche e creative su cui può darci qualche anticipazione?
Sto scrivendo un romanzo. Scrivere in prosa è molto diverso dal lavoro di fumettista. Mentre faccio fumetti mi sento come se fossi nella mia comfort zone, non potrei mai rinunciarvi! È partito tutto da lì, perfino per il nome che mi è caduto addosso – Fumettibrutti – ma a volte sento anche il bisogno di scrivere, recitare o dipingere.
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