In occasione delle celebrazioni per i dieci anni di FuoriRiga, associazione di volontariato che mantiene e gestisce la biblioteca di Casal de Marmo, una delle ragazze che sconta una pena in quell’Istituto per minori ha scritto una lettera-omaggio alle stanze che custodiscono libri: «Entrando in biblioteca posso far cadere la mia maschera, spogliarmi della mia armatura ed essere semplicemente J.»
Durante un intervento al Consiglio dei ministri della Cultura dell’Unione europea, qualche mese fa il ministro Giuli ha ricordato l’importanza delle biblioteche cogliendo l’occasione per annunciare uno stanziamento di 30 milioni per il settore. Quel piano di finanziamento denominato Olivetti riconosce alle biblioteche un ruolo importante nella formazione delle generazioni future anche nell’ambito dell’alfabetizzazione digitale.
È fuori ogni dubbio che in Italia negli ultimi anni il dibattito culturale ha spesso ignorato le biblioteche previlegiando musei, mostre ed eventi. Forse perché il successo delle biblioteche è difficilmente misurabile con le metriche usate per suggellare il successo di mostre e musei: numeri di visitatori, incassi dai biglietti e concessioni.
Ciò non toglie che libri, biblioteche e lettura continuino ad essere importanti e come detto dallo stesso ministro Giuli nel suo discorso all’Unione europea: «Rappresentano uno straordinario capitale sociale per la loro capacità di inclusione e di educazione civica a beneficio di tutti e in particolare dei giovani e dei meno abbienti».
A testimonianza di questa affermazione vale la pena citare la lettera di J., una ragazza minorenne che sconta una pena nell’Istituto penale per minori Casal del Marmo di Roma.
La lettera è stata scritta in occasione delle celebrazioni per i dieci anni di FuoriRiga, associazione di volontariato che mantiene e gestisce la biblioteca di Casal de Marmo nella convinzione che garantire il diritto alla lettura delle persone minori prive di libertà sia parte integrante del loro percorso di riabilitazione e che la cultura sia il punto di partenza del riscatto sociale.
Il testo di J. si intitola “La biblioteca è la mia casa” e vale la pena riportarne ampi brani:
«Mi chiedo spesso come sarebbe stata la mia vita senza la lettura. Penso che senza libri non sarei stata meno educata, meno curiosa, meno istruita, conosco persone estremamente brillanti che non hanno mai aperto un singolo romanzo. Ciò che credo è che senza libri sarei stata semplicemente più sola. Leggevo da bambina perché non riuscivo a capire gli altri. Da ragazzina leggevo perché qualcosa del mondo pensavo di averlo capito, ma il mondo non sembrava particolarmente interessato a comprendere me. Crescendo ho trovato un equilibrio tra me stessa e le altre persone, ma in qualche modo tra le pagine di un buon romanzo riesco a trovare quel qualcosa in più. Nei libri trovo i sorrisi che non mi vengono rivolti, gli abbracci che non mi stringono, gli schiaffi che a volte merito, gli elogi e le critiche di cui ho bisogno. Ho lasciato che gli autori mi parlassero, ho creato un dialogo, un sogno, un’amicizia (…)».
«Quando sono stata arrestata pensavo che la magia fosse finita, che sarei rimasta sola, questa volta per davvero. Non vorrei sbagliarmi, ma credo che il mio primo approccio con una delle ragazze di FuoriRiga fu con Alessandra (bionda), ormai quasi due anni fa; chiesi se mi avrebbero potuto portare I Fiori del Male di Baudelaire e Il Gabbiano di Cechov. La biblioteca è diventata il mio posto sicuro: quando tutto va a rotoli, quando la realtà del carcere mi fa sentire sopraffatta, quando ho bisogno di un’amica, di ridere o anche solo un po’ di “normalità”, mi basta varcare le porte della biblioteca. Ognuno di noi ha bisogno di costruirsi una maschera, che tiene su per buona parte del giorno e non toglie se non si sente davvero al sicuro. Entrando in biblioteca posso far cadere la mia maschera, spogliarmi della mia armatura ed essere semplicemente J.. FuoriRiga sa di Casa nel senso migliore che possiamo dare al termine, è una meravigliosa famiglia allargata, in cui ognuno viene accettato per quello che è senza aspettative (...). In biblioteca forse non c’è abbastanza spazio per tutti i libri che vorremmo, ma c’è e ci sarà sempre posto per le storie, i racconti, le personalità e le vite delle persone che la animano. FuoriRiga è talmente grande da trascendere lo spazio e le barriere. È l’unico posto in cui, sinceramente, hanno trovato posto anche per me».
Che dire di più? Viene in mente Melchor Marin, il mitico ispettore di Javier Cercas e la sua rinascita in carcere attraverso la lettura. La biblioteca di Casal del Marmo è una stanza con poco più di 7000 libri ma per chi la frequenta è un mondo, una vita ancora da vivere, speranza nel dopo e conforto nel mentre.
Una stanza calda e accogliente quella di Casal del Marmo, che ci ricorda dell’importanza delle biblioteche e di quanto sia necessario dare a tutti la possibilità di leggere, anche se a farlo sono in pochi.
Offrire a mille per salvarne uno, ecco la mission impossible delle biblioteche perché, come ebbe a dire lo scrittore francese Daniel Pennac, il verbo leggere non “sopporta” l’imperativo: legge solo chi ha voglia, quando ha voglia, l’importante è che lo si possa fare sempre.
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