Con la parola “galateo” oggi intendiamo l’insieme di regole di convenienza che guidano i rapporti fra le persone, dunque la buona educazione. Un insieme di dettami formali, talvolta visti come distanti dalla quotidianità e dalla spontaneità. Il galateo naturalmente si evolve insieme alla cultura e varia in base alle culture, ma mantiene il fascino degli oggetti perenni. Una torre d’avorio in cima alla quale sono custoditi dei precetti. Questo almeno nelle percezioni.

In verità il significato profondo del galateo è più pragmatico e (forse sorprendentemente) vicino ai principi dell’economia. Se ci pensiamo, il galateo si occupa di una risorsa scarsa: l’armonia sociale. È l’arte di agire senza dare fastidio agli altri, per vivere nel mondo in maniera più efficace per tutti, promuovendo relazioni equilibrate. È l’arte di ottimizzare la convivenza, con attenzione e rispetto reciproco. Il galateo, insomma, è la logistica delle relazioni.

Stabilisce percorsi chiari per evitare collisioni sia simboliche sia reali. Aspettare il proprio turno, evitare di interrompere quando qualcuno parla, sedersi in modo opportuno in uno spazio condiviso sono tutte strategie logistiche che riducono i conflitti. Imparare a gestire il carico emotivo delle interazioni umane, per evitare sovraccarichi, aiuta a calibrare i comportamenti e a rispettare confini e sensibilità. C’è qualcosa di fisico, lo sentite?

Il principio base 

Tutto il galateo ruota attorno a un principio: trovare il modo più intelligente di fare le cose in modo da non risultare molesti. Mangiare in un certo modo è una cosa che facciamo non perché vogliamo imitare il re d’Inghilterra, ma perché vogliamo minimizzare la possibilità di essere sgradevoli.

Apparecchiare la tavola secondo dei criteri, seguire un ordine per le posate, tutto questo serve a evitare caos inutile, sporco e fraintendimenti. Usare le parole giuste quando parliamo con gli sconosciuti favorisce una comunicazione serena e costruttiva. Il galateo non è un’imposizione sterile, ma uno strumento che ci aiuta a muoverci nel mondo senza creare attriti superflui. È fluidità (altra questione fisica e logistica).

Un aspetto fondamentale del galateo è la sua natura collettiva: non si tratta solo di “noi” o degli “altri”, ma di come ci comportiamo insieme. E qui emerge un problema: non possiamo imporre il galateo agli altri in modo diretto. Per esempio, se a tavola un ospite mangia in maniera disordinata, non possiamo dirgli: «Sei disgustoso, dovresti fare così, invece».

Anche se il suo comportamento ci infastidisse, una simile reazione da parte nostra sarebbe maleducata. Chi punta il dito e rimprovera rompe l’armonia tanto quanto chi infrange il galateo. Diffondere la buona creanza richiede pazienza, è in realtà un lavoro culturale continuo, da condurre piano piano, a livello sociale. Un lavoro fatto di posizioni da prendere, di priorità da stabilire. Sicuramente non servono gli interventi bruschi.

Il contesto

Un esempio pratico e molto dibattuto ultimamente in Italia riguarda l’uso delle scarpe in casa (proibito in molte culture, ma non nella nostra). Come avrete certamente notato, alcune persone preferiscono che quando andate a trovarle vi togliate le scarpe. La differenza in termini di igiene tra togliersi o meno le scarpe è enorme, soprattutto in case con bambini che giocano sul pavimento, e questo è un fatto. Togliersi le scarpe dunque potrebbe essere una questione di buon senso. Tuttavia, non è detto sia educato aprire la porta alle persone e dire, per prima cosa, «Togliti le scarpe».

Naturalmente, il contesto conta. Se entriamo in una casa con bambini, e andiamo nella stanza dei piccoli a salutarli, non togliersi le scarpe sul loro tappeto colorato coperto di giocattoli è oggettivamente disgustoso. D’altra parte, se siamo invitati a una cena di adulti in una casa senza bambini, e ci viene chiesto di toglierci le scarpe, la richiesta può apparire fuori luogo, soprattutto se l’abito elegante è parte dell’occasione, e le scarpe sono parte della nostra eleganza tanto quanto l’abito.

La signora voleva quei dieci centimetri di altezza in più, per portare la gonnellina, e invece i suoi tacchi vengono sequestrati e sostituiti con delle ciabattine bianche di spugna. Può essere deprimente, può cambiare il tono della serata. Il galateo, insomma, richiede flessibilità: esistono contesti da valutare e sensibilità da esercitare. L’obiettivo finale è rendere la vita più semplice e più bella, non più complessa e asfissiante. Purtroppo, come sempre, non bisogna essere ideologici, ma intelligenti. È la cosa più difficile, oggi più che mai, forse.

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