C’è un sottobosco di romanzi mai sentiti, libri di cui non si parla, libri che sembrano un po’ somigliarsi fra loro, non per forza nel contenuto, più che altro nelle intenzioni. Ed è un fenomeno che ci interroga: l’originale è sempre migliore? I consumatori cercano di massimizzare la loro utilità, ovvero la soddisfazione derivante dal consumo di un bene. Nei libri, questa utilità può derivare anche dal richiamo di esperienze di lettura precedenti
Come ogni estate mi piace vedere quali libri sono messi in evidenza nella libreria del mare. Ci sono i bestseller, i finalisti e i vincitori dei premi, gli autori di genere con una carriera consolidata, gli immancabili psicologi di grido.
Ma non mi interessa parlare di questi libri. Mi interessa osservare invece il sottobosco di romanzi mai sentiti (mai sentiti da me, ma probabilmente anche da voi), libri di cui non si parla, libri che sembrano un po’ somigliarsi fra loro, non per forza nel contenuto, più che altro nelle intenzioni: parlo del mondo dei romanzi che provano a imitare altri romanzi, che tentano in maniera evidente di replicare il successo di qualcosa che esisteva già.
Saghe famigliari, il sud negli anni Sessanta, per fare alcuni esempi. Libri che non sono “quel” libro celebre, ma sono un richiamo. Evidentemente le persone li cercano, altrimenti la libreria non li posizionerebbe in bella vista. Molte persone forse vogliono rivivere la lettura di qualcosa che hanno già letto e che hanno amato. Il romanzo è conservatore, tranne quando è improvvisamente rivoluzionario.
Come ovvio, però, è difficile che accada la magia. Sappiamo che è difficile essere travolti quando cerchiamo di ricreare un’emozione già vissuta, per giunta usando un materiale derivato. Ma molti si accontentano di quel materiale derivato, e dunque di un sentimento derivato: non travolgente, ma rassicurante. Nostalgia, ricerca di conforto mista a un velato desiderio di sorpresa: non sono queste, in fondo, caratteristiche che descrivono bene anche il nostro tempo? Dietro le quinte di un mondo aggressivo, alla continua ricerca dell’innovazione, si nasconde (neanche tanto bene, ormai) un desiderio di consolazione.
Investimenti emotivi
Per comprendere il fascino dei romanzi imitatori, ma in generale dei beni che chiameremo derivati, è utile ragionare in senso economico-umanistico. I consumatori cercano di massimizzare la loro utilità, ovvero la soddisfazione derivante dal consumo di un bene. Nei libri, questa utilità può derivare dalla qualità percepita del contenuto e della forma, dall’affinità con l’autore, ma anche dal richiamo di esperienze di lettura precedenti.
Gli esseri umani spesso trovano conforto nella familiarità. Tentano di ridurre il rischio: scelgo di leggere una cosa che somiglia a un’altra che mi piacque, pensando di avere così una maggiore probabilità di soddisfare le mie aspettative. Un’utilità marginale diminuita: ogni nuovo libro imitatore forse offrirà un piacere leggermente inferiore rispetto al precedente, ma sufficientemente alto da giustificare l’acquisto e la lettura.
Detto in altre parole: il sentimento derivato rappresenta una forma di ritorno decrescente sull’investimento emotivo del lettore. Anche se la probabilità di replicare esattamente l’esperienza di un libro amato è bassa, il rischio basso di sbagliare quando tentiamo di riviverla rende il processo una scelta razionale.
Le aziende sfruttano spesso questa tendenza offrendo prodotti che evocano familiarità. Nel settore alimentare lanciano nuove varianti di prodotti di successo, sperando che i consumatori siano propensi a provarle. Lo stesso avviene nel mercato dei media, dove sequel, remake e spin-off sono strategie comuni per attirare un pubblico già affezionato. Anche nel settore della moda il sentimento derivato gioca un ruolo importante. Le tendenze cicliche e i ritorni di stili passati testimoniano la ricerca inconscia di un’atmosfera.
L’originalità è sempre un valore?
Chi è snob (permettetemi, per brevità, l’uso di questa parola pigra) tende a pensare che solo l’originale abbia valore, ma è bene sottolineare di nuovo come il consumo di esperienze derivate non abbia valore nullo, ma solo inferiore all’originale. Dirò di più. Il consumo di esperienze derivate può assumere in certi casi un valore superiore all’originale.
Per esempio se l’esperienza derivata introduce alcune innovazioni e migliora la qualità. Oppure se risponde in modo più preciso a bisogni molto personali del consumatore. Se è più accessibile o conveniente (per esempio se il romanzo risulta più semplice da leggere dell’originale per una persona poco abituata alla lettura). Il valore di un’esperienza può anche dipendere dal contesto e dai bisogni presenti: un’esperienza che sembrava meno preziosa in passato potrebbe assumere un valore superiore in un momento diverso della vita.
Detto questo, quali che siano le vostre esigenze, andate in libreria. Solo di persona potrete capire se in questo momento avete bisogno di rivoluzioni, di conforto, di sfide, di consolazioni o di chissà che altro.
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