Parlerò dei consigli che diamo ai giovani. Ai figli, ma non solo.

I consigli che diamo ai giovani sono una proiezione di quello che diremmo a noi stessi se potessimo tornare indietro, probabilmente. Per questo, anche, sono interessanti.

Partiamo dalle basi. Una persona molto piccola, un bimbo, riceverà dagli adulti consigli semplici, per esempio «Non correre sulle scale» oppure «Non giocare con le forbici». O una combinazione concettuale: «Non correre con le forbici in mano». Gli adulti, quando si tratta di bambini, hanno certezze indistruttibili, e spesso hanno ragione.

Certo, oggi è tutto più complicato, le opinioni si moltiplicano, e talvolta anche parlando di cose pratiche si incappa nelle polemiche. Una volta scrissi un post in cui parlavo di come sia importante lasciare che i bambini sviluppino presto un rapporto diretto con gli alimenti. Mi rispose il vicedirettore di un giornale (di destra, lo dico solo come dettaglio), era incazzato nero perché secondo lui ero una pazza scriteriata che lascia che i figli giochino col cibo. Ma insomma, in linea di massima finché si parla di bambini piccoli ci si muove in un territorio gestibile.

Poco convincenti 

Quando i bambini diventano preadolescenti, e cioè raggiungono un’età in cui non corrono più con le forbici in mano, dare consigli diventa più difficile. Soprattutto in un mondo così incerto. (Si dice che il mondo in cui viviamo sia incerto: teniamoci almeno questa certezza). A prima vista non ci sembra che i giovani vogliano, per natura, essere molto indirizzati.

Non sono interessati a ricevere una linea. Vogliono essere liberi di trovare un equilibrio, proprio come un mercato. I giovani sono un mercato svincolato da tutto, gli adulti che danno consigli sono la regolamentazione. Un conflitto insanabile, e dunque, anche e soprattutto, una relazione.

Per esempio: prova a dare a una dodicenne uno di quei consigli che gli adulti della nostra generazione talvolta danno anche per stanchezza, o meglio, un po’ per colpa di Steve Jobs e un po’ per stanchezza. Prova a dire: «Segui le tue passioni».

Siccome la dodicenne contemporanea media ha sempre una punta di sarcasmo dentro di sé, e una notevole capacità di identificare le frasi imbarazzanti, ti spiegherà che trova il concetto di passione molto discutibile. Intanto le passioni bisogna averle, e non è mica obbligatorio: non vorremo certo discriminare le persone che non hanno passioni. È del tutto normale non averle, ti dirà la dodicenne, anzi è statisticamente più probabile non averle. Va bene.

Un discorso discutibile

Una volta uno di quei soloni della Silicon Valley, non del tipo Steve Jobs, ma del tipo successivo, uno che oggi finanzia Donald Trump, tenne un discorso in un’università. Il discorso aveva dei meriti teorici, per esempio spiegava come l’idea di “seguire le proprie passioni” sia in fondo discutibile. Primo perché di passioni, a ben guardare (e a dispetto di quanto dica la dodicenne), in realtà ne abbiamo varie. Passioni piccole e grandi, ed è per questo difficile metterle in ordine di importanza per capire quale, poi, dovremmo seguire. Magari la passione da seguire è una cosa che sembra, a prima vista, di scarsissima importanza. Una fra molte. È difficile capire cosa sia una passione, individuarla, metterla a confronto con le altre, scegliere di darle priorità.

Secondo: le passioni cambiano col tempo, non possiamo essere sicuri che quello che amiamo da giovani ci piacerà per sempre. Terzo: spesso amiamo molto qualcosa, ma non siamo bravi a farla, e invece siamo bravi a fare cose che amiamo un po’ meno. Se seguiamo le passioni, magari finiamo per fare cose nelle quali siamo un po’ scarsi. Il solone della Silicon Valley suggeriva infine quanto segue: invece di seguire le tue passioni, cerca di capire qual è il contributo che puoi dare. Qual è la cosa che non solo sai fare, ma che, se fatta, avrà un impatto positivo sulla società? (Tutto fantastico, peccato che poi lui sia finito a dare i contributi finanziari a Trump).

Non so cosa mi convinca di più: seguire le passioni, provare a contribuire. Alla fine sono discorsi flautati. Penso a quale criterio abbia seguito io nella mia vita finora. Non ho seguito le passioni (sembra di sì, se mi conoscete, ma in realtà no). Non ho neanche seguito il criterio del contributo. Io ho seguito il conflitto. Ho creato il conflitto dentro di me. Mi sono mossa cercando di fare la cosa che sembrava porsi in opposizione (è divertente). Non ve la spiego, questa, ve la lascio come riflessione, se volete. Anzi no, non fatela, la riflessione. Facciamo finta di niente. Non do’ consigli.

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