«La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme». Era il 20 settembre 2023 quando l’articolo 33 della Costituzione, emendato con questo comma, conferiva allo sport la dignità di diritto fondamentale. Non certo un traguardo quanto piuttosto un risultato storico da celebrare, giustamente, con soddisfazione. Non un capolinea dunque ma una partenza, anzi, la chiave di lettura di un percorso per affermare il ruolo cruciale dello sport, in tutte le sue dimensioni, per lo sviluppo di ciascuno e quindi per il progresso della società nel suo complesso. Tuttavia era chiaro, dato che le parole non entrano a caso nella Costituzione, che l’utilizzo del verbo «riconoscere» sancisse una netta differenza, o meglio, marcasse una profonda distanza rispetto ai verbi «garantire» o «promuovere» usati in altri articoli. Una scelta lessicale che attribuisce alla classe dirigente politica e sportiva, la responsabilità di colmare il divario che separa il mero riconoscimento del valore dall’esercizio di un diritto. Oggi, a oltre un anno di distanza, attraverso un’analisi di successi ottenuti e sfide ancora da vincere, si può chiudere un primo bilancio relativamente alle operazioni volte a trasformare il dettame costituzionale in azioni concrete.

Le luci

Nella colonna dei punti di forza merita certamente il posto fisso, anche negli anni a venire, l’aver concretizzato la consapevolezza del fondamentale ruolo dello sport, in tutte le sue forme, per lo sviluppo personale e sociale. C’è voluto tanto tempo, ci siamo arrivati dopo molti altri Paesi europei ma ora, questo piccolo emendamento ha creato un patrimonio culturale: un bene prezioso di cui dobbiamo diventare al tempo stesso custodi e beneficiari. Rappresenta il frutto maturato nella coscienza popolare e, finalmente, anche nella rappresentanza parlamentare spinta a mettersi al passo coi tempi e allinearsi all’accresciuta importanza delle attività motorie e sportive per la tutela della salute intesa come piena realizzazione della dimensione fisica, psicologica e sociale (come da definizione dell’OMS): una pienezza compromessa dall’esplosione tecnologica che, dal dopoguerra ad oggi, ha trasformato lo stile di vita relegando il movimento a un dettaglio della quotidianità o a una scelta consapevole.

L’analfabetismo motorio

Se alla nascita della nostra Repubblica era l’analfabetismo l’emergenza da affrontare con politiche scolastiche mirate e garantite costituzionalmente, oggi l’analfabetismo da combattere è quello motorio. Dunque rispetto al passato, al periodo della nascita dell’olimpismo, lo sport ha lasciato lo status di privilegio per il divertimento dell’élite aristocratica per assumere i contorni di un’esperienza di massa, fondamentale per lo sviluppo psicofisico e, come tale, oggi universalmente valorizzata. Un’importanza nel tempo cresciuta anche sul piano collettivo, come evidenzia la branca della sociologia che studia il ruolo dello sport moderno nella promozione dell’inclusione, nella trasformazione culturale, nello sviluppo sostenibile e, in generale, nell’educazione e interiorizzazione dei principi democratici. Un valore enorme che può esprimere coerentemente il suo potenziale solo nella forma di diritto costituzionalmente tutelato.

Le ombre

A 13 mesi dall’emendamento, il bilancio vede finire necessariamente sotto la voce relativa alle criticità, gli “annunci” ovvero quelle azioni promesse ma non mantenute. Perlomeno non ancora. La più attesa e anche la più comunicata è l’iniziativa interministeriale relativa ai Giochi della Gioventù. Una riedizione aggiornata della manifestazione di grande successo di cui beneficiarono i giovani a cavallo della “generazione X” riprogettata con caratteristiche di multidisciplinarietà, inclusività e contenuti di educazione civica, ambientale, alimentare. La sperimentazione quinquennale doveva partire con l’anno scolastico in corso ma il disegno di legge per la copertura finanziaria (pari a 11,03 milioni di euro) oggi è ancora fermo all’esame della commissione. Anche l’avviato inserimento dei laureati in scienze motorie nelle classi quinte e quarte della scuola primaria non può che essere visto come una criticità: ne era annunciata l’estensione al triennio ma, al momento, tutto è rimasto com’era.

Sono accorsi in aiuto i progetti della società Sport e Salute da “Sport di classe a Scuola attiva Kids e Junior”: iniziative validissime, molto ben strutturate con contenuti efficaci promossi da tutor laureati in scienze motorie che affiancano i docenti; proposte progettate per potenziare il curriculum esistente, offrendo ulteriori opportunità di movimento e di valorizzazione dell’educazione fisica per le sue valenze formative e per la promozione di stili di vita corretti e salutari. Tuttavia, l’adesione facoltativa da parte degli istituti scolastici crea un effetto a macchia di leopardo che non può che rappresentare una criticità. Nell’anno scolastico appena concluso, ad esempio, hanno aderito al progetto 7250 scuole primarie su 15273 … meno della metà! In generale, le offerte curate con scrupolo da Sport e Salute assumono tendenzialmente la forma del progetto che, per sua natura, tra tanti vantaggi, in ambito educativo presenta anche inconvenienti: nello specifico, attività senza un’integrazione strutturale nel curriculum, mettono a rischio la continuità (caratteristica fondamentale per l’efficacia degli stimoli motori) limitando i benefici nel tempo e il conseguimento di obiettivi a lungo termine.

I traguardi da raggiungere

Le sfide ancora tutte da vincere sono almeno tre. La prima riguarda la sedentarietà. Che sia valutata attraverso i rilevamenti OCSE, basati sulle linee guida dell’OMS, che si riferisca ai dati Eurobarometro che misurano la sedentarietà percepita, comunque la si guardi per i giovani italiani è un problema di gravità estrema la cui soluzione deve essere affidata a politiche strutturali. La seconda riguarda la geografia della qualità e diffusione dello sport. Secondo lo studio elaborato annualmente da PTS (società di consulenza strategica e direzionale per conto del Sole 24 Ore) si evidenzia nelle 107 Province italiane, sulla base di 35 indicatori, la grande disparità di opportunità a seconda della latitudine.

ANSA

Nella classifica generale le province del Mezzogiorno occupano, come tendenza, l’ultimo quartile e altrettanto accade nelle classifiche specificatamente dedicate all’analisi dello sport per i bambini e dello sport femminile. La terza grande sfida è in realtà una contraddizione che inquina l’operatività. Il comma dedicato allo sport nell’articolo 33 della nostra Costituzione ne sottolinea il potenziale valoriale: la sua dignità è consacrata lì. Tuttavia, nel dibattito politico, è sempre l’aspetto economico il filo conduttore: in termini di crescita del PIL o di risparmio in altri settori (costo sanitario, ad esempio) o per la costruzione e gestione di impianti. Ciò significa che la classe politica è ancora lontana dalla sensibilità e della lungimiranza necessarie per investire nella ricaduta educativa dello sport quel valore che riconosce ma, appunto, non garantisce. Per ora dunque non parliamo di diritto allo sport: se non è di tutti resta ancora un privilegio.

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