Al Social Forum di Genova l’incontro tra amministratori, associazioni e movimenti. Tra i temi più dibattuti il censimento e la restituzione degli stabili vuoti. E la regolamentazione degli affitti brevi. L’esperienza di Barcellona, raccontata da Ada Colau
Dice Ada Colau che, durante la sua esperienza di Sindaca di Barcellona, le è capitato spesso di sentirsi rispondere che era “impossibile” fermare gli sfratti, che era “impossibile” calmierare gli affitti, che era “impossibile” pensare un piano di nuova edilizia sociale e popolare, così come limitare l’impatto devastante delle piattaforme e degli affitti turistici sulla vita dei cittadini.
Eppure, nonostante le contrarietà la sua giunta comunale, sulla spinta di una vasto schieramento sindacale e popolare che l’aveva portata al governo della città, è riuscita ad adottare una serie di misure e di politiche di salvaguardia del diritto all’abitare che hanno aperto un nuovo corso. A volte anche inventando di sana pianta strumenti di intervento innovativi, aprendo la macchina amministrativa a sperimentazioni che permettessero di recuperare il ruolo di garanzia delle istituzioni pubbliche, che tornavano ad essere la casa del governo comune dei cittadini.
Di questa “impossibilità possibile” si è parlato a Genova nell’appuntamento del 7 e 8 novembre organizzato dal Social Forum dell’Abitare, rete nazionale di realtà sociali, sindacali e di movimento costituita un anno fa a Bologna con l’obiettivo di mettere nell’agenda politica del paese la priorità di nuove politiche per l’abitare.
Il focus principale dell’incontro a cui hanno partecipato esperienze associative e di lotta di tutto il paese, da Palermo a Torino (passando per Catania, Roma, Firenze, Bologna, Rimini, Venezia, Milano e naturalmente Genova) è stato l’impatto dell’espropriazione dei centri storici delle città ad uso e consumo delle élite e dei ceti ricchi a cui si è aggiunto da alcuni anni il peso dell'overtourism che ha dirottato il patrimonio residenziale verso gli affitti brevi aggravando una crisi abitativa già in atto. Ad una cronica assenza di alloggi per i ceti popolari si è così sommata l’impossibilità per chiunque di trovare case in affitto, con l’inevitabile aumento degli sfratti e dei prezzi delle poche case disponibili. Un impoverimento che sta trasformando luoghi e tessuti sociali che garantivano relazioni improntate al sostegno, alla solidarietà, all’economia di vicinato fondamentali per sopravvivere in contesti urbani già pesantemente segnati da lavoro povero, precarietà e un welfare ridotto al lumicino.
Tra le tante proposte, due quelle maggiormente dibattute: la delibera di iniziativa popolare presentata a Torino per promuovere il censimento e l’utilizzo di case e stabili vuoti o in abbandono ingiustificato, restituendole alla città per un uso abitativo e sociale denominata “Vuoti a Rendere”; e la campagna per una proposta di legge sulla regolamentazione degli affitti brevi che, partita da Venezia, ha coinvolto realtà e associazioni di Comuni ad “Alta Tensione Abitativa” – da cui il nome della campagna – con l’obiettivo di consegnare alle città uno strumento concreto per limitare la diffusione incontrollata delle locazioni brevi, al fine di salvaguardare la residenzialità.
Ma il valore aggiunto dalla discussione è stato il confronto diretto, anche serrato, tra esperienze di protagonismo e conflitto sociale, sia sindacali che associative e di movimento, con alcune amministrazioni locali e con la politica. Un confronto non solo sulle pratiche e sulle sperimentazioni più interessanti in tema di difesa delle persone, ma soprattutto sulle prospettive sia locali che europee del diritto all’abitare su cui mettere a fattor comune le sensibilità esistenti.
Da Anita Pirovano di Milano ad Amedeo Ciaccheri di Roma presidenti di Municipi in prima fila nella tutela del diritto all’abitare con strumenti come l’Agenzia Diritti che da anni sostiene i cittadini alle prese con i problemi della casa, ad Emily Clancy vicesindaca di Bologna dove si sta sperimentando l’utilizzo dell’autorecupero per regolamentare le occupazioni abitative, passando per Ada Colau fino alle europarlamentari Ilaria Salis e Cecilia Strada che hanno proposto l’utilizzo del parlamento europeo come spazio di confronto oltre che di rilancio verso una rete europea di movimenti ed esperienze municipaliste.
Nel confronto finale a cui hanno partecipato anche Bruno Manganaro del Sunia Genova, Nico Saguato di Genova Solidale, Daniela Barbaresi della segreteria nazionale Cgil e Walter Massa presidente dell’Arci, tutti si sono dichiarati concordi che il primo passo per la realizzazione di questo impegno comune è impedire che le persone perdano la casa in cui abitano costruendo le condizioni e le politiche per contrastare gli sfratti, incrementare il patrimonio disponibile e abbassare gli affitti sull’esempio dell’esperienza genovese del Social Forum dove una inedita coalizione sociale (con Genova Solidale, il Sunia, la Fiom, lo Spi-Cgil, l’Arci e altre associazioni), attraverso i picchetti antisfratto è riuscita a contrattare con il Comune un fondo per la morosità incolpevole. O come il Municipio III di Roma Capitale che pochi giorni fa ha inaugurato Ada, l’Agenzia per il diritto all’abitare per dotarsi di uno strumento di intervento diretto nella tutela dei cittadini residenti.
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