«Ci differenziamo per quasi tutto» da quello che sta facendo il governo Semaforo. Ci si aspetterebbe una presa di posizione simile da un partito dell’opposizione, in realtà sono parole di Dietmar Woidke. Colui che non si può definire che il volto della Spd in Brandeburgo.

Governatore uscente, è il terzo presidente dei socialdemocratici: per il partito, il Land che circonda Berlino è una roccaforte fin dal 1990. A governarlo sono stati Manfred Stolpe e Matthias Platzeck, due pezzi da Novanta. Nel 1994 la Spd raggiunse addirittura la maggioranza assoluta da sola. Anche Olaf Scholz, che pure è originario di Amburgo, ha portato il suo collegio elettorale – e la sua famiglia – a Potsdam, il capoluogo di questa regione. Perderla significherebbe compromettere in maniera forse irrimediabile la corsa alla cancelleria del 2025, per la quale Scholz si è già ricandidato. 

Ma le elezioni del 22 settembre (una manciata di giorni dopo quelle in Turingia e Sassonia) rischiano di mettere fine a questo strapotere dei socialdemocratici: di qui le parole di Woidke, che preferisce fare campagna elettorale in solitaria. Sono ridotti al minimo gli appuntamenti in cui potrebbe fare capolino il cancelliere, che attualmente è considerato più dannoso che utile al partito in regione: e allora filtra soltanto che Scholz «si unirà a eventi elettorali più avanti nel mese». 

Risucchiati da Berlino

Prendere le distanze dal devastante Semaforo di Berlino è fondamentale per Woidke, fosse anche solo per quanto riguarda un tema molto poco regionale ma che sta diventando il fulcro della campagna elettorale, il pacifismo. Ovviamente non sarà l’elezione regionale di settembre a determinare la linea della Germania sul sostegno dell’Ucraina, ma la Spd non può permettersi di lasciare il cavallo di battaglia della soluzione diplomatica interamente ad AfD e BSW. L’estrema destra e i populisti rossobruni rischiano però di apparire più credibili e coerenti su un argomento che per il cancelliere è spinoso fin dall’inizio della guerra in Ucraina. 

La Spd manteneva infatti tradizionalmente ottimi rapporti con Mosca (senza arrivare agli eccessi di Gerhard Schröder, che è andato a lavorare per Vladimir Putin dopo la fine del suo mandato) fino all’inizio del conflitto: tagliarli a uno a uno, con un impegno costante e sempre più esplicito dell’Ucraina anche in termini di forniture militari, è stato un processo difficile e incomprensibile soprattutto a est, dove la memoria di un’esistenza legata a doppio filo con quella dell’Unione sovietica rimane ancora viva. 

Insomma, per la Spd quella di fine settembre è una sfida che non si può perdere. Lo sa anche Woidke, che ha già promesso di non essere a disposizione come governatore se AfD dovesse raccogliere più consensi della Spd. Uno scenario che ad oggi non è da escludere: manca ancora un mese, ma l’estrema destra ha già un vantaggio di 3-4 punti percentuali, a seconda dei sondaggi, sui socialdemocratici e si attesta al 24 per cento dei consensi. A un’incollatura dalla Spd si piazza la Cdu, con il 19 per cento, a seguire il BSW al 17 per cento, Verdi e Linke combattono per la sopravvivenza nel parlamento regionale, dove la soglia di sbarramento è al 5 per cento. 

Uno scenario che lascia poche vie d’uscita: l’unica possibilità di mettere in piedi una maggioranza sarebbe quella di una grande coalizione con l’aggiunta del BSW, ma su questa opzione si allunga l’ombra dell’ostilità dei cristianodemocratici nei confronti del partito di Wagenknecht. In alternativa, resta la possibilità di due coalizioni di minoranza, Spd e Cdu o Spd, Cdu e Verdi, che poi è la combinazione che sostiene il governo uscente. 

Nel migliore dei casi, insomma, il cancelliere deve spiegare le sue ragioni, soprattutto in termini di sostegno all’Ucraina. Se basterà per non perdere uno dei Land rossi per eccellenza, però, è tutto da vedere. 

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