L’Europa e il Regno Unito si trovano di fronte a una sfida epocale: ridefinire la propria relazione in un mondo segnato dalla competizione brutale tra Stati Uniti e Cina. Il vecchio continente non può più permettersi la frammentazione. O costruiamo una nuova architettura di collaborazione strategica, o accettiamo il destino dell’irrilevanza
Sono passati cinque anni esatti dalla Brexit, il tempo delle recriminazioni è scaduto. L’Europa e il Regno Unito si trovano di fronte a una sfida epocale: ridefinire la propria relazione in un mondo segnato dalla competizione brutale tra Stati Uniti e Cina. Il vecchio continente non può più permettersi la frammentazione. O costruiamo una nuova architettura di collaborazione strategica, o accettiamo il destino dell’irrilevanza.
Non è più una questione di nostalgia per il passato, ma di volontà politica e di lucidità nell’analisi del presente. Il nuovo disordine mondiale che si sta delineando è spietato. Gli Stati Uniti perseguono una politica di ridefinizione del proprio perimetro d’influenza, la Cina accelera la sua espansione economico-militare, mentre la Russia, con la sua guerra di logoramento, erode la stabilità del continente europeo.
In questo scenario, la disunione tra Londra e Bruxelles è un lusso che non possiamo permetterci. La competizione tecnologica, la sicurezza energetica e la difesa europea non sono dossier secondari, ma gli assi portanti del futuro assetto globale. Senza un’azione comune, l’Europa rischia di diventare un campo di gioco per forze estranee ai suoi interessi e alla sua identità.
Sicurezza, energia, tecnologia, capitale umano
In primo luogo, la sicurezza: l’illusione di un’Europa pacificata e immune dalle turbolenze geopolitiche si è dissolta. L’Ue ha finalmente avviato un percorso verso una maggiore autonomia strategica, ma senza la collaborazione britannica questo cammino resterà zoppo. Il Regno Unito, con la sua tradizione militare e il suo peso nella Nato, non può restare un’entità separata nel grande disegno della difesa europea.
Dobbiamo sviluppare una strategia condivisa su cybersicurezza, intelligence e deterrenza, essenziale per preservare la stabilità del continente. Ma servono volontà politica e pragmatismo.
Secondo pilastro: l’energia. La crisi climatica e le tensioni sulle forniture hanno mostrato la fragilità del sistema europeo. La sicurezza energetica non è solo una questione di approvvigionamenti, ma di sovranità. Il Regno Unito, con le sue competenze nel nucleare e nell’eolico offshore, e l’Ue, con il suo imponente mercato comune, devono avviare una collaborazione strutturata per ridurre la dipendenza da attori ostili e accelerare la transizione ecologica. Solo così potremo costruire un futuro più stabile e sostenibile.
Il terzo fronte è quello tecnologico. Non possiamo accettare un destino di marginalità tra l’egemonia digitale americana e l’espansionismo tecnologico cinese. Intelligenza artificiale, semiconduttori, quantum computing: il dominio di questi settori determinerà i nuovi equilibri di potere. Dobbiamo costruire un asse tra Londra e Bruxelles, capace di definire standard comuni, promuovere investimenti strategici e proteggere il know-how industriale: sarebbe una mossa in grado di favorire una sovranità tecnologica europea, altrimenti l’alternativa è la subordinazione a chi sta già dettando le regole del gioco.
Infine, il capitale umano. La Brexit ha privato le nuove generazioni di opportunità di scambio e formazione, restringendo il perimetro culturale e professionale di un’intera classe dirigente in divenire. Dobbiamo dare ai giovani del volontariato, delle scuole superiori, di associazioni sportive o culturali gli strumenti adeguati per navigare un mondo sempre più competitivo. Programmi di mobilità, collaborazioni scolastiche e universitarie, schemi di apprendistato congiunti devono tornare al centro dell’agenda comune.
Il vertice informale UE della prossima settimana, con la partecipazione di Keir Starmer, è un’occasione per tracciare il perimetro di una nuova alleanza. L’Assemblea parlamentare di partenariato Ue-Regno Unito, prevista per marzo, sarà un ulteriore banco di prova. Ma il tempo delle enunciazioni è finito.
O costruiamo un’agenda concreta per il 2025-2029, o rischiamo di trovarci bloccati in una relazione stagnante, irrilevante e dannosa per entrambi. L’era delle nostalgie si è esaurita, l’Europa e il Regno Unito devono guardare avanti. La geopolitica non contempla pause né esitazioni. Dobbiamo forgiare un nuovo patto strategico, se non vogliamo diventare oggetti della storia anziché soggetti della nostra ambizione. Non abbiamo alternative.
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