Ieri si è tenuta la prima seduta della nuova Assemblea Nazionale francese dopo le elezioni legislative anticipate del 30 giugno e del 7 luglio. I 577 deputati hanno votato per eleggere il presidente dell’Assemblea Nazionale: all’ora in cui questo giornale va in stampa, dai primi due turni di votazione si è affermata Yaël Braun-Pivet, la candidata della coalizione presidenziale Ensemble, avviata perciò all’elezione, salvo sorprese della tarda serata. Braun-Pivet è stata già detentrice della carica prima della dissoluzione dell’Assemblea Nazionale.

Nel panorama politico profondamente frammentato emerso dalle elezioni, la nomina di Braun-Pivet rappresenta un primo indicatore dei rapporti di forza tra i blocchi politici e degli equilibri su cui potrebbe costruirsi la nuova maggioranza parlamentare.

La nuova Assemblea Nazionale francese è infatti divisa in tre blocchi, tutti e tre lontani dai 289 seggi che garantirebbero la maggioranza assoluta. Il Nuovo Fronte Popolare (Nfp), gruppo che riunisce i principali partiti di sinistra e che - a sorpresa - ha vinto le elezioni, ha eletto 182 deputati; la coalizione centrista Ensemble, di cui fa parte il partito Renaissance di Macron, ha eletto 168 deputati; il Rassemblement National (Rn), e i suoi alleati di estrema destra hanno eletto 143 deputati; la nuova Droite Républicaine (i Repubblicani che non hanno voluto allearsi con il Rn) ne ha eletti 46.

Tra i sei candidati alla presidenza dell’Assemblea Nazionale, vi erano Yaël Braun-Pivet, André Chassaigne, il candidato del Nuovo Fronte Popolare e deputato del Partito Comunista, e Sébastien Chenu del Rassemblement National.

Al primo turno di votazioni, André Chassaigne ha ottenuto 200 preferenze, Sébastien Chenu del Rassemblement National 142, e Yaël Braun-Pivet solamente 124. Al secondo turno, dopo il ritiro del candidato della destra repubblicana Philippe Juvin e di Naïma Moutchou di Horizons, Yaël Braun-Pivet ha superato l’avversario di sinistra ottenendo 210 preferenze. Già prima della votazione, i deputati del Nuovo Fronte Popolare avevano accusato il campo presidenziale di negoziare con la destra Repubblicana, una mossa definita «una presa di potere antidemocratica» dalla deputata LFI Mathilde Panot.

Le proteste

Mentre all’Assemblea Nazionale si svolgevano le votazioni, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza in tutta la Francia su appello del sindacato Cgt (uno dei principali sindacati francesi) per «esigere la nomina di un governo guidato dal Nuovo Fronte Popolare». Da martedì 16 luglio, giorno in cui Macron ha accettato le dimissioni del primo ministro Attal, la Francia è formalmente senza un governo: fino alla nomina di un nuovo primo ministro e di un nuovo governo, che spetta al presidente Macron, il governo uscente guidato da Attal resterà in carica per «gli affari correnti».

«Siamo qui per chiedere un governo del Nuovo Fronte Popolare, che ha vinto le elezioni: vogliamo semplicemente che il presidente Macron rispetti la democrazia e nomini un primo ministro e un governo di sinistra» dice Clément, co-segretario del Sindacato Nazionale degli Artisti di CGT, che incontriamo a Place de la République a Parigi. «Oggi ci sarà la nomina del Presidente dell'Assemblea Nazionale, e quindi è il momento di mostrare la nostra forza,» continua il manifestante di 38 anni. Clément aggiunge che la mobilitazione dei sindacati e dei cittadini è anche diretta verso i partiti del Nuovo Fronte Popolare, per «fare pressione sulla sinistra affinché rispetti gli impegni presi».

Il Nuovo Fronte Popolare non ha infatti ancora raggiunto un accordo su chi proporre come primo ministro, mostrando forti divisioni interne tra il lato più moderato del Partito Socialista e quello più radicale di La France Insoumise (Lfi). La deputata di La Réunion Huguette Bello, la cui nomina è stata approvata dal Partito Comunista, dai Verdi e da LFI, non ha ricevuto l’appoggio del Partito Socialista, mentre l’economista Laurence Tubiana, che ha ricevuto l’appoggio del Partito Socialista, del Partito Comunista e dei Verdi, è stata invece scartata da LFI. «A noi non importa delle questioni personali, quello che vogliamo è che il Fronte metta in pratica il programma elettorale.»

«Bisogna mettere fine ai personalismi» fa eco Jean-Baptiste, manifestante di 67 anni, che agita un cartello con la scritta «Il popolo vuole un governo un governo che affronti l’urgenza sociale ed ecologica».

«È importante essere qui per chiedere un governo che agisca rapidamente su tutte le emergenze che stiamo affrontando, perché venga nominato rapidamente un primo ministro», continua Jean-Baptiste, che non esclude la possibilità di un governo di unità nazionale: «nessuno ha la maggioranza: la sinistra ha vinto - non bisogna dimenticarlo - grazie al fronte repubblicano, e questo fronte repubblicano, dico io, ci obbliga anche a creare un governo di unità nazionale».

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