I laburisti hanno preannunciato una quarantina di progetti di leggi. Il cambiamento del paese non si può imprimere a colpi di norme, ma Starmer deve sfruttare l’inizio della sua premiership in cui gli sarà concesso praticamente tutto pur di superare l’era conservatrice
«Togliere i freni alla Gran Bretagna», qualunque cosa voglia dire. L’obiettivo principale di Keir Starmer e del nuovo governo britannico è quello di rilanciare l’economia del Regno Unito, tanto che il termine «crescita» è stato uno dei più presenti nel discorso pronunciato da re Carlo III mercoledì scorso.
Il discorso del re, da tradizione, è quello in cui viene esposto il programma dell’esecutivo. E la ricetta che Starmer intende seguire per raggiungere la «crescita» è molto interventista.
I laburisti hanno preannunciato una serie di progetti di legge – una quarantina, quasi il doppio rispetto all’ultimo discorso targato Tory – andando a toccare i più svariati settori. Certo, il cambiamento del paese tanto sbandierato in campagna elettorale non si può imprimere del tutto a colpi di norme, ma Starmer, vista la schiacciante maggioranza laburista in parlamento e lo slancio politico che normalmente accompagna primi mesi di governo, deve sfruttare l’occasione. Anche perché sa che gli sarà concesso praticamente tutto pur di cancellare l’èra conservatrice.
Tra economia e ferrovie
Niente «risposte facili», ma «soluzioni serie» per un rinnovamento nazionale che quindi passerà dalle riforme. A cominciare da quella per sbloccare l’edilizia abitativa e infrastrutturale: i laburisti hanno intenzione di sburocratizzare e semplificare regole e permessi con il Planning and Infrastructure Bill in modo da costruire 1,5 milioni di nuove case entro i prossimi cinque anni. Il governo «farà sì che la Gran Bretagna costruisca», è la promessa.
Tuttavia, la parola d’ordine sembra essere decentramento: Starmer vuole dare più potere ai sindaci delle grandi città ma anche alle amministrazioni locali, in modo che la crescita economica sia diffusa nel paese e non solo nei grandi centri, Londra fra tutti. «Troppe aree sono state limitate perché le decisioni vengono prese a Westminster e non dai leader locali», si legge nel Manifesto laburista. E tra le autorità distribuite, spunta quella legata ai trasporti con il Better Buses Bill con gli amministratori locali che potranno decidere in merito al controllo sugli operatori di autobus.
Proprio sui trasporti, c’è forse la riforma più caratteristica del governo laburista: la nazionalizzazione delle ferrovie. Era il 1948 quando il primo ministro Clement Attlee rendeva pubblica la rete ferroviaria britannica, mentre una trentina di anni fa, nel 1993, il conservatore sir John Major la privatizzò nuovamente. Nel prossimo futuro, alla scadenza delle varie concessioni, le ferrovie torneranno pubbliche, con la creazione di un nuovo ente statale, la Great British Railways, che cercherà di uniformare il settore dei trasporti ferroviari, oggi frammentato e con prezzi sempre più alti.
L’energia e il nucleare
Ma la Gbr non sarà l’unico ente statale di nuova creazione. Il governo, infatti, intende istituire in Scozia la Great British Energy, una società pubblica per accelerare gli investimenti nelle energie rinnovabili con una disponibilità di 8,3 miliardi di sterline.
Il fine ultimo è raggiungere l’indipendenza energetica, per farlo saranno sbloccate varie infrastrutture energetiche. Secondo il piano laburista, la Gbe avrà un rapporto privilegiato con le aziende energetiche locali, seguendo il filo rosso della strategia di decentramento prevista dal governo. Non ci sono ancora impegni precisi, invece, in merito al nucleare, un settore che il Regno Unito e il suo nuovo premier reputano imprescindibile per la propria autonomia e per gli obiettivi green.
Il governo dovrà però muoversi in fretta anche per superare l’impasse creatasi con i Tory. Nel manifesto laburista la posizione è netta: «Garantiremo la sicurezza a lungo termine del settore, estendendo la durata di vita degli impianti esistenti», che oggi fruttano circa il 14 per cento dell’energia elettrica prodotta, e realizzando nuove centrali nucleari.
Le politiche green
Se lo scopo finale è quello di rendere il Regno Unito indipendente a livello energetico, l’obiettivo di medio termine dei laburisti è di far diventare il paese una superpotenza “pulita” entro il 2030. La questione della tutela dell’ambiente non è stata particolarmente evidenziata in campagna elettorale. Anzi, il tema è stato quasi evitato per concentrarsi pragmaticamente sull’economia. Una linea che d’altronde si era capita quando Starmer si è rimangiato la promessa di spendere 28 miliardi annui per investimenti ambientali.
Ma nei suoi primi giorni di vita, il governo ha posto attenzione alla sfida climatica. Ed Miliband, ministro per la Sicurezza energetica, come primo atto ha revocato il divieto di costruire nuovi parchi eolici onshore in tutta l’Inghilterra che vigeva di fatto dal 2015, in modo da raddoppiare l’energia elettrica prodotta dall’eolico onshore nei prossimi cinque anni. Anche nel solare sono stati annunciati investimenti, mentre – almeno secondo il Manifesto – non saranno rilasciate nuove licenze per estrarre petrolio e carbone, anche se i laburisti hanno definito «fondamentale» per i prossimi decenni il proseguimento della produzione già esistente di petrolio e gas nel mare del Nord.
Una promessa fatta sia per garantire migliaia di posti lavoro sia per provare a rassicurare gli operatori, anche se quest’ultimi stanno comunque guardando altrove rispetto ai mari britannici. E anche perché non possono farne a meno: dal gas è derivato il 32 per cento dell’energia elettrica prodotta nel 2023 nel paese. Inoltre, la cancelliera Rachel Reeves ha lanciato il National Wealth Fund, un fondo da 7,3 miliardi di sterline di finanziamenti pubblici da destinare a infrastrutture come porti e gigafactory, ma anche per progetti su acciaio pulito, cattura del carbonio e idrogeno verde.
Da qui dovrebbero uscire 650mila posti di lavoro entro il 2030. L’idea è anche di attirare investimenti privati, almeno il triplo rispetto alla cifra iniziale destinata al fondo. Il premier Starmer, quindi, punta a rilanciare l’economia tenendo insieme le esigenze di aziende e lavoratori, produttività e sostenibilità, in un equilibrio difficile da salvaguardare ma necessario per la crescita di un paese. Ma il rischio che le promesse si perdano lungo la strada è alto, specie quando si è senza freni.
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