Tra tutti gli stati membri dell’Ue, il principale beneficiario dei fondi di coesione è la Polonia, entrata nell’Unione esattamente vent’anni fa. Il caso polacco mostra fino a che punto le politiche di coesione possono facilitare l’integrazione europea, ma suggerisce anche una riflessione su come un nuovo ciclo di allargamento potrà portare a una riformulazione della distribuzione di risorse. 

C’è inoltre un secondo tema chiave: non solo quanti soldi ricevono e riceveranno gli stati membri, come l’Italia, ma anche la loro capacità di impiegare al meglio le risorse. Ne discutiamo con Maciej Berestecki, il portavoce della Commissione europea con delega a Coesione e riforme.

Come si è evoluta (o involuta) la capacità dell’Italia di utilizzare i fondi di coesione? Cosa ci racconta il “tasso di assorbimento” sull’Italia e la coesione?

È accaduto raramente che l’Italia non sia stata in grado di fare un pieno uso delle risorse che le sono state allocate con la politica di coesione. Ad esempio, per quel che concerne l’arco di finanziamento 2014-2020, il livello di implementazione è ad oggi vicino all’80 per cento.

L’Italia ha avviato un processo di programmazione che assicuri complementarità tra le risorse del suo piano di ripresa e resilienza (Pnrr), che devono essere utilizzate entro giugno 2026, e quelle relative alle politiche di coesione, da usare entro dicembre 2029. La riforma è stata inserita nel contesto della revisione del Pnrr, per rafforzare gli interventi in particolare nei settori delle risorse idriche, del rischio idrogeologico e delle infrastrutture di protezione ambientale, energia, supporto allo sviluppo economico, transizioni digitale e verde.

EPA

Inoltre le autorità italiane hanno sviluppato un nuovo programma, chiamato “Capacità per la Coesione” (CapCoe) per le regioni meno sviluppate del sud Italia, con una allocazione di circa un miliardo. Questi soldi saranno utilizzati per assumere personale nelle amministrazioni locali e regionali così da focalizzarsi nello specifico sull’implementazione dei progetti della politica di coesione. Serviranno anche per fornire servizi di assistenza tecnica a queste amministrazioni così da aitarle a far partire i progetti sul territorio.

Attualmente il principale beneficiario dei fondi di coesione se non erro è la Polonia. In che modo l’allargamento del 2004 ha cambiato distribuzione e utilizzo dei fondi di coesione? Quanto è accaduto ci consente di trarre lezioni utili in vista dell’allargamento futuro? In che modo l’ingresso di paesi come Ucraina, Moldavia e Bosnia Erzegovina altererebbe la distribuzione dei fondi e che impatto avrebbe questo riequilibrio per l’Italia?

La Polonia è il principale beneficiario dei fondi della politica di coesione e ha beneficiato di questo supporto sin da quando è entrata nell’Ue, nel 2004. Il 2024 ha segnato il ventesimo anniversario da quando l’Ue ha dato il benvenuto a nuovi stati membri in quello che è stato il più grande ciclo di allargamento fino a oggi.

Varsavia. Foto Unsplash

In questi venti anni, il Pil medio pro capite degli stati membri che erano entrati nel 2004 è aumentato dal 52 per cento a circa l’80 per cento della media dell’Ue. Significa che il divario rispetto al resto dell’Unione è stato dimezzato. Il tasso di disoccupazione in questi stati membri è diminuito da una media del 13 per cento al 4.

I fondi della politica di coesione hanno iniettato una notevole liquidità in questi stati negli scorsi vent’anni, ecco le cifre: Cipro, più di un miliardo e seicentomila; Repubblica Ceca, oltre 51 miliardi; Estonia, oltre 8 miliardi; Ungheria, oltre 51 miliardi; Lettonia, oltre 10 miliardi; Lituania, oltre 15; Malta, più di 1,6; Polonia, oltre 160 miliardi; Slovacchia, oltre 25; Slovenia, più di otto.

La Commissione europea farà del suo meglio per garantire che anche in futuro, coi fondi della politica di coesione, si continui a investire in tutti i paesi e regioni dell’Ue.

Questo contenuto giornalistico fa parte del progetto “#CoesioneItalia. L’Europa vicina”, che è finanziato dall’Unione europea. I punti di vista e le opinioni espresse sono tuttavia esclusivamente quelli dell’autore e non riflettono necessariamente quelli dell’Ue. Né l’Ue né l’autorità che eroga il finanziamento possono essere ritenute responsabili per tali opinioni.

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