Il ministro della Cultura annuncia alla Camera la svolta sulla commissione per i fondi da destinare al cinema: non è stata rispettata la parità di genere. Ma arriva la rivoluzione anche nello staff
Il riequilibrio della parità di genere dà il via alla revisione della Commissione ministeriale sui fondi per il cinema. Uno degli ultimi organismi nominati da Gennaro Sangiuliano prima delle dimissioni. Il primo giro alla Camera è servito per mettere le cose in chiaro: con Alessandro Giuli al Mic, la musica è cambiata.
Il nuovo ministro della Cultura ha voluto marcare il territorio nell’emiciclo di Montecitorio, presentandosi al question time del mercoledì in diretta tv per rispondere a un solo quesito. L’ex direttore del MAXXI ha riferito che «sarà modificata e integrata» la commissione chiamata a distribuire i 50 milioni di euro al settore cinematografico, selezionando le opere considerate meritevoli.
In primis bisogna correggere il «mancato equilibrio di genere», ha evidenziato Giuli rispondendo all’interrogazione di Davide Faraone, deputato di Italia viva. Il ministro, per sua stessa ammissione, ci sta pensando da venerdì, appena messo piede in via del collegio Romano.
Al battesimo istituzionale, Giuli è stato riverito all’arrivo al Transatlantico. Del resto ha trovato una Cicerona d’eccezione: una «sorella d’Italia», Antonella Giuli, sua sorella, attualmente una delle dipendenti dell’ufficio stampa di Montecitorio, che lo ha accompagnato per un breve tour alla Camera prima dello scambio di convenevoli con Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura e uno dei volti in ascesa di Fratelli d’Italia. Il quadretto di famiglia ha lasciato spazio al piglio polemico del ministro verso gli avversari politici, che hanno punzecchiato sull’offesa di Sangiuliano con la nomina della commissione sul gong del mandato.
«Non l’ho vissuta come un’offesa, le nomine sono di alto livello», ha cercato di minimizzare Giuli con una difesa d’ufficio del predecessore, visto che l’unica conferma bollinata è quella di Paolo Mereghetti, critico che dà il nome al famoso dizionario cinematografico, “il” Mereghetti. Il resto si vedrà.
Bye bye Sangiuliano
Intanto qualcuno ha deciso di mollare: il giornalista di Libero Francesco Specchia ha annunciato il passo indietro. Era nell’elenco di Sangiuliano, aveva già rilasciato un’intervista per spiegare come voleva muoversi.
Alla fine ha preferito tirarsi fuori. Su un altro fronte c’è stata un’altra rinuncia, quella di Raffaella Docimo alla reggenza del MAXXI dopo l’addio di Giuli.
Come prima mossa ufficiale, dunque, il ministro ha sconfessato l’ultimo atto del suo predecessore evidenziando il problema della scarsa rappresentanza femminile.
Un passaggio che è stato colto al volo dal renziano Faraone: «Il ministro Giuli ha dimostrato che l’operato del ministro Sangiuliano è stato pessimo e ci ha dato ragione quando dicevamo che quelle nomine sono state inopportune».
La rivoluzione non attende solo la commissione, anche lo staff ministeriale sarà radicalmente cambiato. L’unico a salvare il posto – salvo ripensamenti last minute – dovrebbe essere il capo della segreteria tecnica, Emanuele Merlino, che vanta buoni uffici con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari.
Il diretto interessato, nei conversari privati, ha sostenuto di aver denunciato i rischi del caso-Boccia dai primi tempi, senza essere ascoltato.
Così da Giorgia Meloni è arrivato il placet per la sua conferma, mentre per tutti gli altri ruoli, dal capo di gabinetto Francesco Gilioli al capo ufficio stampa, Andrea Petrella, è previsto un repulisti. Il ministro, dopo il question time alla Camera, è andato a palazzo Chigi, dove è stato avviato un serrato confronto su questo e altri punti.
«I collaboratori saranno selezionati da una rosa di fedelissimi di Meloni», spiegano fonti del ministero. Così è iniziato il casting. E sullo sfondo resta la questione delle deleghe, a cominciare da quella per il cinema finora nelle mani della sottosegretaria leghista, Lucia Borgonzoni. Qualcuno ipotizza uno strappo per portare sotto l’ala del ministro la gestione dell’audiovisivo. Ma con il rischio di aprire un nuovo fronte al ministero.
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