La regione governata dalla destra rischia di essere la sesta a proporre l’abrogazione. Venerdì la conta nel consiglio. Azione pronta a schierarsi. Ma all’appello manca Iv
La raccolta delle firme sul referendum contro l’autonomia differenziata procede con il vento in poppa, anche grazie al turbo della piattaforma digitale. Lunedì 29 luglio, a metà pomeriggio, quelle online sfioravano le 240mila. Ma anche ai banchetti la messe procede oltre le previsioni.
Nel frattempo sono quattro le regioni che si sono espresse per la richiesta di referendum, quelle guidate dal centrosinistra, Toscana, Sardegna, Campania e Emilia-Romagna. All’appello manca solo la Puglia, che ha votato il 23 luglio ma, per un errore materiale, dovrà ripetere il voto forse già martedì 30.
Incidenti tecnici a parte, tutto fila liscio per i promotori del quesito. Ma per loro c’è una data cerchiata in rosso, quella del prossimo venerdì 2 agosto. Un appuntamento istituzionale che può diventare un vero colpaccio per le opposizioni al governo Meloni. E un dito nell’occhio della destra, che già sullo «spacca-Italia» ha le sue gatte da pelare.
Tutto dipende da Matteo Renzi. In questi giorni fa ampie professioni di amore per il centrosinistra. Venerdì si vedrà se oltre alle parole, dal presidente di Italia viva arrivano anche i fatti.
I sassi della Basilicata
Venerdì 2 agosto si riunisce il consiglio regionale della Basilicata. All’ordine del giorno c’è il voto delle linee programmatiche della seconda giunta guidata dal forzista Vito Bardi, ma anche il voto sul dispositivo che chiede il referendum. Al momento i sì e i no sono pari. Basta uno a fare la differenza: per il centrosinistra sarebbe una tombola, e a Roma arriverebbe un potentissimo messaggio dal Sud contro il ddl Calderoli.
Un messaggio solo simbolico, la “sesta” regione non sarebbe determinante. Ma i simboli sono politica: sarebbe un segnale a Meloni che con troppa leggerezza ha “concesso” alla Lega una legge che al Sud non va giù: un segno materiale fra le tante chiacchiere, visto che ormai ogni giorno Forza Italia produce un distinguo contro la legge Calderoli. A partire dal suo leader Antonio Tajani.
I conti sono facili. I consiglio lucano conta 21 consiglieri, 13 di maggioranza e 8 di opposizione. Iv e Azione fanno parte della maggioranza. Presidente dell’assemblea è l’ex governatore Marcello Pittella, di Azione, finito a destra per i «veti» che i Cinque stelle hanno messo su di lui alle scorse regionali. Pittella e l’altro rappresentante calendiano, Nicola Morea, si sono già espressi contro l’autonomia differenziata. Del resto con Bardi hanno stretto un accordo di programma, e nell’accordo non c’è l’autonomia differenziata.
Per arrivare a 11 però serve il voto del renziano Mario Polese, eletto con la civica “Orgoglio lucano” ma da sempre vicino al fondatore di Iv. Il quale raccoglie le firme. Anzi, lo scorso 25 luglio avrebbe dovuto farlo in un evento a Napoli con il presidente della Campania Vincenzo De Luca. Appuntamento poi cancellato in segno di rispetto per il lutto per le tre persone morte nel crollo di Scampia.
Polese invece, fin qui, diserta la battaglia. Bardi gli ha concesso un posto in giunta (diversamente da quanto fatto con Azione) per la “sua” Laura Mongiello. Un fatto locale, però a Roma quel voto ha un valore tutt’altro che locale: certificherebbe la volontà di Renzi di dare una mano fattiva al centrosinistra su un tema su cui del resto si è speso anche nelle aule parlamentari.
La data è fissata a venerdì per consentire la presenza in aula di Angelo Chiorazzo, consigliere di Basilicata casa comune, che poco dopo il voto regionale è stato colpito da un grave malore. Pittella, con eleganza istituzionale, lo scorso 17 luglio ha fatto svolgere il dibattito, ma rimandato la conta. Anche perché in Regione il tema è sentito, e non solo dai progressisti: «Le critiche al regionalismo asimmetrico sono arrivate da Confindustria Basilicata che ha scritto a tutti i parlamentari definendo ‘la legge non compatibile con le condizioni di contesto’. Ma anche dalla Conferenza episcopale», spiega Roberto Cifarelli, consigliere Pd, «Secondo monsignor Caiazzo, Arcivescovo di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, “l’autonomia differenziata rischia di minare il principio di solidarietà”».
Cifarelli invita i consiglieri di maggioranza a «tenere le orecchie per terra come usavano fare gli indiani, per sentire gli umori dei lucani, e ridare valore ai temi cruciali dei nostri giorni: la democrazia e la partecipazione».
Autonomi, sin dalle trivelle
C’è un precedente. E proprio Renzi non può averlo scordato. Risale alla primavera del 2016, a quel referendum sulle trivelle perso dai presentatori, e liquidato con un «ciaone» dai renziani di palazzo Chigi. Che invece fu il primo avviso di sfratto al governo. Lo ricorda Piero Lacorazza, altro consigliere Pd, relatore del testo che andrà in aula venerdì. «Nei passaggi più delicati che hanno riguardato il futuro della nostra regione, siamo stati autonomi: la Basilicata ha guidato il referendum per ristabilire il giusto equilibrio fra perforazioni petrolifere e governo del territorio. Quelle norme erano state proposte dal governo Renzi, e noi eravamo una maggioranza del Pd, guidata dal presidente Pittella, che allora era del Pd. Ma le ritenevamo contro l’interesse della Basilicata».
Che poi fu anche l’unica regione in cui sì raggiunse il quorum. «Oggi chiediamo che i rappresentanti della destra pratichino la stessa autonomia rispetto ai loro vertici nazionali», conclude Lacorazza, «e spero che il presidente Bardi sia altrettanto autonomo, visto che già il presidente della Calabria Occhiuto ha assunto una posizione dialettica rispetto al suo partito Forza Italia. Ma spero anche che Azione e Iv mantengano una posizione a difesa della Regione su una legge sbagliata, che rischia di fare danni serissimi al futuro del cittadini lucani».
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