Tornava da Kobane, via Iraq, dove ha partecipato alle commemorazioni per i dieci anni dalla vittoria dei curdi: «Le guardie di frontiera non mi hanno dato alcuna spiegazione. Mi hanno chiesto i motivi del viaggio, ma li sapevano già. Dopo un’ora mi hanno consegnato il decreto di espulsione»
È stato fermato alle 8 di mattina, all’aeroporto di Istanbul, mentre con una delegazione internazionale, giornalisti politici e rappresentanti istituzionali, tornava da Kobane, via Iraq, dove ha partecipato alle commemorazioni per i dieci anni dalla vittoria dei curdi, e attraverso loro dell’Occidente, contro l’Isis.
Amedeo Ciaccheri, 35 anni, presidente del Municipio VIII di Roma, dove è il mitico quartiere di Garbatella, ha passato un brutto quarto d’ora, che è durato un’ora. «Ma ero più preoccupato per i giornalisti che erano nella delegazione, ho pensato subito che era meglio che avessero fermato solo me», racconta una volta arrivato a Roma. La nostra diplomazia subito è scattata.
«Le guardie di frontiera mi hanno prelevato dall’aereo proveniente dall’Iraq. Nessuna spiegazione. Mi hanno chiesto i motivi del viaggio. Ma li sapevano già. Dopo un’ora senza alcuna spiegazione mi hanno consegnato il decreto di espulsione».
Ricapitoliamo: è andato a Kobane perché, racconta «siamo stati invitati ufficialmente dall’amministrazione autonoma del Nord-est della Siria alla manifestazione ufficiale del 26 gennaio, per i dieci anni della vittoria di Kobane e della sconfitta dell’Isis», cinque giorni di incontri in cui «abbiamo raccolto le preoccupazioni degli amministratori cittadini e regionali.
C’è un sentimento positivo dell’amministrazione plurietnica sui dialoghi con il nuovo governo di Damasco. Ma ci sono problemi importanti: primo, la gestione dei campi profughi dove da dieci anni sono trattenuti i combattenti dell’Isis, anche foreign fighter; i paesi di provenienza non se li riprendono, sono decine di migliaia di profughi siriani e iracheni, ma anche migliaia di ex militanti dell’Isis. I curdi gestiscono i campi, ma chiedono una responsabilizzazione internazionale».
Altro problema, ovviamente, «chiedono il cessate il fuoco dalla parte del confine con la Turchia, dove continuano gli attacchi di milizie legate al governo turco». La celebrazione è stata l’occasione per richiamare l’attenzione internazionale. Nell’area ancora è presente la coalizione internazionale, a guida Usa e Francia.
La delegazione ha potuto ascoltare «l’apertura di credito al nuovo governo siriano. In passato i curdi e le formazioni di Al Jolani si sono combattuti. Ne conoscono bene il curriculum. Ma vanno avanti colloqui positivi per condividere un modello di governo confederato che potrebbe essere risolutivo sia per la nuova costituzione siriana sia per un governo comune, nel rispetto delle autonomie locali. I curdi sono determinanti per il controllo di quell’area, e disponibili a verificare le condizioni di un governo di coalizione».
A occhio, è questa la ragione dimostrativa per cui Ciaccheri è stato fermato, perché «Erdogan invece fa attaccare quel confine e le postazioni curde per far saltare la possibilità di accordo». C’è un ulteriore problemino però: il governo della Siria del Nord-est è diretta derivazione del Pkk, che per la Ue è un’organizzazione terroristica: «Fra le richieste delle rappresentanze istituzionali è quella di declassificare il Pkk. Anche perché in questi mesi sono in corso contatti fra Erdogan e Ocalan, cofondatore del Pkk e detenuto in un’isola da 26 anni. C’è la speranza e l’aspettativa che la resistenza di Kobane permetta scenari nuovi anche in Turchia».
Kobane, che ha sconfitto l’Isis, si sente lasciata sola dall’Occidente? «In realtà hanno la consapevolezza di aver combattuto non solo per sé stessi ma anche a fianco di una coalizione internazionale, a cui chiedono oggi un’assunzione di responsabilità innanzitutto nei confronti della Turchia. E hanno fiducia negli americani».
A questo punto parliamo del fermo: se l’è andata a cercare? «No, ma sono orgoglioso di aver portato la solidarietà nel nostro Paese a chi ci ha salvato dall’Isis. La cooperazione e la solidarietà si esprime anche con processi di diplomazia dal basso. E l’Italia è un interlocutore stimato». E che c’entra Garbatella con Kobane? «C’entra, perché Kobane ha una storia di municipalismo democratico e confederale. E noi nel nostro municipio rivendichiamo nuove forme per le amministrazioni, e anche per la sinistra, organizzate intorno a un vincolo che tiene insieme la democrazia locale con la dimensione internazionale».
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