«Ora dovete smontare tutto, tornare indietro e chiedere scusa agli italiani». La direzione del Pd è stata convocata su un ordine del giorno in cui si parla di manovra, guerra e regionali. Se ne parlerà, faranno le loro relazioni il responsabile economico Antonio Misiani, quello degli esteri Peppe Provenzano, degli enti locali Davide Baruffi. La segretaria invierà dal microfono un «forza Andrea», direzione Andrea Orlando, candidato presidente in Liguria: è la sua ultima settimana di campagna elettorale, sabato e domenica lei sarà lì al suo fianco.

Elly Schlein è appena tornata dalla manifestazione dei metalmeccanici a Roma, dove ha incontrato Maurizio Landini e Giuseppe Conte. Ma c’è un’emergenza che cambia la scaletta della sua relazione: è il flop dell’operazione Albania di Giorgia Meloni.

Perché quando nel primo pomeriggio al Nazareno si riunisce il parlamentino interno – pochi big, molti collegati da remoto, qualche defezione, del resto c’è la campagna elettorale in tre regioni, Liguria, Emilia-Romagna e Umbria – è arrivata da poco la notizia che i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma hanno deciso che i dodici migranti traghettati nel paese dell’amico socialista di Meloni, Edi Rama – «ignobilmente deportati» secondo il Pd – devono tornare indietro. Erano 16, quattro sono stati già riportati indietro, due «fragili» e due minori. La segretaria alza la voce: «Noi l’avevamo detto, non perché siamo veggenti ma perché leggiamo le leggi. Mi rivolgo al governo e alla presidente Meloni: fermatevi, tornate indietro».

«Un danno erariale»

La figuraccia del governo italiano è continentale. Già dall’Europa non sono arrivati i grandi elogi che la maggioranza aveva vantato, confidando su qualche parola di cortesia di Ursula von der Leyen. Al Consiglio europeo si è parlato di immigrazione, ma sul «modello Albania» all’italiana è arrivato lo scetticismo di Francia, Spagna e Germania.

Ma a palazzo Chigi brucia assai di più lo stop dei magistrati. «Altro che modello – insiste Schlein – l’accordo fatto con l’Albania è fuorilegge, viola il diritto internazionale. L’intero meccanismo non sta in piedi, 800 milioni buttati che potevano essere usati per la sanità. Si configura un danno erariale».

Il Pd l’aveva già detto in aula nel corso del dibattito sulle comunicazioni della premier, in particolare l’aveva detto il deputato Piero De Luca. Meloni aveva risposto con toni da comiziaccio, rispedendo l’accusa di «danno erariale» a un’iniziativa del padre del deputato, il presidente della Campania.

Le opposizioni attaccano, per una volta unite. Riccardo Magi, di +Europa, giovedì è andato al centro “di trattenimento” di Gjadër insieme a due colleghi dem, Paolo Ciani e Rachele Scarpa: «Il piano del governo Meloni di una colonia detentiva per stranieri in terra d’Albania fatta di sbarre, gabbie e recinzioni metalliche è fallito. Piantedosi dovrebbe dimettersi e Meloni scusarsi per aver sperperato centinaia di milioni di euro dei contribuenti italiani per uno spot elettorale e per aver raccontato frottole ai partner europei. Altro che modello per l’Europa: è una vergogna per il nostro Paese».

Carlo Calenda: «La tanto strombazzata operazione Albania si sta dimostrando per ciò che è, in tempi da record: una clamorosa e costosissima presa in giro. 500 milioni di euro di costi in più, rispetto a un centro costruito in Italia, buttati dalla finestra». Matteo Renzi: «Per tre like sui social, il governo Meloni butta via un miliardo di euro per trasportare avanti e indietro con l’Albania qualche decina di migranti». Nicola Fratoianni: «Piantedosi e l’intero governo dovrebbero di tasca loro rimborsare lo Stato per i soldi pubblici sprecati. Qualcuno dovrebbe dimettersi».

La procedura di infrazione

Il Pd del Senato deposita un’interrogazione al ministro della Difesa sugli appalti affidati per costruire i due Cpr di Gjadër e Shëngjin. Come raccontato dalle inchieste giornalistiche – in particolare da Domani – ci sono dubbi sulla loro «trasparenza e legalità».

Nel parlamento europeo Cecilia Strada, eurodeputata Pd, promuove un’altra interrogazione, che è un salto di qualità: chiede alla Commissione se sarà avviata una procedura di infrazione, visto che formalmente è stato riconosciuto che non solo legali i trasferimenti di migranti fuori dall’Unione e che per rendere legale il “modello Albania” «il diritto dell’Ue dovrebbe regolamentare il rimpatrio forzato in un paese terzo, che non sia il paese di origine».

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