Il ministro della Difesa ha portato a casa la scelta del generale su cui aveva puntato da tempo. Mantovano esce sconfitto. Evitata la figuraccia di un lungo stallo che impensieriva il Quirinale
Alla fine sono tutti soddisfatti, a cominciare dal Quirinale. Il governo ha sbloccato la nomina del comandante generale dei carabinieri nel corso del consiglio dei ministri: sarà Salvatore Luongo a guidare l’Arma per i prossimi anni.
L’ha spuntata il candidato indicato da Guido Crosetto, che già a giugno aveva voluto il generale nel ruolo di vice comandante generale, come numero due di Teo Luzi.
Realismo Meloni
Insomma, una vittoria su tutta la linea, sia perché ha portato a casa il suo nome e sia per il rispetto dei tempi; il 15 novembre era già previsto il passaggio di consegne tra Luzi e il suo successore. Ed era questa la vera preoccupazione del Colle: scongiurare uno scontro prolungato che avrebbe portato a una nomina ad interim, peraltro proprio affidata a Luongo nel ruolo di vice.
Si sarebbe innescato un cortocircuito dando vita una cerimonia a metà. Non avrebbe fatto bene al corpo dell’Arma e nel complesso ai vertici delle istituzioni. Sergio Mattarella ha osservato in silenzio, ma con una certa apprensione in particolare quando la vicenda sembrava si stesse avvitando in una faida interno al governo. Una scena già vista in parte lo scorso anno per la nomina del comandante della Guardia di finanza.
Giorgia Meloni ha quindi accettato la proposta di Crosetto, evitando di esporre il governo e il paese a una figuraccia. Ha compiuto dunque una scelta di pragmatismo, basandosi sul curriculum di Luongo e senza infilarsi ulteriormente nella battaglia di potere interna a Fratelli d’Italia. Sul profilo del candidato, peraltro, non ha mai avanzato alcun dubbio. Era solo una questione di metodo e di vicinanza a Crosetto, con cui i rapporti non sono quelli dei giorni migliori.
Rivolgendo le congratulazioni a Luongo, Meloni ha detto: «La sua esperienza e la sua competenza gli consentiranno di guidare al meglio i nostri Carabinieri, orgoglio nazionale e forza armata ammirata e apprezzata in patria e all’estero». Un riconoscimento pieno e formale che ha messo sigillo a una mediazione che le fa quasi indossare i panni della vincitrice. Nel governo quasi tutti i ministri hanno manifestato la soddisfazione, uno dei meno reattivi è stato il solitamente solerte nelle dichiarazioni, Matteo Salvini, che comunque è rimasto fuori dalla partita della nomina, da spettatore abbastanza disinteressato. L’altro vicepremier, Antonio Tajani, ha rivolto gli auguri di buon lavoro.
Chi, invece, esce male dalla vicenda è il sottosegretario Alfredo Mantovano, che sulla sicurezza e sulla difesa, vuole avere sempre voce in capitolo. I suoi candidati Mario Cinque e Riccardo Galletta erano considerati altrettanto validi. Entrambi, insomma, avevano i titoli per prendere il posto di Luzi, ma il clima di tensione non ha giovato al confronto. Sarebbe stato necessario un approccio più soft. Sullo sfondo è rimasto Giovanbattista Fazzolari, altro consigliere fidato della premier, che comunque era allineato ai nomi fatti dal suo collega Mantovano.
Lo spin comunicativo del ministero della Difesa racconta di una decisione condivisa e maturata già da giorni, senza alcun braccio di ferro. «Non ci sono state liti», garantiscono nell’inner circle di Crosetto in cui a risultato acquisito si preferisce fare da pompieri. Eppure tra le righe della dichiarazione del ministro si comprende che non è stata una passeggiata.
«La scelta non era assolutamente facile. È stata sicuramente molto complessa poiché tutti i candidati vantavano curriculum di grandissimo spessore», ha detto il ministro della Difesa. E ha aggiunto con toni entusiastici: «Sono certo che la Benemerita sotto la guida del generale Luongo saprà confermarsi quale presidio di legalità».
Il percorso di Luongo
Luongo a 62 anni raccoglie quindi l’eredità di Luzi con cui dalla scorsa estate aveva avviato un rapporto diretto di collaborazione. Il suo percorso è stato trasversale, dote che a Crosetto è piaciuta dall’inizio (a differenza dell’ala più settaria rappresentata da Mantovano). Dal 2006 al 2011 Luongo è stato assistente militare del presidente della Repubblica, quando al Quirinale c’era Giorgio Napolitano. Il generale è approdato alla guida dell’ufficio legislativo della Difesa già con la ministra del Pd, Roberta Pinotti.
La sua erede nel governo Conte, Elisabetta Trenta (del Movimento 5 stelle), lo ha confermato così come ha fatto l’altro dem, Lorenzo Guerini, oggi presidente del Copasir e a capo della Difesa con il Conte II e l’esecutivo di Mario Draghi. Nemmeno l’inizio della nuova legislatura ha cambiato le cose per Lungo, punto di riferimento dell’ufficio legislativo, fino a quando non è stato spostato al vertice del comando Podgora (Centro-Nord Italia) e successivamente vice comandante generale. Stando al suo curriculum, l’obiettivo del nuovo comandante sarà quello di portare avanti il percorso di innovazione nel contrasto alla criminalità e al controllo del territorio.
Lo scopo – come spiegano dai carabinieri – è quello di portare sempre più i carabinieri vicino alle richieste dei cittadini. «In sintonia con il mandato di Luzi», è la sintesi che arriva dall’Arma.
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