Per allontanare ancora Schlein e Conte, Meloni mostra grandi attenzioni nei confronti dell’avvocato. L’ex premier trova spazio alla festa Fratelli d’Italia e in Rai, attesa per la contropartita
Fratelli d’Italia (la Lega ha già dato) ha una nuova passione: si chiama Giuseppe Conte. Le attenzioni che la destra sta riservando al leader del M5s non sono passate inosservate: la moneta di scambio con cui i meloniani stanno manifestando il loro interesse per l’ex inquilino di palazzo Chigi è la visibilità.
In Rai, ma anche durante Atreju. Giorgia Meloni e i suoi hanno deciso di regalare al presidente del M5s un palco di tutto riguardo nella manifestazione di partito. Sabato 14 sarà intervistato in solitaria alle 17 da Mario Sechi. Elly Schlein, invece, non è stata invitata. O meglio, dice il responsabile territori di FdI Giovanni Donzelli, si è convenuti sulla «non volontà di invitare né di accettare l’invito».
Certo, nel programma sono previste altre figure di rilievo del Pd: c’è l’ex segretario Enrico Letta, ci sono i presidenti di regione Michele de Pascale e Michele Emiliano, c’è perfino l’intellettuale d’area Goffredo Bettini. Insomma, il centrosinistra c’è, manca la segretaria, di cui l’anno scorso ad Atreju circolava addirittura un cartonato sostitutivo. In programma anche il presidente argentino Javier Milei e Najib Mikati, premier libanese (entrambi, casualmente, anche in visita istituzionale a palazzo Chigi), ma lo spazio aperto da Meloni a Conte e i suoi non finisce qui. Per l’avvocato hanno trovato parecchio spazio nei palinsesti Rai degli ultimi giorni.
«Loro ora sono la notizia», minimizza un parlamentare di FdI, ma resta il fatto che, nel giro di tre settimane, l’ex premier è stato ospite di Bruno Vespa a Cinque minuti e Porta a porta, di Francesco Giorgino a XXI secolo e di Gian Marco Chiocci al Tg1.
Manovra avvolgente
L’intervista di ieri sera, prodotto del rapporto personale che intercorre tra il direttore del telegiornale della rete ammiraglia e Conte, è andata in onda quando il leader del Movimento stava per dare il via al “rivoto”, e ha dato all’ex premier l’occasione per lanciare la sua linea in vista dello scontro finale con Beppe Grillo. «La comunità ha deciso che vuole voltare pagina» dice chi lavora con lui.
Conte lo ha detto anche al Tg1: «A essere finito è il Movimento di Grillo». Sottinteso: non il mio. Da archiviare la disputa su simbolo e nome del partito, su cui dal punto di vista dei contiani fa fede il fatto che entrambi siano ormai associati alla forza politica che fa capo all’ex premier. Acqua passata anche la raccomandazione del fondatore rivolta ai vertici di «farsi un partito proprio».
«Sembra Fassino quando consigliava a Grillo di fondare un partito tutto suo perché non poteva entrare nel Pd – scherzano – Sappiamo com’è andata a finire». Insomma, è il messaggio, il Movimento non è (più) casa del comico, ma di una comunità che l’ha ormai sfrattato.
Ma la partita tra Conte e Grillo si intreccia con i tormenti sulla Rai che agitano le notti di Meloni. Effettivamente Chiocci è appena stato riconfermato dal cda Rai anche grazie al voto favorevole del consigliere d’amministrazione d’area Cinque stelle, Alessandro di Majo. E di conseguenza i Cinque stelle sono a ogni occasione i primi indiziati per quanto riguarda la sponda necessaria alla maggioranza per confermare Simona Agnes come presidente in commissione di Vigilanza.
La prossima votazione – o meglio il prossimo tentativo, considerato il sabotaggio continuo della maggioranza che ha bloccato le ultime riunioni – è fissata per mercoledì 11, dopo la ripetizione della consultazione su Grillo. Ma nessuno dimentica che lunedì scorso è arrivata un’apertura plateale dalla destra sui destini del Tg3, considerato la contropartita di un eventuale voto a favore di Agnes, per cui in area M5s il favorito resta il vicedirettore del Tg1 Senio Bonini.
I parlamentari continuano a negare, ma è di ieri l’interrogazione che Dolores Bevilacqua, il capogruppo Dario Carotenuto e gli altri del M5s hanno presentato a palazzo San Macuto. Qualcuno, scorrendola, ha pensato a un’intesa maggiore con la maggioranza che con il Pd.
L’atto chiede di approfondire i costi della realizzazione di trasmissioni prodotte da società esterne «talvolta con ascolti molto bassi, il che solleva interrogativi sul loro rapporto costo-beneficio, specialmente in termini di saldo tra costi di produzione e ricavi pubblicitari», si legge nel testo dell’interrogazione, che riguarda nello specifico Il provinciale, Todo modo, L’altra Italia, Se mi lasci non vale, Il mercante in fiera e Avanti popolo.
Ma nel comunicato che l’accompagna c’è una chiusa velenosa: «Si apprende che il prossimo 19 dicembre potrebbe esserci una tornata di nomine tra cui un upgrade del direttore della Distribuzione, Stefano Coletta, che dal 2017 al 2024 ha ricoperto ruoli come direttore di Rai 3, di Rai 1 e di pianificazione dei palinsesti, in un periodo in cui la Rai avrebbe perso una grossa fetta di telespettatori. Siamo davvero sicuri che con queste premesse sia la scelta giusta?».
Coletta, dirigente storico del terzo canale, è considerato ormai uno degli ultimi “giapponesi” della sinistra in Rai, ma è visto come uomo macchina essenziale anche dalla destra: un attacco da quello che potrebbe essere un alleato – seppure non strutturale – del Pd appare in questo momento un tiro mancino non indifferente.
Anche perché, in un contesto in cui il Movimento ha già come priorità assoluta quella di scartare rispetto al bulimico Pd di Schlein, seminare ulteriore zizzania fa soltanto il gioco della destra. Fratelli d’Italia ha tutto l’interesse a vedere marciare divisi contiani e dem, motivo per cui ha tutto l’interesse lusingare il Movimento. Divide et impera.
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