I problemi italiani restano in un angolo, la premier si occupa di altro. Polemiche per la cittadinanza italiana al presidente argentino
Un incontro di circa un’ora tra il presidente dell’Argentina, Javier Milei e la presidente «amica» Giorgia Meloni, a palazzo Chigi. Un balletto di sguardi e di gesti. Bravo, grazie, se non ci fossi tu. Mentre fuori infiamma la polemica dell’opposizione per aver concesso al presidente argentino la cittadinanza in virtù del principio dello ius sanguinis. Orgoglio italiano per Milei, con nonni calabresi, che pochi minuti prima aveva dichiarato ai giornalisti il proprio «disprezzo per lo stato, ci sto dentro per distruggerlo».
Da Meloni accolto con un abbraccio, lo stesso riservato pochi ore prima a un altro capo di stato, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Un’agenda fitta quella della presidente: di incontri e convenevoli che guardano fuori dai confini italiani proprio mentre la politica interna ribolle. Una strategia ben collaudata: occultare tracce di sé nella speranza che in quelle altrui si perdano, affidarsi alla politica estera per distrarre e “fare notizia”.
In principio fu Trump
Si è partiti così, domenica scorsa, con due foto pubblicate sui social di Meloni, che immortalavano l’incontro con il presidente eletto Usa, Donald J. Trump e il patron di Tesla e Space X, Elon Musk, alla cena offerta dal presidente francese Emmanuel Macron in occasione della riapertura di Notre-Dame.
«È stata una piacevole occasione di dialogo quella di questa sera all’Eliseo con Donald J. Trump ed Elon Musk» scriveva la presidente. È un filo che tiene insieme tutta l’agenda politica meloniana. Proprio nella settimana in cui il quotidiano online Politico.ue ha nominato proprio la premier italiana come la «persona più potente d’Europa».
Riconoscimento che, per Fratelli d’Italia, «che smentisce la sinistra che ha sperato nell’isolamento della nostra nazione». E in effetti, scrive Politico, «chi chiami se vuoi parlare con l’Europa? Se sei Elon Musk – l’uomo più ricco del mondo e un consigliere chiave del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump – il numero che componi appartiene a Giorgia Meloni».
Il partito dei patrioti, soddisfatto, ha tralasciato il resto dell’analisi: «un Orbán con gli steroidi» che sta facendo compiere all’Italia un «regresso democratico», «ricorre ai tribunali per mettere a tacere i critici», perseguita i giornalisti, prende di mira i giudici, colpisce le minoranze.
Sulla scia di questo riconoscimento palazzo Chigi è stato trasformato per tutta la settimana in una fucina di comunicati stampa che raccontano Meloni leader europea. Il 10 dicembre informano di una conversazione telefonica con il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, sugli ultimi sviluppi della situazione in Siria.
Colloquio necessario mentre il paese si infiamma. Il tentativo del governo di mettere una toppa dopo che nei mesi passati si era distinto per essere l’unico, tra quelli che guidano i grandi paesi europei e del G7, a tentare una normalizzazione di Assad, nonostante fosse un regime dittatoriale.
L’undici dicembre Chigi fa mettere l’accento su un simpatico “siparietto” al momento delle foto ufficiale a Villa Doria Pamphilj tra il re Felipe di Spagna, la regina Letizia e la premier su come posizionarsi per lo scatto di rito. Un momento di incertezza con il re che sembrava quasi dare indicazioni e la regina Letizia incerta sul dove posizionarsi.
Referendum chi?
Giovedì è il giorno in cui la Cassazione riconosce la validità della richiesta di referendum presentata dai partiti di opposizione con l’obiettivo di abrogare la discussa legge sull’autonomia differenziata, cioè quel provvedimento che per mesi ha spaccato la maggioranza con FdI e FI poco convinti e una Lega in estasi.
Lo staff di Meloni ci tiene a comunicare di un’altra conversazione telefonica, quella con il primo ministro canadese Justin Trudeau con cui, si legge, «ha formulato i propri auguri di buon lavoro in vista del passaggio di consegne previsto a fine anno tra Italia e Canada alla guida del G7».
Due leader che non si sono mai veramente amati, resta alle cronache lo scontro consumatosi nel corso del bilaterale che si è tenuto nel 2023 a Hiroshima proprio prima dell’avvio dei lavori del G7 con un Trudeau «preoccupato da alcune» delle posizioni «che l’Italia sta assumendo in merito ai diritti Lgbt» e una Meloni visibilmente infastidita.
Nella stessa giornata trapela la notizia che il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, a processo per rivelazione di segreto d’ufficio a Giovanni Donzelli, è stato condannato in passato. «Ma il reato è estinto», ci tiene a precisare. L’ennesima ombra sull’ex avvocato della premier, soprannominato “Satanello” nei corridoi di Montecitorio, cresciuto insieme a Meloni in compagnia della generazione di Atreju.
Un qualcosa che passa sui volti dei dirigenti meloniani presenti alla festa del partito in corso Circo Massimo, un leggerissimo fastidio, un velo di velluto scuro che si scosta con la mano. O con un click. Lo staff di Meloni sui social scrive un ringraziamento all’amico «Donald J. Trump per le belle parole», postando il video di Class Cnbc in cui il presidente eletto degli Usa, rispondendo a una domanda, definisce la premier italiana «una leader e una persona fantastica».
Quello che conta è quello che va in scena: i selfie, le strette di mano. Azioni che diventano governo, specie in assenza del medesimo. Oggi Milei farà tappa da Atreju tra renne, presepi viventi e canti natalizi.
© Riproduzione riservata