Come anticipato da Domani il 6 ottobre, arriva il rapporto della commissione razzismo e intolleranze del Consiglio di Europa e l’Italia è sotto accusa. Bisogna leggere bene il Report dell’Ecri (European Commission against Racism and Intolerance), stilato dopo una ricerca sul campo durata un anno. Decifrarlo e non lasciarsi distrarre dai post della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, indignata per l’accusa dell’Europa di profilazione etnica da parte delle nostre forze dell’ordine.

C’è molto di più dentro le quarantotto pagine fitte di dettagli e note a margine. Gli osservatori denunciano l’inadempienza del nostro Paese non solo per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, ma soprattutto l’inefficienza dell’organismo che dovrebbe farne da garante: l’Unar, l’ufficio antidiscriminazioni interno al Dipartimento pari opportunità della presidenza del Consiglio. Direttore Mattia Peradotto, ex FutureDem, ex tesoriere di Italia Viva, ex segretario particolare della ministra per le Pari opportunità e la famiglia del governo Renzi cioè Elena Bonetti.

Silenzioso e attento a non disturbare il governo, il Dipartimento è oggi nei fatti in mano a Eugenia Roccella, la ministra che nel 2017 insieme a Giorgia Meloni dell’Unar ne chiedeva la chiusura dopo lo scandalo mediatico suscitato da un’inchiesta de “Le Iene” (su cui anche la Corte dei conti fece approfondimenti, poi finiti nel nulla) nei confronti dell’allora direttore Francesco Spano, oggi alle cronache per essere stato scelto dal ministro della Cultura, Alessandro Giuli come capo di gabinetto.

Chiudere l’Unar, come chiedevano Meloni e Roccella, non si può. Ma è stato possibile silenziarlo. Un bavaglio ben visibile su ogni campo di contrasto alle discriminazioni. Per quanto riguarda l’omotransfobia la strategia Lgbt a scadenza (2021-2025) prevede buone pratiche su lavoro e welfare, salute, sicurezza, carceri, educazione, formazione, sport, cultura la comunicazione ma non è mai stata approvata come decreto ministeriale.

Non finalizzare piani e strategie ha conseguenza nella vita reale delle persone. Meloni ha definito “ingiurie” le pagine dedicate all'intolleranza verso i migranti all'interno delle Forze dell'ordine. Ma che ci siano episodi di profilazione etnica è dato confermato anche da un rapporto Onu di quest’anno. Problema presente in tutte le linee guida Ue per i piani nazionali da affrontare insieme alle forze dell'ordine. Lo si può leggere nel progetto di scrittura del Piano d'azione contro razzismo, xenofobia e intolleranza, riposto con cura nel cassetto dal governo. L’impotenza dell’Unar è riconoscibile come si legge nel report «in un discorso d’odio, anche da parte di politici di alto livello resta spesso incontrastato». Paralisi anche sul progetto Fami, il “Fondo asilo migrazione e integrazione”, in parte italiano in parte europeo sulle persone immigrate che consente di finanziare corsi lingue, accoglienza e integrazione.

L’Unar, riconosce il report della Commissione europea, raccoglie tuttavia gli episodi di discriminazione. Ma bisogna chiedersi in che modo: attraverso un monitoraggio dei media che non sempre rispecchiano il fenomeno. Un documento impietoso per l’Italia che va in direzione contraria del resto d’Europa: «Lo status dell’Unar è incompatibile con il requisito di indipendenza normalmente richiesto per un organismo di parità», si legge. «In Italia programmi scolastici non fanno ancora riferimenti diretti alla promozione dell'uguaglianza Lgbti e all'insegnamento dell'identità di genere e dell'orientamento sessuale». Anzi, il governo si è impegnato, grazie alla recente risoluzione firmata dal leghista Sasso, a ostacolare questi insegnamenti bollati come “gender”. Non solo, la Commissione si dice preoccupata per «le osservazioni fatte in un libro pubblicato nel 2023 da un generale delle forze armate italiane». Il generale Roberto Vannaccianche sulla scorta del successo di quel libro è stato eletto all’Europarlamento.

L’invito dell’Ecri è quello di rafforzare il percorso dell'Ufficio nazionale antidiscriminazione per renderlo un organismo indipendente. Non è il primo richiamo che arriva dall’Europa. Sul nostro paese pendono anche due direttive da attuare entro due anni: la 1499 del 7 maggio 2024 e la 1500 del 14 maggio che chiedono oltre l’indipendenza dal potere del governo anche un impegno contro discriminazioni in campo a 360 gradi.

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