Pro-vita & Famiglia ha chiesto rassicurazioni e il governo le ha concesse. È un imbarazzato Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, a specificare mercoledì durante il question time alla Camera che «i 500mila euro stanziati dalla legge di bilancio per promuovere corsi di educazione sessuale ed affettiva, saranno invece utilizzati per formare gli insegnanti delle scuole medie e superiori sui temi della prevenzione delle infertilità».

Appena mezzo milione che sarebbe dovuto andare sul Fondo pari opportunità con la finalità specifica di finanziare iniziative di educazione sessuo-affettiva nelle scuole grazie a un emendamento di Riccardo Magi, segretario di Più Europa.

«È una brutta forzatura», spiega a Domani il deputato Magi. «Una lesione della volontà del parlamento. Quell’emendamento era passato nella legge di bilancio con quella dicitura e con quella finalità. C’è una forzatura forte anche nel metodo oltre che merito».

Dietro il dirottamento dei fondi si cela la sigla di Pro-Vita & Famiglia, l’onlus anti-scelta di riferimento del Governo Meloni. Un lavorio di lobby portato avanti con costanza dal 20 dicembre: newsletter, petizioni, mail a deputati, senatori e membri del governo. «Fuori le mutande dai nostri figli», lo slogan di Pro-Vita mentre il portavoce del Family Day, che ricopre anche il ruolo di consulente del Governo, Massimo Gandolfini ha espresso «sconcerto» per l’emendamento Magi: «Diciamo no a colonizzazioni ideologiche nelle scuole».

«Hanno ceduto ai movimenti integralisti cattolici», sintetizza il segretario di Più Europa. «Una mossa che annulla l’esistenza di un approccio liberale sul centro-destra su temi come le libertà individuali e sessuali». Le concessioni ai gruppi anti-diritti iniziano a essere sempre più visibili e rumorose. Tra le più recenti il caso di Francesco Spano costretto alle dimissioni da Capo di Gabinetto del ministero della Cultura, l’ispezione avviata dalla ministra dell’Università Anna Maria Bernini sul corso di «Teorie di genere e queer» che si tiene all’Università di Sassari e sul «Laboratorio per bambin* trans e gender creative» di Roma Tre.

Le parole di Ciriani hanno rassicurato subito la Lega che teme le inesistenti “teorie gender” nelle scuole, mentre il Pd trova: «Sconcertante la “fissazione sessuofobica di certa destra”, non solo indegna per il metodo, ma irresponsabile nei confronti della lotta ai femminicidi e alla violenza contro le donne». Così l'Italia resta tra i pochi Paesi in Europa dove l'educazione sessuale non è obbligatoria in compagnia di Bulgaria, Lituania, Polonia, Romania e Ungheria.

Fuori dal palazzo le associazioni osservano con sconcerto: «Un parlamento in preda ai Pro-Vita», commenta Monica Pasquino, presidente della rete nazionale “Educare alle differenze”, un progetto che da dieci anni connette le tante realtà associative impegnate nei progetti di educazione sessuale e affettiva nelle scuole di ogni ordine e grado. «Non abbiamo mai conosciuto in dieci anni di “Educare alle differenze” un insegnante che ci ha mai detto: il problema dei ragazzi è come prevenire l’infertilità. Tutto questo è davvero ridicolo». 

Come sarà impegnato questo fondo di mezzo milione sul tema dell’infertilità tra ragazzi resta ancora il nodo da sciogliere. Una risposta opaca pronunciata con un eloquio incerto è arrivata dal ministro di Fratelli d’Italia Ciriani: «Il governo impiegherà tali risorse per fornire moduli formativi, rivolti agli insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, per aggiornare sui contenuti per interventi educativi e corsi di informazione e prevenzione, prioritariamente riguardo alle tematiche della fertilità maschile e femminile, con particolare riferimento all'ambito della prevenzione dell'infertilità». 

«Non hanno idea. Questa situazione è la dimostrazione di quanto anche i ministri e le ministre abbiano bisogno di formazione e di spazi di riflessione su questi temi», commenta Elisa Ercoli, presidente dell’associazione Differenza donna, da trent’anni al fianco delle donne vittime di violenza.

«La convenzione di Istanbul che l’Italia ha ratificato 10 anni fa e che obbliga lo Stato al suo rispetto e alla sua piena realizzazione ci indica 3 assi strategici che devono essere affrontati contemporaneamente per poter davvero avere un impatto nel contrasto alla violenza maschile contro le donne e sono: prevenzione, protezione e persecuzione. La fertilità non fa di certo parte di questi obiettivi. Rinunciare alla formazione dei docenti in materia di educazione sessuale significa non avere la consapevolezza di quanto questo ambito di competenze sia indispensabile per arrivare a una evoluzione culturale che tolga l’Italia dagli ultimi posti in Europa del Global Gender Index. E chi sostituisce questa priorità con l’infertilita, tema totalmente differente,  dimostra di non aver compreso il contenuto delle policy che dobbiamo realizzare come Paese».

Il 25 novembre, la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, politici e politiche di ogni partito, commenta la deputata del M5S Gilda Sportiello, «denunciano i femminicidi, le violenze sulle donne, salvo poi tirarsi indietro quando c’è da avviare atti di primaria importanza che servono proprio a combatterla quella violenza, come l’istituzione dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole».

E aggiunge: «È un atto da condannare assolutamente e che conferma ancora una volta che la loro cultura è una cultura patriarcale: non la lotta alle disparità salariali, non l’educazione al consenso e nemmeno il contrasto alle violenze di genere. La loro preoccupazione riguardo alle donne resta solo e soltanto la fertilità».

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