Dopo lo sparo di Capodanno erano state annunciate immediate sanzioni ma non ci sono atti ufficiali. E sui giovani fascisti dell’inchiesta di Fanpage il partito impone il silenzio
Pugno duro sì, ma solo se non appartengono alla famiglia di Fratelli d’Italia. In quel caso il partito di Giorgia Meloni diventa comprensivo e prende tempo. Così, a sette mesi dall’ormai famoso sparo di Capodanno in cui fu ferito un uomo, Emanuele Pozzolo risulta a tutti gli effetti un deputato del gruppo di FdI.
Attualmente è in regime di «sospensione», una definizione più mediatica che concreta. Il parlamentare piemontese, accusato di aver esploso il colpo a Rosazza nella notte di San Silvestro, non è stato espulso. Nonostante la vicenda che lo vede protagonista (e che per lui sia stato chiesto il rinvio a giudizio).
Sul piano pratico significa che, ora come ora, il gruppo di Fratelli d’Italia continua a ricevere i contributi della Camera corrisposti per ogni deputato iscritto. Si tratta di poche decine di migliaia di euro (per ognuno vengono elargiti circa 70mila euro annui), che impattano poco sul bilancio complessivo. Con buona pace delle parole dure pronunciate da Meloni nella conferenza stampa a inizio 2024: «Ci vuole responsabilità».
Probiviri attendisti
Il tempo è passato. Dal freddo di Capodanno si è quasi arrivati alla calura di Ferragosto. Dopo il clamore iniziale, e l’assenza di un mese da Montecitorio, l’ex sodale del sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove è tornato nei ranghi a tutti gli effetti.
Nei giorni scorsi, sui divanetti del Transatlantico, Pozzolo è stato salutato e riverito con calore e affetto dai colleghi di partito.
Certo, la questione è in mano alla commissione di garanzia di Fratelli d’Italia, i cosiddetti probiviri, tra cui il nome più noto è quello di Maria Modaffari, potente segretaria del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Da quanto si apprende, Pozzolo ha presentato le proprie controdeduzioni. «Si sta legittimamente difendendo nel processo interno e noi lasciamo totale libertà alla commissione», spiegano fonti di FdI a Domani.
Si torna al punto di partenza: il compito non sarebbe quello di accertare la verità su indizi e testimonianze, ma di compiere una semplice valutazione sulla condotta. E non c’è dubbio che quella sera Pozzolo abbia estratto l’arma in maniera impropria. Era pure la tesi espressa da Meloni a gennaio: «Chiunque detiene un’arma ha il dovere morale e legale di custodirla con responsabilità e serietà. Per questo c’è un problema per quello che è accaduto».
Silenzio sui baby fascisti
L’unica vera sanzione prevista per il parlamentare è al momento l’esclusione dalle riunioni di gruppo. «È come se fosse già espulso», è la posizione diffusa dal partito per minimizzare la vicenda. Ironia della sorte, i tempi del procedimento sembrano essere quelli tipici della giustizia ordinaria, notoriamente lenta e spesso bacchettata dai vertici di FdI, e non certo quelli di un organo di garanzia interna di un soggetto politico. Nemmeno nel partito del guardasigilli Carlo Nordio si riesce a riformare e velocizzare la macchina giudiziaria.
Una vicenda parallela, e altrettanto mediatica, riguarda i militanti di Gioventù nazionale protagonisti dell’inchiesta giornalistica di Fanpage. E dei quali, presto, potremmo non sapere più niente. La motivazione? Il rispetto della privacy. «Parliamo di persone senza ruoli istituzionali e l’iscrizione a un partito è dato sensibile, per cui non può essere resa nota nemmeno l’eventuale espulsione.
Sarebbe una violazione dei diritti», è la versione ufficiosa che viene riferita a Domani. Probabile, perciò, che non ci sarà alcuna comunicazione sulle (eventuali) sanzioni nei confronti degli autori dei saluti fascisti e degli inni hitleriani immortalati dai filmati di Fanpage.
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