La legge italiana non riconosce loro il diritto all'obiezione di coscienza e le pillole del giorno dopo non inducono all'aborto. Nonostante ciò alcune farmacie si rifiutano di venderle, approfittando della disinformazione e della paura
Bianca Monteleone, 25 anni, inizia la sua giornata lavorativa con un espresso in una mano e l’altra sulla tastiera del suo computer. Le prime email, solitamente, arrivano al mattino presto. «Buongiorno, vorrei segnalare una farmacia», scrive una ragazza.
Monteleone fa parte di un collettivo femminista che nel 2018 ha lanciato il progetto Obiezione Respinta. La piattaforma mostra una mappa delle farmacie sul territorio italiano recensite da donne che contattano anonimamente il collettivo, permettendo a chi ne ha bisogno non solo di trovare la farmacia più vicina, ma anche di non imbattersi in quelle in cui le pillole del giorno dopo non sono disponibili.
Per quanto la legge italiana non riconosca ai farmacisti il diritto all'obiezione di coscienza e le pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo non inducano all'aborto, alcune farmacie infatti si rifiutano di venderle.
Il progetto
I contraccettivi ormonali d'emergenza, noti anche come pillola del giorno dopo o pillola dei cinque giorni dopo, sono metodi contraccettivi occasionali che riducono il rischio di gravidanza dopo un rapporto sessuale non protetto. Reperibili entrambe nelle farmacie di tutto il paese, dal 2020 la pillola dei cinque giorni dopo non richiede ricetta medica né per le maggiorenni né per le minorenni, mentre la pillola del giorno dopo necessita di ricetta medica non ripetibile solo per le pazienti di età inferiore ai 18 anni.
«Non sono a conoscenza di casi in cui ci sia stata difficoltà nell’accesso alla pillola del giorno dopo», ha detto la dottoressa Maria Teresa Riccaboni, farmacista obiettrice e membro del consiglio di presidenza dell'Unione Cattolica Farmacisti Italiani (Ucfi), la più importante organizzazione di farmacisti cattolici in Italia.
Sono diverse, però, le donne che raccontano di farmacisti che non solo hanno negato di fornire la pillola in assenza di prescrizione medica, ma hanno anche assunto atteggiamenti ostili nei loro confronti.
L’obiezione in Italia
In Italia l’obiezione di coscienza in campo medico ha due problemi, ha spiegato a Domani Benedetta Liberali, professoressa associata di Diritto costituzionale presso l'Università Statale di Milano ed esperta di diritto all'aborto.
Il primo è l'obiezione quantitativa, cioè i troppi medici che, legittimamente, fanno obiezione di coscienza. Il secondo, invece, è il problema qualitativo, cioè i tentativi impropri di estendere il perimetro legale dell'obiezione di coscienza. «Per quanto riguarda i farmacisti, la risposta è molto netta: è un’obiezione del tutto illegittima», aggiunge Liberali.
Ma se numerose associazioni hanno già più volte denunciato l'alto tasso di obiettori di coscienza negli ospedali in Italia, il fenomeno dell'obiezione nelle farmacie è statisticamente invisibile.
«Anche sull'aborto non ci sono informazioni, sia perché il ministero non può rilasciare i dati sui medici obiettori per motivi di privacy, sia perché le relazioni regionali delle Ivg sono sempre molto in ritardo», dice Monteleone. «Per quanto riguarda la contraccezione d'emergenza, invece, non ci sono dati perché in teoria l'obiezione in farmacia è illegale. In realtà, le cose stanno molto diversamente», aggiunge.
Un diritto accessibile?
La legge sull'aborto in Italia, conosciuta come “194” e approvata nel 1978, garantisce il diritto all'interruzione volontaria della gravidanza e a una «procreazione cosciente e responsabile». Il fatto che la contraccezione o l'aborto siano legali, però, non garantisce il rispetto di questi diritti; sarebbe necessario assicurarne la disponibilità e l'accessibilità, secondo il diritto internazionale.
Nel caso delle pillole del giorno dopo, il diritto alla contraccezione prevederebbe quindi che una persona debba poter raggiungere fisicamente una farmacia e che questa abbia la possibilità di fornire la pillola. In alcuni casi, però, l'accessibilità fisica della pillola è più compromessa che altrove. Se, ad esempio, l'unica farmacia di un piccolo paese non vende i contraccettivi d'emergenza, l'alternativa è spostarsi al più presto in un'altra città.
Alcune regioni del sud Italia e le isole hanno, però, un'infrastruttura di trasporto pubblico poco sviluppata, con aree completamente scoperte da reti ferroviarie e autobus con frequenze di passaggio molto basse. Questo rende l’acquisto della pillola ancora più lento e aumenta lo stress emotivo di chi la cerca. Se poi si tratta di ragazze minorenni, e quindi sprovviste di patente, la ricerca della pillola in autonomia diventa praticamente impossibile.
Molte associazioni denunciano che a rendere ancora più difficile l'accesso alla contraccezione è il fatto che le persone sono generalmente poco informate sui propri diritti sessuali e riproduttivi. L'Italia è, infatti, ancora uno degli ultimi stati dell'Unione europea in cui l'educazione sessuale e affettiva non è obbligatoria nelle scuole.
«Il farmacista che ti nega la pillola potrebbe essere un obiettore o anche solo pensare di poter prendere decisioni morali sulla cliente. La donna spesso non ha alcuna arma contro questo stigma», afferma Monteleone. «Questi sono tutti gli elementi dell'abuso, giusto? Ma ci sono pochissimi elementi per la denuncia».
Denunciare non è facile
Le donne che subiscono maltrattamenti in farmacia raramente procedono per vie legali, sia per cercare di dimenticare l'esperienza negativa vissuta, sia per non esporsi su tematiche che sono ancora considerate socialmente controverse.
«Ci sono donne che sono disposte a combattere e molte altre no e che hanno il diritto di non farlo, ma la lesione che subiscono non è minore. E questo è un aspetto da tenere in conto nell’approcciare il fenomeno», dice la professoressa Liberali.
Anche quando si sporge denuncia, tuttavia, la vaghezza della normativa non aiuta nel trovare gli estremi per dimostrare il reato di omissione di soccorso e abuso d'ufficio. La legge italiana, che da un lato riconosce il diritto alla contraccezione, dall'altro invece impone alle farmacie di avere a disposizione farmaci a base di estrogeni senza specificarne il tipo. In teoria, quindi, è sufficiente avere in magazzino la pillola contraccettiva giornaliera, che è un altro prodotto ancora rispetto a quella del giorno dopo o dei cinque giorni dopo.
Solo quando la cliente ne richiede esplicitamente una di emergenza, la farmacia è obbligata per legge a ordinarla entro 24 ore, se disponibile presso i propri fornitori, come spiegato dall’Ordine dei farmacisti di Roma a Domani.
Data, però, la necessità di assumere il farmaco tempestivamente per evitare lo sviluppo di una gravidanza, da un massimo di 12 ore dopo il rapporto a rischio (pillola del giorno dopo) a 120 ore (pillola dei cinque giorni dopo), molte donne preferiscono non aspettare che la farmacia ordini il prodotto e vanno alla ricerca di chi può fornirla immediatamente. Questo permette ai farmacisti obiettori di sfuggire facilmente alla vendita della pillola.
«La nostra obiezione di coscienza è abbastanza semplice,» ha detto a Domani il dottor Giuseppe Fattori, presidente dell’Ucfi e farmacista obiettore. «Non ce l'ho e non sono obbligato a ordinarlo», aggiunge.
La narrazione
I farmacisti obiettori rivendicano l'effetto abortivo della pillola del giorno dopo e di quella dei cinque giorni dopo, nonostante sia l'Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) sia l'Ema (Agenzia Europea del Farmaco) abbiano ufficialmente confermato che i contraccettivi d'emergenza agiscono solo prima dell'ovulazione, impedendo che avvenga la fecondazione. Secondo la Commissione europea il farmaco non presenterebbe alcun rischio particolare per l’uomo, ma gli obiettori non sono d’accordo.
«L'Ema aveva sospeso la pillola del giorno dopo per elevati effetti tossici, poi è stata derubricata a farmaco senza ricetta medica per un edonismo sessuale,» dice il dottor Fattori. «Potrebbe essere paragonato alla liberalizzazione della droga, perché produce danni irreversibili se uno li adopera in continuazione, come produce danni irreversibili la cocaina», aggiunge.
L'Ucfi dal 2017 raccoglie firme sul territorio a favore del riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza per i farmacisti. Secondo la dottoressa Riccaboni, la priorità per i farmacisti è la revisione del foglietto illustrativo della pillola, nel quale andrebbe esplicitato che con quel farmaco si effettua un aborto (ma l’Aifa sostiene il contrario), oltre che una legge che riconosca ai farmacisti il diritto all'obiezione di coscienza.
Nel 2016, due parlamentari avevano presentato una proposta di legge per riconoscere la «clausola di coscienza» ai farmacisti nella vendita di farmaci per la contraccezione d'emergenza, ma il decreto non è mai passato.
In campagna elettorale, Giorgia Meloni aveva promesso che non avrebbe toccato la legge 194. Nonostante ciò, sono molti i modi in cui i diritti riproduttivi delle donne vengono intaccati: solo ad aprile, il suo partito ha presentato un emendamento che consente ai gruppi pro-vita di entrare nei consultori. L’obiezione di coscienza dei farmacisti, spesso passata sottotraccia, è un altro di questi metodi.
Secondo Monteleone, questo da un lato contribuisce a far sentire gli obiettori legittimati a commettere l'illecito, dall'altro nutre il crescente senso di colpa in chi avrebbe, invece, diritto alla contraccezione: «Quella che stiamo vivendo è l'azione combinata dei gruppi pro-vita, del Vaticano e del governo, che purtroppo, in termini di narrazione, stanno andando molto forte. Molto più forte di noi».
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