Il partito di Tajani ringalluzzito dai sondaggi e dai risultati alle regionali. I dirigenti rilanciano battaglie sulle centrali nucleari e la commissione di Bari. Alla Camera emendamenti per fermare Fitto sul piano
I sondaggi sono un balsamo per l’umore. I risultati elettorali, tra Sardegna e Abruzzo, sono stati un boost di ottimismo. Un clima festoso, quello che si respira dentro Forza Italia. Il partito non è morto dopo la scomparsa del fondatore Silvio Berlusconi. La leadership di Antonio Tajani sta funzionando, almeno per ora.
Tanto che il segretario, fresco di prima elezione dopo il congresso delle scorse settimane, ha alzato l’asticella puntando al 15 per cento in Basilicata, dove il presidente uscente, il forzista Vito Bardi, punta alla conferma. Una rinnovata sicurezza che consente al partito di sfidare l’alleato Matteo Salvini ormai fin troppo sfrontato nei suoi attacchi rivolti ai moderati. L’offerta di un posto in lista a Marco Reguzzoni, ex leghista di matrice bossiana, è solo l’ultima prova di forza nei confronti della Lega salviniana: si tratta di uno degli epurati nel passaggio dal vecchio partito alla creatura di Salvini.
Operazione sorpasso
Certo, in pubblico il ministro degli Esteri professa unità. «Io non farò mai polemiche con un nostro alleato perché i nostri elettori vogliono che ci sia armonia nel centro-destra», ha detto commentando gli attacchi di Salvini al Partito popolare europeo, di cui Forza Italia è il principale rappresentante in Italia.
Ma la presa di distanza dalla definizione di «guerrafondaio», affibbiata dal segretario della Lega al presidente francese Emmanuel Macron, è stata immediata. «Non è il mio linguaggio. Abbiamo una posizione diversa per quanto riguarda l’invio dei militari, ma c’è il trattato del Quirinale che lega l’Italia alla Francia», ha sottolineato Tajani.
Al netto delle frasi di rito, i vertici di Forza Italia scorgono la possibilità di quello che, fino a pochi mesi fa, sembrava solo un sogno: il sorpasso elettorale sulla Lega alle europee. Che porterebbe gli azzurri a essere il secondo partito della coalizione di governo.
E il nuovo slancio dei forzisti si traduce anche in atti pratici. Un esempio? Il disegno di legge firmato dal senatore Claudio Fazzone sulla riapertura delle vecchie centrali nucleari. Un’operazione tecnicamente difficile, se non impossibile, visto che le strutture sono state affidate alla Sogin per il loro smantellamento. Ma il testo ha un risvolto politico: presidiare il territorio del nucleare, ingaggiando l’ennesimo duello con la Lega.
Non è un mistero che Salvini voglia riaprire le centrali: ha auspicato addirittura che una di queste sia collocata a Milano. E i berlusconiani non vogliono lasciare il vessillo atomico nelle mani del leader leghista. Gilberto Pichetto Fratin, da ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, è in prima linea sul tema. Punta a intestarselo, sfidando proprio il collega di governo e vicepremier. Nella partita a scacchi tra alleati, si inserisce la mossa di Fazzone. Utile per fare un po’ di rumore mediatico e posizionare Forza Italia al centro della partita delle centrali nucleari.
Emendamento anti Fitto
Ma è solo la più recente manifestazione dell’iper attivismo dei berlusconiani. Agli atti c’è anche un’altra azione, orchestrata alla Camera nel corso dell’esame del decreto Pnrr quater. I due deputati di FI, Francesco Cannizzaro e Mauro D’Attis, hanno presentato un emendamento che potrebbe essere ribattezzato addirittura “anti Fitto”. L’obiettivo è quello di cancellare il potere sanzionatorio di palazzo Chigi verso gli enti in ritardo sull’aggiornamento del sistema Regis, chiamato a indicare lo stato di avanzamento dei lavori relativi al Piano.
Si tratta di uno dei capisaldi del provvedimento voluto dal ministro Raffaele Fitto, che FI vuole cancellare con un tratto di penna, insieme all’introduzione dei «poteri sostitutivi», pretesi dal ministro sui soggetti attuatori in caso di ritardi. La possibilità di approvazione della proposta è pari a zero: Fratelli d’Italia farà muro per difendere il testo del proprio ministro. Ma resta agli atti l’affondo dei forzisti, utile per la campagna elettorale. Una linea d’attacco che ha caratterizzato anche l’ipotesi di scioglimento del comune di Bari.
L’iniziativa formale è stata del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ma è stata cavalcata più di tutti dagli esponenti pugliesi di Forza Italia. In prima linea c’erano ancora D’Attis, diventato peraltro la testa d’ariete in commissione Antimafia, e soprattutto il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che ha dismesso i panni del garantista, facendo irritare la vicepresidente del Senato, Licia Ronzulli, la prima a dissociarsi dalla strategia del partito. Tanto che Sisto ha dovuto un po’ correggere la rotta: «Lo scioglimento non è nella nostra prospettiva». Lo scontro politico, invece, sì.
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