La sorella della premier, Arianna Meloni, l’ex sottosegretario, Giuseppe Valentino, il già sindaco di Roma, Gianni Alemanno e poi il volto nuovo della destra in tv: Francesco Giubilei. Ci sono nomi e cognomi della destra che conta nell’organigramma della fondazione di Alleanza Nazionale, prodiga di doni ai fascisti del terzo millennio di Acca Larentia. La fondazione gestisce un patrimonio consistente, fatto non solo di immobili e proprietà. Custodisce, infatti, la fiamma tricolore che ancora arde nel simbolo di Fratelli d’Italia.

È difficile separare il nuovo corso della fondazione dal partito di Giorgia Meloni: oltre alla dirigenza, condividono anche la sede storica, in via della Scrofa al civico 39. La fondazione è il fortino ideologico, culturale ed economico del partito.

All’interno del Cda si trovano oltre a senatori e deputati di Fdi anche esponenti politici che hanno rotto con il nuovo corso atlantista del partito come Alemanno, ex sindaco di Roma. Ma sono al fianco di figure come Italo Bocchino, grande sostenitore della premier, ex deputato finiano e oggi direttore del Secolo d’Italia. Giubilei, invece, è il direttore scientifico della fondazione, ma non compare nel board. Ognuno interprete diverso della destra post missina, legato, però, a un’appartenenza comune che ha le radici nella storia di Acca Larentia.

Il filo di Arianna

A saldare ancor di più il legame tra i vertici del partito e la fondazione è arrivata Arianna Meloni, in questi giorni alle prese con la finta indagine (la procura di Roma, come subito anticipato da Domani, ha smentito l’esistenza di un fascicolo a questo giornale) a suo carico ventilata da Il Giornale. Una indiscrezione copiosamente commentata da prime e seconde file del partito che sono scese in campo per dimostrare fedeltà e ossequio alla sorella della leader.

Nel cerchio magico di Arianna Meloni c’è Paolo Signorelli, piazzato prima come capo ufficio stampa di Enrico Michetti, il candidato a sindaco di Roma, e successivamente portavoce di Francesco Lollobrigida, suo marito . Il numero di Signorelli era nella rubrica di Fabrizio Piscitelli, il narco-ultrà ucciso il 7 agosto 2019 nel parco degli Acquedotti. La pubblicazione delle chat tra boss e giornalista, datate 2017-2018, hanno portato alle dimissioni del portavoce. Dimissioni salutate da un comunicato nel quale Lollobrigida ha ricordato che Signorelli si reca ogni domenica in chiesa.

Arianna Meloni è entrata lo scorso anno nell’organigramma della fondazione. Un cambio di guardia con il marito Lollobrigida, che le ha lasciato il posto. C’era pure fino all’anno scorso Ignazio La Russa, il presidente del Senato. Siede nella fondazione anche un’altra fedelissima della coppia, si tratta dall’avvocata calabrese Maria Modaffari, che occupa un posto chiave nel ministero di Lollobrigida: è la capo della segreteria politica oltreché presente nella commissione di garanzia del partito, dove si valutano le azioni disciplinari nei confronti di iscritti ed eletti.

In commissione di garanzia c’è un altro nome con molteplici ruoli, si tratta di Filippo Milone, presente anche nell’organigramma della fondazione, presidente della società editrice del Secolo d’Italia e consigliere della ItalImmobili Srl, la cassaforte che detiene il patrimonio immobiliare della fondazione. Grande amico di La Russa, in passato fedele collaboratore dell’imprenditore e vicerè di Milano, Salvatore Ligresti, ma anche sottosegretario nel governo di Mario Monti.

Alla nomina di Milone nel governo tecnico, le cronache ricordarono il suo passato nei burrascosi anni di Tangentopoli e una vecchia condanna per abuso d’ufficio (con successiva riabilitazione). In quei giorni arrivò lo scudo dell’amico La Russa: «Mi ha fatto vedere il suo certificato penale e non c’è scritto nulla». Nel 2010 Milone era anche finito citato in una conversazione tra due manager Finmeccanica a proposito di un contributo per la festa del Pdl.

La destra di Gramazio

Ma torniamo in via della Scrofa, lì dove c’è la sede della fondazione e di Fratelli d’Italia. Nell’ultima relazione del presidente sulla gestione, a firma dell’ex sottosegretario e avvocato Giuseppe Valentino, c’è un ampio riferimento alle attività svolte dalla fondazione: come la promozione di iniziative culturali, premi, rassegne.

Tra queste c’è anche il premio Caravella Tricolore, rinato grazie all’impegno dell’ex senatore Domenico Gramazio, pizzicato nel 2013 a cena con Massimo Carminati, il nero della banda della Magliana. L’ambita Caravella quest’anno è andata al giornale di casa, Il Secolo d’Italia, impegnato nel contrasto delle fake news, al quotidiano ‘Il Tempo’, a Bruno Vespa, a Hoara Borselli per le sue inchieste, ma anche ad un avvocato, a un saggista e, tra gli altri, a un imprenditore dello spettacolo circense.

In prima fila c’è sempre Gramazio, che ne 2021 aveva premiato l’allora leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e che da sempre sostiene l’ascesa politica della presidente del Consiglio. Proprio Gramazio è da sempre amico dei fascisti del terzo millennio di Acca Larentia, ospite di recente a eventi e dibattiti che sui social network sono stati presentati con tanto di volti e immagini oscurate.

Non solo: ma come ha scoperto Domani è nell’associazione Acca Larentia, che ha ricevuto 30mila euro per acquistare la storica e omonima sede romana. In quella sede dove campeggiano ancora ritratti del Duce e simboli del Ventennio. Gramazio resta un uomo cerniera tra i mondi istituzionali e quelli di strada. Mondi che si dicono divisi, ma che camminano a braccetto anche davanti al notaio.

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