Il numero uno del Mef elogia il Piano strutturale di bilancio, ma conferma il rallentamento della crescita nel 2024 e i tagli orizzontali. Nel governo prende quota l’ipotesi di altri slittamenti sul timing della manovra
Saldi migliori delle attese, ma messi a rischio dalla guerra e dalle tensioni geopolitiche, e un Piano strutturale di bilancio (Psb) «ambizioso» ma anche «prudente e realistico». Giancarlo Giorgetti, dopo l’annuncio dei «sacrifici per tutti», torna a fare professione di ottimismo, garantendo che l’Italia uscirà dalla procedura di deficit nel 2027.
Anche se c’è l’ammissione che «diventa più difficile raggiungere una crescita dell’1 per cento nell’anno in corso» dopo le statistiche diffuse dall’Istat. L’economia frena rispetto alle stime del governo. Un fatto acclarato e minimizzato allo stesso tempo: «I nuovi dati trimestrali non suscitano preoccupazioni per gli anni seguenti», è la sua tesi.
Come prevedibile, quindi, Giorgetti non ha fornito dettagli rispetto a quello che potrà essere il contenuto della manovra economica. Ci sono state tante indicazioni e la garanzia di trovare le coperture. Ma non si sa dove. «Ci dica da dove attendete queste entrate», ha chiesto direttamente il deputato di Alleanza verdi-sinistra, Marco Grimaldi.
Di fronte alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, insomma, il ministro dell’Economia si è limitato a riferire i numeri contenuti dal Psb, con qualche sasso nello stagno per la maggioranza: l’annuncio di una revisione dei valori catastali per chi ha beneficiato dei fondi dei bonus edilizi e una politica di indistinti «tagli significativi».
Caos in manovra
In attesa del dibattito in aula sul Psb – in cui le opposizioni presenteranno risoluzioni distinte tra loro – resta la cortina di fumo intorno alla manovra. Il viceministro all’Economia, il meloniano Maurizio Leo, presente alla Camera, ha ammesso: «Il testo? Ci stiamo lavorando».
Sul tavolo restano le richieste delle forze di maggioranza, ma non c’è ancora una road map. Leo ha nei fatti rinviato tutto a novembre: «Ci sono dati ancora da attendere», ha detto incalzato dalle domande. Un’implicita conferma che sarà elusa la scadenza del 20 ottobre per la presentazione della prima versione della manovra.
Così come il Documento programmatico di bilancio, da presentare entro il 15 ottobre, potrebbe essere un’altra scatola vuota, con qualche titolo o poco più. Al momento insomma è tutto avvolto nella nebbia, tanto che le opposizioni chiedono un atto di trasparenza da parte del governo Meloni. «Il ministro ci dia qualche numero. Il parlamento è all’oscuro di qualsiasi dato riguardante la spesa», ha attaccato il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia.
A destra ci si limita a fare un mantra di autoconvincimento. «Il testo esiste, non è un testo fantasma», ha affermato Ylenia Lucaselli, deputata di Fratelli d’Italia, garantendo che sarà reso noto prima della fine del mese. Se lo scorso anno ha visto la luce il 30 ottobre, quest’anno dovrebbe arrivare prima.
Almeno nelle promesse dei parlamentari che cozzano con le parole del viceministro Leo con l’ennesima conferma: è grande il caos sotto il cielo della legge di Bilancio. Le audizioni di lunedì sui conti pubblici non hanno rasserenato il clima.
Per la Banca d’Italia il Pil potrebbe fermarsi allo 0,8 per cento rispetto dell’1 per cento stimato dal governo, mentre per l’Ufficio parlamentare di bilancio il piano strutturale a medio termine presenta «carenze informative».
E nello specifico la presidente dell’Upb, Lilia Cavallari, ha ricordato che le fonti per le risorse «sono generiche» e «non ci sono dettagli sulla quantificazione». Non il miglior biglietto da visita per il documento che è la mappa della strategia economica.
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