«Atti di sabotaggio». Giuseppe Conte non va per il sottile e, a quattro giorni dalle elezioni in Liguria, rompe con Beppe Grillo. Il parricidio politico del Movimento 5 stelle si compie in una cerimonia officiata da Bruno Vespa, che ha raccolto lo sfogo del presidente dei Cinque stelle.

«Beppe Grillo è responsabile di una controcomunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione contrattuale», ha detto in un’intervista contenuta nel nuovo libro del giornalista, Hitler e Mussolini. L’idillio fatale che sconvolse il mondo (e il ruolo centrale dell’Italia nella nuova Europa), che uscirà il 30 ottobre. Tradotto: addio rinnovo della consulenza e addio al compenso da 300mila euro annui. Una decisione che cambia il quadro in cui si svolgerà l’assemblea costituente che il Movimento ha messo in cantiere per fine novembre e il modo in cui il partito di Conte arriva alle elezioni regionali liguri. Il divorzio era nell’aria da mesi, i continui attacchi reciproci hanno minato un rapporto nato male fin da quando l’ex avvocato del popolo ha deciso di riscrivere lo statuto del M5s, provocando le ire del fondatore e una conseguente sfida tra i due che stava per culminare in una scissione già nel 2021. Di fatto, Conte ha defenestrato definitivamente quello che è stato l’ideatore del partito che guida.

«Qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile. Umanamente – dice Conte a Vespa – sono molto colpito da come si comporta. Vedere oggi che contrasta in maniera così plateale un processo di partecipazione democratica che ci riporta agli ideali originali di Casaleggio mi ha rattristato moltissimo. Perché, al contrario di quel che scrivono i giornali, lo scontro non è personalistico (Grillo contro Conte), ma vede Grillo battersi contro la sua stessa comunità».

La narrazione dell’ex premier è sempre la stessa da quando lo scontro tra i due è deflagrato. Grillo, che ormai da anni ha perso il filo diretto che lo legava così strettamente alla sua “creatura”, secondo Conte vuole mettere la museruola alla costituente, imponendo paletti sugli argomenti da discutere e sulle modalità con cui trattare i temi proposti dagli iscritti. In un primo momento, il comico aveva raccolto la sfida, ma l’impegno economico e giudiziario che avrebbe comportato andare avanti nello scontro su partito e simbolo, nelle ultime settimane, sembrava averlo convinto a rinunciare.

Le conseguenze

Anche da Grillo non è arrivata nessuna dichiarazione. Il suo staff ha fatto sapere che il contratto è ancora in corso e che non ci sono notizie di interruzioni del rapporto. Chi si aspettava una replica al vetriolo è rimasto deluso, anche se qualcuno ipotizza che il canale per trattare con via di Campo Marzio, magari trovando un compromesso su una cifra più bassa, sia ancora aperto. Ma non è detto che, una volta esplorate tutte le vie, Grillo non dia sfogo alla sua frustrazione.

«Una volta chiuso il discorso della consulenza, che serve a Grillo per stare sereno sulle sue questioni private, ha le mani libere per sconfessare l’attività politica di Conte», dice chi conosce bene il comico. Tradotto: Grillo non può intervenire sul simbolo, che è bloccato da un complicato intreccio legale. L’unica strada per definire chi sia il proprietario è rivolgersi a un tribunale: una via che costerebbe soldi e tempo che per il momento il garante non vuole investire. Potrebbe però replicare e pungere Conte su altri aspetti. Ma la scomunica verbale non è arrivata.

Dopo la dichiarazione-bomba resta quindi l’attesa per le possibili ricadute. La prima occasione per misurare le conseguenze del divorzio sarà il voto ligure: le aspettative sul risultato M5s sono già piuttosto contenute e l’elettorato Cinque stelle da tempo è più legato a Conte che ai principi del partito. Resta giusto qualche militante della prima ora che, reciso definitivamente il cordone ombelicale con il fondatore, potrebbe rivolgersi a Nicola Morra. L’ex M5s ha fatto fin da subito della sua “purezza” etica, contrapposta alla deriva personalistica dell’ex premier, la sua bandiera per la campagna elettorale in Liguria. Sempre che a decidere il voto non sia il meteo, visto che nel weekend sono previsti forti temporali, con il rischio di far esondare i bacini già provati dalle ultime piogge.

Una condizione che, segnala chi sta seguendo la campagna elettorale, potrebbe non solo tenere i cittadini lontani dalle urne, ma scatenare una rabbia già accumulata nelle ultime settimane. Difficile anche che ci siano conseguenze immediate a Roma. I gruppi per ora tengono a specificare che i soldi di Grillo non arrivano dai fondi parlamentari. Il senatore Maurizio Gasparri (FI) ha però annunciato un esposto alla Corte dei conti per ricostruire la provenienza dei 300mila euro.

I parlamentari che hanno preso una posizione pubblica, finora, si sono schierati con l’ex premier. Ma era difficile aspettarsi altro, considerato il rapporto molto stretto che intrattengono con il presidente, mentre spesso non conoscono Grillo di persona. «Conte non ha scelto da solo, è una cosa nell’aria ma non era un segreto: basta vedere quello che è stato il contributo alla comunicazione» dice per esempio il vicepresidente Riccardo Ricciardi.

«Penso che chi è garante di principi e valori non dovrebbe avere un contratto con un compenso così alto», aggiunge Vittoria Baldino, mentre Francesco Silvestri arriva a dire che «Grillo, al termine del suo contratto, non lavorerà più con il Movimento 5 stelle». Insomma, poca nostalgia per il fondatore prossimo all’addio. Ma la situazione potrebbe cambiare se i parlamentari non riusciranno a ottenere ciò che chiedono nella costituente alle porte. Prima fra tutti, l’abolizione del vincolo dei due mandati.

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