In una lettera al Giornale la presidente di Fininvest, primogenita di Berlusconi, critica i magistrati che indagano sulle stragi mafiose del ’93: «Sono gli assurdi teoremi di certi pm intoccabili». Il plauso di forzisti e Italia viva: «Marina ha ragione, va riformata la giustizia»
«Caro direttore, ma la guerra dei trent’anni non doveva finire con Silvio Berlusconi? Come si può credere che abbia ordinato a Cosa nostra di agevolare la sua discesa in campo?». Inizia così la lettera di Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e primogenita del Cavaliere, pubblicata lunedì dal Giornale. «Papà viene perseguitato anche dopo la morte: sono gli assurdi teoremi di certi pm intoccabili», scrive la figlia prediletta di Berlusconi.
Nella lettera, Marina attacca i magistrati fiorentini che stanno indagando sui mandanti delle stragi mafiose del 1993, ipotizzando che tra loro ci fosse Berlusconi: «Ha aspettato giusto un mese dalla sua scomparsa, la procura di Firenze, per riprendere imperterrita la caccia, con l’accusa più delirante, quella di mafiosità. Mentre nel paese il conflitto tra magistratura e politica è più vivo e violento che mai».
Secondo la numero uno di Fininvest «siamo incastrati in un gioco assurdo, che ci costringe a un eterno ritorno alla casella di partenza. Sento la necessità di portare una testimonianza, e una denuncia, innanzitutto come figlia: la persecuzione di cui mio padre è stato vittima, e che non ha il pudore di fermarsi nemmeno davanti alla sua scomparsa».
Il messaggio arriva dopo l’elezione di Antonio Tajani a segretario di Forza Italia, ma suona soprattutto come una difesa dell’azienda e della memoria del padre: «I conti della Fininvest sono stati passati al setaccio senza risultato: ci sono ancora pm e giornalisti che insistono nella tesi secondo cui Silvio Berlusconi sarebbe il mandante delle stragi. Ma davvero qualcuno può credere che abbia ordinato morte e distruzione per agevolare la sua discesa in campo?».
© Riproduzione riservata