Il leader di Iv è riuscito a imporsi nel dibattito politico nonostante sondaggi deludenti. Dopo il corteggiamento al Pd prova a diventare l’avversario principale della premier
L’estate volge al termine nel segno di Matteo Renzi. La stagione è stata indiscutibilmente quella in cui più ha brillato il leader di Iv, che è riuscito a tornare a imporsi su scena politica e pagine di giornale. Eppure, la bella stagione non era partita bene per l’ex premier: dopo che l’ex alleato Carlo Calenda gli aveva voltato definitivamente le spalle, le europee si erano fatte una missione praticamente impossibile per Renzi. A poco è servita l’alleanza con Più Europa, che pure ha portato l’agglomerato centrista a un passo dalla soglia di sbarramento del 4 per cento (mentre anche Azione si fermava un po’ prima, ma nei pressi della stessa percentuale).
Tramontati gli ambiziosi sogni annunciati dai palchi di inizio giugno di diventare kingmaker al fianco di Emmanuel Macron, di fronte alla realtà di un gruppo liberale all’europarlamento ridotto al lumicino, Renzi si è dovuto rivolgere altrove. Anche perché la scommessa di drenare l’elettorato di Forza Italia si è schiantata contro la tenuta degli azzurri.
L’occasione per un riposizionamento arriva con la partita del cuore a luglio. Durante la sagra delle simpatie che scavalcano le appartenenze politiche (e delle basi per i meme delle settimane successive), in un’operazione di comunicazione non banale l’ex premier si fa immortalare abbracciato a Elly Schlein dopo averle servito l’assist per un goal (annullato dal fuorigioco).
Lo scatto diventa rappresentazione plastica del rientro di Renzi nel centrosinistra. E non per modo di dire: Italia viva abbraccia con grande entusiasmo le ultime iniziative del campo largo, dal referendum contro l’autonomia differenziata – nonostante raccogliere le firme significhi agevolare anche la consultazione contro il jobs act – alla campagna collettiva a favore dello ius scholae. Questo nei fatti.
A parole – con cui, malignano da sinistra, Renzi è stato sempre molto più bravo che nel mettere poi a terra le sue promesse – invece l’ex premier non ha perso occasione di comunicare la sua svolta sui giornali e in tv, con una serie apparentemente infinita di interviste e enews. Per non farsi mancare niente ne concede anche una che verte sul suo rapporto con Joe Biden ai tempi in cui era il vicepresidente di Barack Obama, con qualche retroscena dal gusto fin troppo amarcord sulle conversazioni private con l’ex presidente americano.
Il campo largo
Di pari passo avanza la metamorfosi del gruppo parlamentare, improvvisamente di nuovo amichevole nei confronti degli ex compagni di partito dem. In particolar modo i riformisti, nella prima parte dell’anno più spesso oggetto di inviti a traslocare in Iv che fonte di saggezza a cui abbeverarsi. Un allineamento con il Pd su certi temi per più di qualcuno è stato vissuto come un rassicurante ritorno a casa.
Non per tutti, però: il riavvicinamento al campo largo è costato a Renzi la “benevolenza” di una piccola ma battagliera minoranza interna al partito guidata da Luigi Marattin. Chiedono il congresso e non vogliono tornare a sinistra, per esplorare altri modi di essere centro. Ma di fronte a un appuntamento – l’assemblea nazionale del 28 settembre – già destinato a essere, dal punto di vista dei ribelli, soltanto occasione per acclamare la linea politica decisa dal leader, la strada è decisa.
Per cambiare così radicalmente linea politica non basta un’intervista del leader, è il ragionamento: «Perché a funzionare così sono le proprietà private, non le comunità politiche» dice chi non approva la svolta estiva di Renzi. Ancor meno piacerà alla minoranza interna il compromesso verso cui stanno convergendo nelle trattative sulle prossime regionali le opposizioni, disposte ad accogliere Renzi e i suoi soltanto in liste-contenitore civiche di orientamento centrista in cui piazzare qualche esponente di ciascuna delle realtà di centro in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria. Difficile, osservano fonti dem, che l’ex premier abbia qualcosa da ridire sulla mancata valorizzazione di Iv nello schema delle liste: Genova, Perugia e Bologna valgono bene una lista senza simboli.
L’anti Meloni
Ma il salto di qualità nel suo nuovo ruolo da condottiero d’opposizione per l’ex premier arriva nella canicola agostana, con l’editoriale di Alessandro Sallusti che gli dipinge sulla schiena il bersaglio di complice di un ramo della magistratura pronto ad aprire un fascicolo su Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio. Un’escalation che arriva a valle di due interrogazioni depositate da Iv sul ruolo di Arianna nelle nomine Rai e a quelle in ambito Fs.
Di qui, con la conferma della premier, ecco la consacrazione di Renzi nel ruolo di principale avversario politico a scapito di Schlein. Un’occasione d’oro per l’ex premier, forte per altro di un alibi inattaccabile per quanto riguarda un’eventuale collaborazione con i pm, visto il suo recente passato. Tutto a svantaggio della segretaria dem, pressoché scomparsa dalle cronache politiche. Il prossimo banco di prova è la ratifica del presidente della Rai in commissione Vigilanza: senza i voti di Iv il centrodestra non ha maggioranza necessaria per eleggere Simona Agnes. Nel frattempo, dal Nazareno c’è silenzio, mentre Renzi parla fin troppo.
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