L’emendamento Costa alla Camera vieta la pubblicazione delle ordinanze di misura cautelare. Il ddl Balboni al Senato aumenta fino a 50mila euro la pena per la diffamazione a mezzo stampa
Passo dopo passo, la maggioranza di centrodestra punta a il limitare la libertà di stampa. La strada scelta è duplice e sta ottenendo anche l’appoggio di una parte dell’opposizione: da un lato comprimendo la possibilità per i giornalisti di conoscere gli atti giudiziari, dall’altra l’introduzione di sanzioni pecuniarie molto alte che fungano da deterrente alla pubblicazione di notizie scomode.
L’emendamento Costa
Il primo passaggio è stato approvato qualche giorno fa: la maggioranza, spinta soprattutto da Forza Italia, ha appoggiato l’emendamento proposto da Enrico Costa di Azione, che modifica l'articolo 114 del codice di procedura penale e vieta di pubblicare in forma «integrale o per estratto» il testo dell’ordinanza di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare, quindi fino al momento in cui inizierà il contraddittorio tra le parti. L’emendamento alla legge di delegazione europea, che modifica la normativa sulla divulgazione degli atti processuali, è passato con 160 voti favorevoli alla Camera e – una volta approvato in via definitiva – sarà un bavaglio alla possibilità per i giornalisti di conoscere gli atti del processo, anche se non più coperti da segreto perchè conosciuti anche dalle parti.
L’emendamento infatti mette nel mirino la stampa, impedendole così di informare in modo puntuale in merito ad arresti. «Un provvedimento liberticida nei confronti della libertà di stampa ma anche delle libertà individuali. E’ pericoloso infatti anche per lo stesso destinatario del provvedimento di custodia cautelare», spiega la segretaria della Federazione nazionale della stampa italiana, Alessandra Costante. In questo modo, infatti, arresti anche illegittimi rischiano di passare sotto silenzio. L’Fnsi ha convocato una giunta straordinaria per organizzare una mobilitazione della categoria e ha chiesto al presidente della repubblica Sergio Mattarella «di non firmare una legge che potrebbe essere fonte di distorsioni dei diritti».
Il ddl Balboni
Se l’emendamento Costa punta a limitare le fonti giornalistiche in materia giudiziaria, imponendo nuovi limiti alla pubblicazione degli atti, l’altro fronte su cui il governo interviene è quello economico.
Attualmente è in discussione in commissione Giustizia al Senato il ddl presentato a prima firma da Alberto Balboni di Fratelli d’Italia, presidente della commissione Affari costituzionali. Il disegno di legge riforma il reato di diffamazione a mezzo stampa e prevede l’eliminazione della pena detentiva per i giornalisti, tuttavia dietro questo elemento apparentemente positivo si nasconde quella che – se approvata – sarà una bomba a orologeria contro la stampa.
La pena, infatti, viene sostituita con una sanzione pecuniaria molto alta: da 5mila a 10 mila euro, che può lievitare anche a 50mila nel caso in cui ci sia l’attribuzione di un fatto specifico che il giornalista sa essere falso.
Quando Balboni ha presentato il ddl ha parlato di pene congrue con il danno subito dalla parte offesa: «Per un caso lieve si attesterebbero intorno ai 2500 euro», considerata la pena minima, la scelta di rito abbreviato e la presenza di attenuanti generiche per il giornalista. Attualmente, per la diffamazione a mezzo stampa, la multa prevista è di 250 euro.
Inoltre, per evitare la querela, viene imposta «pubblicazione gratuita e senza commento, senza risposta e senza titolo, con l’indicazione “Rettifica dell’interessato”», che può avvenire «sia su iniziativa del direttore sia su iniziativa del responsabile dell’offesa, delle rettifiche e delle smentite dei soggetti di cui sono state pubblicate» ma entro «due giorni dalla ricezione della richiesta», con le stesse caratteristiche grafiche.
Il ddl potrebbe subire qualche modifica che lo mitiga in commissione grazie all’intervento di Forza Italia, tuttavia l’obiettivo sotteso è chiaro. Multe così alte, infatti, rischiano di essere il deterrente, soprattutto per i giornalisti freelance e quindi con meno tutele, a pubblicare notizie o inchieste scomode.
Non solo, il rischio è anche che, proprio contando su questo effetto, i potenti utilizzino ancora di più lo strumento delle querele temerarie contro i giornalisti: querele infondate ma a costo zero che hanno lo scopo di intimidire i giornalisti e prosciugarne le risorse economiche. Se un freelance riceve una querela che lui ritiene infondata ma non è in grado di far fronte personalmente all’eventuale condanna e soprattutto ai costi di difesa, potrebbe ritenere di preferire la pubblicazione di una rettifica, pur di non incorrere in iter giudiziari costosi e lunghi. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha già espresso la sua «forte preoccupazione» nei confronti del ddl, definendo le sanzioni pecuniarie «una misura punitiva nei confronti dei giornalisti, in contrasto con la normativa europea e numerose sentenze della Cedu».
Tuttavia il governo, che fino ad oggi non ha lesinato querele e intimidazioni nei confronti della stampa, sembra deciso a tirare dritto. Con l’obiettivo di comprimere gli spazi di informazione indipendente, rendendo il lavoro giornalistico sempre più difficile.
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