Fu Gennaro Sangiuliano a dare il via alla virata sovranista del Tg2. Oggi la stessa dinamica si ripete sulla rete ammiraglia. Il risultato è che nel giorno dello sciopero, i notiziari non hanno avuto bisogno dei giornalisti Usigrai per andare in onda
«Oggi per noi è un 9 novembre». Nei corridoi della Rai, lunedì scorso, i dirigenti di rito meloniano erano quasi pronti a brindare. La ragione era in quella che viene descritta, con poca sobrietà, come la caduta di un nuovo muro di Berlino.
Il crollo di un altro simbolo “sovietico”, almeno negli occhi della destra Rai: l’Usigrai, il sindacato unico che per decenni ha gestito in maniera indiscussa i rapporti tra vertici e dipendenti. Per i meloniani di Viale Mazzini, la sfida è vinta e l’incantesimo è rotto: i telegiornali, nello specifico Tg1, Tg2 e RaiNews, nonostante lo sciopero proclamato, sono andati in onda. Il Tg1 addirittura con un’edizione straordinaria.
E pazienza se, secondo i dati Usigrai, il 75 per cento dei presenti ha aderito alla protesta, con picchi nella Tgr, dove ha scioperato oltre l’85 per cento dei giornalisti. Per viale Mazzini, che fa il conto sul totale dei cronisti, anche quelli in ferie e di riposo, l’adesione scende al 56 per cento. In cima alla lista, in termini di efficienza, il Tg1, dove sono risultati in sciopero solo il 30 per cento dei giornalisti, e il Tg2, dove hanno incrociato le braccia il 39 per cento del totale.
In azienda non hanno potuto che apprezzare coloro che si sono contromobilitati. Ovviamente quelli con la tessera Unirai – gli oltre trecento che hanno aderito alla nuova associazione incoraggiata da una parte della governance e messa in piedi dai giornalisti di destra – ma anche un’ampia zona grigia: per viale Mazzini, giornalisti che in passato si sono fatti trascinare dal mainstream e ora possono scegliere di non aderire alle proposte di Usigrai. Per il sindacato, al contrario, si tratta di colleghi intimoriti dalle possibili ripercussioni a cui potrebbero andare incontro manifestando contro l’azienda.
Aggirare lo sciopero
Andare in onda lunedì era cruciale, non tanto per soddisfare richieste politiche esplicite. In un contesto in cui è fondamentale per l’amministratore delegato uscente, Roberto Sergio, e per quello designato, Giampaolo Rossi, dimostrare di avere il controllo dell’azienda, era necessario portare a casa uno scalpo, nello specifico le due edizioni dell’ora di pranzo.
E allora, la macchina di viale Mazzini si è messa in moto di pari passo con l’associazione dei giornalisti di destra. Obiettivo: sfatare i dubbi di Gian Marco Chiocci e Antonio Preziosi.
Pur determinati a essere più realisti del re nella gestione dello sciopero, alla fine della scorsa settimana entrambi erano usciti scettici da un incontro con l’ufficio legale che li aveva messi in guardia sui possibili rischi in termini di comportamento antisindacale.
A togliere ogni possibile alibi è arrivata però, venerdì, la nota di Unirai che, a valle di un’assemblea, assicurava la presenza dei giornalisti iscritti, tatticamente organizzata in modo da mettere a disposizione il maggior numero di colleghi possibile anche con cambi turno.
Un vero regalo per i due direttori, disposti ad andare in onda anche con telegiornali monchi. La gran parte delle edizioni si reggeva sui contributi dei corrispondenti – quasi nessuno di loro, a parte Giovan Battista Brunori a Gerusalemme e Claudio Pagliara, apertamente schierato con Unirai – ed è andata in onda addirittura senza il contributo di interi settori della redazione. Al Tg2, per dire, era assente tutta la redazione della cronaca e quella dell’economia.
Il vero colpaccio l’ha però portato a casa Chiocci, che è riuscito a mandare in onda anche un’edizione serale di durata quasi pari a quella normale, ma soprattutto ha potuto cogliere al volo la notizia della morte di cinque operai per organizzare una straordinaria a metà pomeriggio.
Poco importa se il fatto di non averla comunicata per tempo al comitato di redazione rischia di costargli un procedimento in base all’articolo 28 dello statuto dei lavoratori, quello che riguarda il comportamento antisindacale. La presenza di una cronista Unirai della testata regionale in Sicilia gli ha permesso di aggirare lo sciopero, tanto basta.
Per conoscere l’opinione dei vertici sulla mobilitazione bastava ascoltare le parole di Rossi durante la recente audizione in commissione di Vigilanza. «Il dibattito ha assunto toni estremamente gravi e accesi, con termini come “crumiri” che riportano agli an ni Settanta» ha detto il dg, che poi ha citato le aggressioni verbali subite dalle giornaliste dei tg andati in onda.
Infiltrare le gerarchie
Dopo aver svuotato sistematicamente il palinsesto di Rai 3, unica rete d’opposizione rimasta al servizio pubblico, i dirigenti di rito meloniano si sono dedicati al secondo passo dell’occupazione. La vera forza di Telemeloni è nelle gerarchie dell’informazione, ormai permeate saldamente da chi è convinto sostenitore o quantomeno disponibile ad assecondare le indicazioni di direttori d’area.
Ma si tratta di processi cominciati molto prima del 2022: a fare scuola è stato il Tg2 di Gennaro Sangiuliano. Nel 2018 ha preso il timone del notiziario e ha iniziato a stilare il manuale del perfetto telegiornale sovranista.
Molti anni prima della creazione di Unirai, l’attuale ministro della Cultura ha avuto l’intuizione di permeare la redazione con una rappresentanza sindacale di destra. Gli aderenti a Pluralismo e libertà, che aveva tra i promotori le stesse figure che l’anno scorso hanno messo in piedi il sindacato guidato oggi da Francesco Palese, hanno poco a poco colonizzato la redazione del Tg2, sostituendo altri colleghi che si sentivano meno a proprio agio in un contesto che scivolava progressivamente a destra.
L’operazione della destra su quello che era stato a lungo un notiziario di orientamento socialista è continuata anche quando Sangiuliano è stato nominato ministro dopo aver calcato i palchi di Fratelli d’Italia, lasciando la direzione a Nicola Rao, e continua oggi con Preziosi.
Il direttore, noto per aver dato ad Antonio Tajani un minutaggio finora mai visto per il segretario sulla televisione italiana, non è uomo che sbatta i pugni sul tavolo. I suoi vicedirettori, al contrario, sono conosciuti per il loro attivismo, soprattutto Elisabetta Migliorelli – quota FdI – oppure Maria Antonietta Spadorcia, gradita alla Lega, e Alessandra Forte.
Agire sui servizi
Non sono infrequenti i tentativi di raccontare i fatti da una prospettiva di governo, non per forza stravolgendo le notizie, ma piegandole nel modo giusto, come ha spiegato Federica Bambagioni della redazione Società alla conferenza stampa dell’Usigrai lunedì scorso.
Basta qualcuno che tenga d’occhio la produzione: lo stesso ruolo che al Gr ha la vicedirettrice gradita a FdI Simona Grossi o che ha per i programmi radio Giuseppe Malara, cresciuto nel Tg2 di Sangiuliano.
Anche lui è diventato un volto di Unirai, tanto da pubblicare nel giorno dello sciopero una foto di sé stesso con in mano una lavagnetta con la scritta «oggi è un giorno nuovo». Assieme a lui alla corte di Sangiuliano a tenere le redini del giornale era Giovanni Alibrandi, oggi vicedirettore di Paolo Corsini agli Approfondimenti e protagonista del caso Scurati.
Alla stessa maniera si può intervenire sui titoli, com’è accaduto a RaiNews nel racconto dell’arresto del presidente della Liguria Giovanni Toti: il sito della rete in quelle ore titolava: «Arresti Toti: “Siamo tranquillissimi”. L’accusa: “Corruzione e atti contrari ai doveri d’ufficio”».
Lì, a coordinare il sito c’è Francesca Oliva, che per una vita ha lavorato insieme a Rossi in persona. Dei fatti, insomma, si possono dare letture diverse: basta guardare il notiziario dell’all news del mercoledì sera, quando si è deciso di affidare il servizio sull’audizione in commissione Vigilanza di amministratore delegato e direttore generale, a proposito dello sciopero del 6 maggio, al segretario di Unirai Palese.
«Autonomia editoriale» dice l’azienda. Sono però scelte che nel caso del Tg2 producono una testata strabica, sbilanciata a seconda dell’edizione (e dei vicedirettori che la firmano) su temi diversi.
Al contrario del Tg1, dove Chiocci, amico storico di Meloni, è noto per non lasciare al caso nessun dettaglio. Per esempio, l’organizzazione del tg il giorno dello sciopero: all’alba, la vicedirettrice Maria Rita Grieco (area FI) è stata sostituita da Francesco Primozich, storico uomo macchina del notiziario in quota Lega, per altro iscritto a Usigrai.
Che poi è rimasto in servizio tutto il giorno per firmare anche l’edizione delle 20, senza preoccuparsi delle conseguenze a livello di diritto sindacale. Ma quel giorno, nulla poteva essere lasciato al caso.
Per FdI era ovviamente in servizio Incoronata Boccia, dirigente Unirai assurta all’onore delle cronache per le sue posizioni antiabortiste, mentre erano di riposo o in ferie i vicedirettori più vicini ai partiti d’opposizione come Senio Bonini, Elisa Anzaldo e Costanza Crescimbeni. Al Tg2 il vicedirettore considerato vicino al Pd, Marco D’Amore, non solo era in servizio, ma ha addirittura firmato l’edizione (ridotta) delle 20.30. L’informazione del servizio pubblico non ha più segreti per i Fratelli.
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