La commissione Vigilanza Rai è congelata. A seconda di chi si interpella, un successo della sinistra o della destra, una partita giocata male dai Cinque stelle o da Forza Italia. Insomma, a ciascuno la sua versione. Restano i fatti: un doppio Aventino di maggioranza e opposizione che blocca i lavori parlamentari, ma anche quelli del cda e quindi dell’azienda (appena rimasta orfana di Mario Orfeo, garanzia di identità e ascolti al Tg3), e addirittura il dibattito allargato anche a intellettuali e società civile sul futuro del servizio pubblico. 

Dopo che l'ufficio di presidenza di martedì è finito in un nulla di fatto, la presidente Cinque stelle Barbara Floridia ha cercato di arrivare a fissare una data per il voto sulla presidente designata Simona Agnes convocando una riunione plenaria della commissione: peccato che la maggioranza abbia deciso di disertarla. Floridia, di conseguenza, ha deciso di convocare lei stessa per venerdì 11 ottobre la votazione, in modo da rispettare la scadenza prevista dal regolamento di commissione, che prevede un periodo di massimo dieci giorni tra l’invio della lettera di designazione da parte del cda di viale Mazzini e il voto sull’eventuale presidente.

Le opposizioni avevano già annunciato di non voler partecipare al voto su Agnes, ma con un colpo di scena adesso anche la maggioranza ha promesso di non partecipare a nessuna convocazione finché non ci sarà la certezza che la consigliera di area azzurra sarà eletta presidente. 

Muro contro muro

I voti, per il momento, continuano a mancare: per evitare che il fallimento di Agnes si concretizzi, la maggioranza continuerà dunque a far mancare il numero legale venerdì e anche nelle convocazioni a venire, se necessario. «Non avendo i numeri, la destra vorrebbe adesso aprire il mercato dei voti: diciamo no a Rai Suq» dice il capogruppo democratico Stefano Graziano. La maggioranza è passata «dall'Aventino a metodi degni di Colle Oppio. Mai prima d'ora si era infatti assistito a una simile mancanza di responsabilità».

Per le opposizioni, la destra non ha rispettato il ruolo di garanzia che la legge attribuisce alla commissione: «Non si può confondere una legittima azione politica dell'opposizione, che assolve al proprio ruolo decidendo di non prendere parte a una votazione per ottenere un risultato politico, con l'azione di sabotaggio della maggioranza che, facendo mancare il numero legale, impedisce alla Commissione di procedere con i lavori programmati», sostiene il collega grillino Dario Carotenuto. 

Diversi piani

Da qui in poi sarà una sfida di logoramento. Forza Italia per ora non ha intenzione di mollare la sua candidata ed è riuscita a guadagnare alla sua causa Fratelli d’Italia, da cui nessuno si aspettava l’attivismo che i meloniani hanno messo in campo finora. Decisamente più freddi i leghisti, che hanno partecipato all’Aventino, ma non si sforzeranno particolarmente per accelerare la sostituzione di Antonio Marano, consigliere d’area e presidente pro tempore. Resta da vedere se Fratelli d’Italia continuerà intrepida nel sostegno di Agnes dopo aver portato a casa il suo obiettivo principe, la poltrona di ad per Giampaolo Rossi.

Ma Forza Italia sa bene (e non perde occasione di ricordarlo agli alleati) che finché la pupilla di Gianni Letta non sarà eletta, i meloniani si scordano le nomine che sono da fare entro fine novembre e riguardano le direzioni di Tg3, Tgr, Rainews e Raisport. In effetti sono altri tempi rispetto a quando, nel 2021, Daniela Santanchè e Federico Mollicone (oggi rispettivamente ministra del Turismo e presidente della commissione Cultura) sollevavano accuse di «palese conflitto d’interesse» per Agnes, arrivando addirittura a chiedere di sospendere il Premio Agnes intitolato al padre Biagio e la trasmissione inventata dall’ex dg, Check up.

Ma mentre i partner di coalizione seguono con poca passione gli sforzi degli azzurri capitanati dal capogruppo in Vigilanza – «e chi lo sente Gasparri?» rispondono i parlamentari di maggioranza a chi evoca la possibilità di puntare su un altro nome – le opposizioni restano incredibilmente unite. Anche se c’è chi non smette di sospettare del Movimento 5 stelle: «Giocano sull’ambiguità» è la lettura che circola.

Tradotto: l’accordo di massima che finora si è concretizzato nell’apertura della maggioranza agli Stati generali e alla riforma della legge sulla governance garantendo così la partecipazione del Movimento al voto del consigliere in cda non prevedeva rassicurazioni sul voto per Agnes. Tant’è vero che i Cinque stelle continuano a sostenere che lasceranno l’aula insieme agli altri partiti quando si tratterà di votare.

A destra restano fiduciosi nel fatto che prima o poi la partita si chiuda. Ma sono anche consapevoli che per risolvere la trattativa andrà messa in un quadro più ampio, visto che l’inasprimento delle posizioni ha prodotto una stasi irrisolvibile, almeno per il momento. La maggioranza non ha infatti intenzione di riprendere il dialogo su nessuna delle priorità del centrosinistra: «I Cinque stelle l’hanno giocata nel peggiore dei modi: hanno garantito lunga vita a Marano come presidente e hanno messo a rischio la celebrazione degli Stati generali, grande ambizione di Floridia e del partito».

Resta il fatto che nel grande schema delle cose che intreccia l’inciampo della maggioranza sulla Consulta e l’ombra del giudizio del Tar il 23 ottobre con le regionali in cui il centrosinistra ambisce al tre a zero e la costituente dei Cinque stelle di fine novembre, qualcuno dovrà cedere.

Giorgia Meloni ha già involontariamente attratto l’attenzione degli osservatori sull’elezione del giudice della Corte costituzionale provocando l’Aventino delle opposizioni che l’ha impallinato. Non può permettersi un’altra palude in commissione Vigilanza. 

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