«Non è la prima volta che partecipo a occasioni come questa, di dialogo e ascolto. L’ho fatto e continuerò a farlo. Ma leggendo i giornali mi rendo conto che siamo ormai abituati ai talent show, alle nomination. Non appartiene alla mia cultura. Tutti siamo chiamati a servire in paese nel tempo e nel luogo in cui ci troviamo».

La premessa è necessaria per Ernesto Maria Ruffini, siciliano, figlio di un ministro, è il direttore dell’Agenzia delle Entrate che da qualche giorno viene indicato «dai giornali», dice lui, come il nome fin qui «coperto» del possibile federatore, o insomma di un uomo in grado di cucire il centrosinistra.

Lui, amico di Romano Prodi e di Sergio Mattarella ma è del 1969, quindi di tutt’altra generazione, fin qui ha smentito. Ma non può negare di avere a cuore «il bene comune». Che sia lui poi l’uomo della provvidenza del centrosinistra è presto per dirlo: probabile che se continuerà a circolare il suo nome, dovrà dimettersi dall’incarico di dirigente pubblico.

Cattolici democratici

Un fatto è certo, come dice dal palco Beppe Fioroni, storico ex Dc, ex Ppi e anche ex Pd: «Un’aspettativa c’è». La sala è gremita. In platea c’è una bella rimpatria di ex Dc ed ex Ppi. Ma l’intenzione non è affatto quella di mettere insieme i reduci centristi, magari delusi dal Pd.

L’idea del seminario, organizzato all’università Lumsa di Roma, a due passi dal Vaticano, è di affrontare fattivamente il tema dell’impegno politico dei cattolici democratici, dopo le Settimane sociali di Trieste del luglio scorso, in cui il presidente Mattarella, papa Francesco e il presidente della Cei, Matteo Zuppi, avevano ragionato intorno al «cuore della democrazia». Fioroni spiega a larghi gesti che «ognuno deve portare quello che ha». Lucio D’Ubaldo, ex senatore e direttore del Domani d’Italia, il quotidiano online che organizza l’evento, non ci gira intorno: «La politica ha bisogno di pensiero e di “connotazione”» ma «oggi, per effetto della radicalizzazione destra-sinistra, la cultura cattolico-democratica stenta a rispecchiarsi in una formula riduttiva». Dunque, «quale spinta può animare il mondo cattolico? Quale “salto”», la citazione è da Benigno Zaccagnini, «deve prodursi per “fare” politica, e non solo testimonianza?».

Ruffini scherza, spiega di avere un problema al menisco, poi però entra nel merito: «Sono anni che mi ostino a parlarne, ricordando le splendide parole della nostra Costituzione. Prima tra tutte la parola che riguarda tutti: uguaglianza». E ancora: «La democrazia è di tutti o non è, la democrazia è un telaio di fili con tutti i colori, non c’è una tela monocolore», serve «un impegno costante, serio, generoso, non ci sono alternative all’impegno di ogni cittadino». Perché, spiega al suo fianco padre Francesco Occhetta, gesuita molto vicino a papa Francesco, «la democrazia deve essere ben custodita».

A dimostrare che in politica «a volte bisogna fare scelte generose» arriva Stefania Proietti, sindaca di Assisi e neopresidente della regione Umbria: non voleva lasciare la sua città, confessa – lo sanno tutti, ha fieramente resistito – ma a un certo punto ha sentito «la chiamata»: non quella dal cielo, o anche, forse, certamente quella di tutto il centrosinistra riunito che la reclamava come candidata.

La “chiamata”

Chissà se più avanti succederà anche a Ruffini. Lui intanto la prende alla larga, dice che «bisogna arare il terreno, altri raccoglieranno». Fioroni, che ha lasciato il Pd perché ha capito che Elly Schlein stava facendo «un partito di sinistra» e non «di centrosinistra», gli ricorda che «è un periodo in cui è richiesto di metterci in gioco. Il primo salto è esserci. L’impegno civico non è una lista civica ma l’amore per la qualità della democrazia». Dalla platea sono in molti a sperarci.

Come Ernesto Preziosi, ex parlamentare Pd e animatore di tante reti cattoliche: «Guardando avanti, dobbiamo fare i conti con una domanda di buona politica che viene anche dall’area cattolica. È una domanda urgente, lo dimostrano i dati della disaffezione elettorale che comprende tanti cattolici praticanti».

Poi bisognerà capire quello che circola nelle teste dei leader del centrosinistra. Fin qui attenti, ma muti. Eppure quella di un’area in cammino è notizia nota a tutti. E anche il nome di Ruffini. Quest’estate è uscito un libro dal promettente titolo, Sfidare il realismo, e un più eloquente sottotitolo, Politica dei cristiani e radicalità evangelica, a cura del giornalista e scrittore Claudio Sardo, curatore anche della raccolta dei discorsi di David Sassoli e oggi collaboratore del Quirinale.

Anche in questo caso, una riflessione dopo i giorni di Trieste, un dialogo organizzato da Acli e dalla fondazione Achille Grandi; un’iniziativa che anche in questo caso non disegnava un esito direttamente politico, ma comunque un ragionamento sul presente del cattolicesimo democratico, e sul suo futuro anche immediato, da parte di molte personalità cattoliche.

Il buon samaritano

Il tema era l’impegno sociale nell’èra della radicalità di papa Francesco. Atmosfere dunque un po’ diverse dal seminario di ieri. Ma anche in quel caso fra i contributi, c’era quello di Ruffini, dedicato all’«impegno politico del buon samaritano», dove si spiega che nella parabola «è possibile trovare il seme della vocazione politica di un cristiano», ovvero «a prendersi cura del prossimo e, quindi, della comunità in cui vive», un invito non alla carità, come sosterebbe una lettura superficiale, ma «a sconvolgere l’agenda dei nostri impegni per dedicarci agli altri e farci carico della nostra comunità». Chissà se l’agenda da sconvolgere sarà anche quella sua.

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