Schlein: «Adesso basta, devono scegliere di stare dalla parte dell’Ue».Conte: «Ora dovrà scusarsi con Xi Jinping e recuperare la Via della Seta»
I dazi di Donald Trump mettono insieme le opposizioni in un coro unanime contro la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Nei partiti della minoranza è allerta massima, in sintonia con l’allarme rosso del mondo produttivo.
Per la segretaria del Pd, Elly Schlein, «è incredibile come il governo sia rimasto fermo, senza fare niente. Si sapeva da mesi che questo giorno sarebbe arrivato. Ma Meloni ha usato il condizionale fino a ieri per non urtare l’amico Donald e far arrivare l’Italia impreparata a questo disastro. Adesso basta, il governo deve svegliarsi e scegliere di stare dalla parte dell’Europa».
Per Matteo Renzi «ci siamo isolati in Europa e siamo stati puniti dagli Stati Uniti: un capolavoro. Cornuti e mazziati», per Riccardo Magi di +Europa «il ponte che voleva costruire Meloni con gli Usa si è rivelato più illusorio di quello sullo Stretto di Messina. Si coordini con l’Unione e lasci perdere eventuali fughe in avanti solitarie». Carlo Calenda chiede a palazzo Chigi di costruire «subito una task force di emergenza con imprese, banche ed esperti». E infine Giuseppe Conte si toglie un sassolino dalla scarpa rivendicando il “suo” accordo sulla Via della Seta che «era una sorta di premura che avevo preso per tutelare l’interesse del paese, adesso tornava utile». Invece, prosegue, oggi a palazzo Chigi ci sono «dei dilettanti. Adesso Meloni dovrà chiedere scusa a Xi Jinping e recuperare questa prospettiva».
Piazza a Cinque stelle
I più scatenati sono i Cinque stelle, alla vigilia della loro manifestazione, domani a Roma, l’indubitabile smacco subito dalla premier è un assist per la propaganda di piazza. Anche se in queste ore la scena della sinistra è occupata dai dubbi di Schlein, che non ha ancora «sciolto la riserva» se partecipare o no.
L’invito di Conte è arrivato, esplicito. Il presidente ha anche impartito un ordine di scuderia ai suoi: non attaccare troppo il Partito democratico sul tema del pacifismo e del «sì» al riarmo, tasto dolente per la segretaria, che fatica a tenere insieme i suoi su posizioni critiche nei confronti del piano di Ursula von der Leyen. Non apparire «divisivi». La strada per la partecipazione di Schlein è dunque spianata. Ma si tratta di quella fuori dal Pd. Sono le strade interne del Pd ad essere un po’ più scoscese.
Le voci di dentro avvertono il pericolo di una partecipazione non discussa con il gruppo dirigente, anche perché «non esiste una partecipazione a titolo personale della segretaria del partito». D’altro canto nel Pd, nell’area più vicina alla segretaria, si ragiona sul fatto che una presenza in quella manifestazione avrebbe un forte impatto mediatico, e certamente a favore della leader democratica: che dimostrerebbe di saper stare a proprio agio anche in una piazza convocata da altri.
Battere le destre
Nell’attesa della decisione, ieri Schlein si è concessa un pomeriggio di studio e di confronto convocato da Giuseppe Laterza, nella bella sede della casa editrice, a Roma. Il testo di partenza era il saggio Liberi e uguali, il «manifesto per una società giusta» del giovane filosofo Daniel Chandler, che a partire dalle idee del filosofo John Rawls ha stilato un’agenda teorica ma anche molto pratica per «reinventare la politica progressista per il XXI secolo».
Il giovane studioso, apprezzato da Thomas Piketty e da Amartya Sen, non è uno scapestrato radicaleggiante, anzi. Sostiene che «abbracciare il riformismo non significa rinunciare all’obiettivo della trasformazione sociale: col tempo, cambiamenti graduali possono portare a qualcosa di davvero rivoluzionario». E che «occorre rigettare l’idea, comune tra i radicali, che avere un programma politico di più ampio respiro sia necessariamente indice di un impegno più profondo in favore dei valori progressisti, o che i politici che caldeggiano un’agenda più graduale abbiano tradito la causa. Non ha molto senso presentarsi con un programma fortemente innovatore se questa scelta consegna il partito all’oblio elettorale».
Pane per i denti di molti presenti, dall’ex ministro Vincenzo Visco al segretario della Fiom, Michele De Palma. Nel dibattito si vola alto, e la segretaria interviene ben due volte, pronuncia i suoi classici che trovano una certa corrispondenza nel saggio. Parla di contrasto delle disuguaglianze, redistribuzione e predistribuzione, di bilancio partecipato, di assemblee cittadine pubbliche, di formazione continua, di reddito universale, fisco progressivo, di tassazione delle grandi ricchezze (che deve avere una dimensione almeno europea, aggiunge). Ma soprattutto spiega la sua idea per battere le destre.
«Forse le forze progressiste fin qui hanno puntato troppo sulla competenza. La nostra risposta deve essere concretezza della proposta ma accompagnata da una visione ideale e dei principi. Ma soprattutto non deve rincorrere le destre. Non li batteremo sul terreno in cui vogliono trascinarci, né polarizzando sul loro terreno. Dobbiamo trascinarli sul nostro terreno».
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