«La nostra critica alle scelte di Giorgia Meloni e Matteo Salvini oggi come ieri è tutta politica e non cambia di un millimetro, perché è sulla politica che li batteremo. Le sentenze si rispettano, sempre, a differenza di quanto fa la destra e la nostra dura opposizione alle loro scelte continuerà».

Quando arriva la sentenza di Palermo, Elly Schlein esce dall’aula della Camera, dove da ore si votano gli ordini del giorno sulla manovra, per incontrare i cronisti. La linea del Pd resta la stessa, lo ripetono in molti. «Per noi non cambia niente, le nostre accuse contro Salvini sono sempre state politiche», assicura Arturo Scotto. E Matteo Orfini: «La sentenza non cambia di una virgola il mio giudizio e la mia opposizione a quelle politiche indegne. Che noi abbiamo sempre contrastato sul piano politico».

Le opposizioni fanno buon viso a cattiva sorte. Provano a dare una lezione di stile democratico. «Noi le sentenze le rispettiamo e non tifiamo. La condanna a Salvini la darà la storia. Io non godo se un mio avversario va in galera o a far i lavori socialmente utili», spiega Marco Grimaldi, di Alleanza verdi sinistra.

In aula, al momento della notizia, dai banchi della maggioranza scatta l’applauso, dall’ala leghista parte il coro «Matteo, Matteo», i sottosegretari presenti nei banchi del governo saltano in piedi con l’ala destra dell’aula. È proprio Grimaldi a chiedere al presidente di turno, il forzista Giorgio Mulè, di fermare la ola di giubilo, ma riceve una rispostaccia: «Che male c’è?». Grimaldi poi spiegherà che, appunto, la sinistra non tifava per la condanna, anche se è difficile da credere.

Poi parla Giuseppe Conte, che dai giudici di Palermo era stato convocato: «I giudici sono un potere autonomo, è bene che tutte le forze di centrodestra lo tengano ben presente quando pensano di aver ragione e quando hanno un’opinione contraria. Prendiamo atto di questa sentenza, va rispettata e potrà essere commentata quando sarà depositata. Io quel che ho detto l’ho detto da testimone».

Al di là della sentenza di Palermo, è un fatto che si vanno restringendo gli spazi di azione delle opposizioni sulla materia dell’immigrazione. Giorgia Meloni, negli incontri per il Consiglio europeo, ha continuato a tentare di convincere Ursula von der Leyen e i capi di stato europei ad anticipare la normativa in materia di rimpatri.

Anche per difendere il suo protocollo d’intesa con l’Albania, in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea. Dalla parte socialista e socialdemocratica, il prevertice S&D ha votato una risoluzione «nella quale si conferma la contrarietà dei socialisti europei alle forme di esternalizzazione delle frontiere». Ma non è una vera linea alternativa. Ironia della sorte, alla Camera sono state votate le dimissioni di Enrico Letta, fino a oggi dunque deputato Pd.

Ora andrà a Madrid, da decano della IE School of Politics, Economics and Global Affairs. Nel 2013, da premier aveva voluto l’operazione Mare nostrum, una missione di salvataggio in mare dei migranti che cercavano di attraversare il canale di Sicilia dalle coste libiche. E da segretario del Pd nell’aprile del 2021 aveva incontrato il fondatore di Open Arms, Oscar Camps, e postato sui suoi social una foto in cui indossava una felpa della ong.

La Russa scatenato

La sentenza di Salvini manda in secondo piano un nuovo testacoda fra la destra di governo e le regole, stavolta quelle europee. Stamattina palazzo Madama ha ricevuto la lettera del commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty, in cui i senatori sono stati invitati ad «astenersi» dall’adottare il ddl Sicurezza, a meno di modifiche «sostanziali» che lo portino a essere «conforme agli standard del Consiglio in materia di diritti umani». Contro il ddl sabato scorso ha sfilato una manifestazione di 100mila persone a Roma. C’erano anche le opposizioni parlamentari. Che ora caricano: chiedono che il testo, già approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato, in commissione, venga ritirato, e la discussione fermata.

Ma a stretto giro arriva la dura reazione del presidente Ignazio La Russa: «Inaccettabile» la «pretesa» di O’Flaherty di trasmettere ai senatori la sua richiesta, «un’inaccettabile interferenza nelle decisioni autonome e sovrane di un’assemblea parlamentare». In effetti per il Consiglio, rivolgersi direttamente ai parlamentari è abbastanza irrituale, ma è pur vero che una quota di parlamentari italiani è eletta a rappresentare l’Italia nell’assemblea del Consiglio d’Europa. Comunque per il Pd di inaccettabile c’è l’atteggiamento di La Russa.

«È inammissibile che la destra continui a sentirsi al di sopra della legge, fuori dalle regole fondamentali della costituzione del diritto europeo e delle convenzioni internazionali» secondo Piero De Luca, e «che a fare queste dichiarazioni incendiarie sia la seconda carica dello stato è ancora più pericoloso» anche perché bisogna tener conto «anche dei richiami del commissario O’Flaherty per assicurare il rispetto degli standard del Consiglio d’Europa in materia di diritti umani. Guai a portare l’Italia fuori dal perimetro delle convenzioni e del diritto internazionale».

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