Matteo Salvini ha confermato la battaglia per abbassare a 70 euro il canone Rai e sfida il veto di Forza Italia con un emendamento. Il segretario della Cgil annuncia una lunga mobilitazione contro le misure del governo, le opposizioni all’attacco del concordato bis
Da una parte i sindacati con la chiamata alla «rivolta sociale» di Maurizio Landini, che ha scatenato le proteste della destra per un messaggio tacciato di «violenza» da molti esponenti della maggioranza. E dall’altra ci sono gli alleati di governo che affilano gli emendamenti e le proposte che renderanno tangibili le divisioni complicando il percorso della legge di Bilancio.
Una morsa a tenaglia, da sinistra a destra, si stringe sulla manovra bersagliata dalle critiche durante il ciclo di audizioni alla Camera.
Non saranno giorni semplici per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che nelle prossime settimane sarà chiamato a evitare fughe in avanti dei partiti. Per tentare di placare gli appetiti dei parlamentari, Fratelli d’Italia imporrà il tetto di due emendamenti ai propri deputati.
Salvini contro il canone Rai
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha comunque confermato la volontà di voler abbassare il canone Rai da 90 a 70 euro, a dispetto del veto posto da Forza Italia.
«Ci hanno votato per tagliare le tasse e la burocrazia», ha detto il leader della Lega, sorvolando sul fatto che nel provvedimento ci siano già vai balzelli sulla tassazione: dall’ampliamento della webtax all’aumento del prelievo sulle plusvalenze con le criptovalute, già contestato dal sottosegretario all’Economia, l’altro leghista Federico Freni. «Un danno», è stata la definizione del vice Giorgetti.
Così la Lega al Senato ha predisposto l’emendamento per tagliare il canone al decreto fiscale (il testo gemello della legge di Bilancio in cui sono anticipate varie misure), che entro la fine del mese dovrebbe essere approvato a palazzo Madama e poi essere spedito alla Camera. Se si andrà alla votazione ci sarà la spaccatura con FI, dichiaratamente ostile alla misura.
In via ufficiale è una posizione pensata per garantire risorse adeguate al servizio pubblico, ma c’è un altro versante: viale Mazzini dovrebbe innalzare il tetto pubblicitario, facendo maggiore concorrenza a Mediaset.
L’allarme ai vertici dell’azienda della famiglia Berlusconi. Il segretario di FI, Antonio Tajani, è chiamato a stoppare l’operazione. Altrimenti la sua leadership ne uscirebbe pesantemente ammaccata.
Su un punto sembra ci sia concordia nella maggioranza: la riapertura dei termini del concordato preventivo. Gli uffici governativi stanno preparando il decreto apposito.
L’emendamento presentato da Fratelli d’Italia entrerebbe in vigore fuori tempo massimo. L’idea è di riaprire la finestra per un almeno un altro mese: le possibili date di chiusura per il bis della sanatoria sono il 10 o il 15 dicembre.
L’iniziativa ha scatenato la controffensiva delle opposizioni: il Movimento 5 stelle ha presentato un emendamento per «abolire il concordato preventivo e l’osceno condono collegato», come ha sottolineato il senatore del M5s Mario Turco, mentre la vicecapogruppo del Pd alla Camera, Simona Bonafè, ha ricordato il «taglio agli enti locali di quasi 8 miliardi nei prossimi cinque anni».
La rivolta di Landini
Tra difficoltà interne, irritazioni delle opposizioni e mancanza di risorse economiche, la mobilitazione dei sindacati è pronta a partire: dallo sciopero generale in poi si aprirà una lunga fase di proteste.
«Sarebbe utile che la politica si occupasse delle condizioni di vita e di lavoro delle persone», ha detto il segretario della Cgil Landini. E ha aggiunto: «Credo che sia arrivato il momento di una vera e propria rivolta sociale perché avanti così non si può più andare avanti».
Un appello che ha provocato le reazioni della destra. «Parole da cattivo maestro», secondo il deputato di Noi Moderati, Maurizio Lupi, mentre il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha accusato il leader sindacale di «incitare a reati».
Il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, l’ha buttata sull’ironia: «All’incontro di lunedì (slittato per l’influenza della premier, ndr) poterò una calcolatrice a Meloni», facendo riferimento alla scenetta televisiva della presidente del Consiglio, in studio a Porta a Porta, sui conti fatti calcolatrice alla mano sulla sanità.
Alla fine di mille affanni c’è stato un primo traguardo: la manovra ha portato al termine il calvario delle audizioni in cui è stato contestato ogni punto del provvedimento. Anche la Conferenza dei rettori, attraverso la presidente Giovanna Iannantuoni, si è lamentata per «un ulteriore taglio quest’anno verso l’università, e penso in particolare ai 65 atenei pubblici. Vuol dire che avete deciso che il nostro paese non ha bisogno dell’università».
Dopo giorni sul banco degli imputati, il governo dovrà rilanciare l’immagine della manovra su cui pesa il giudizio di inadeguatezza affibbiato da Confindustria. E condiviso, con diverse sfumature, dai vari attori interessati. Toccherà al ministro Giorgetti, in audizione oggi alla Camera anticipata alle ore 13, provare a controbattere a tutti i rilievi mossi.
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