Le stragi neofasciste a cavallo degli anni 70 e 80 si stanno rivelando il vero punto debole del governo. Forse non poteva essere difersamente visto che sul tema la destra, al di là delle dichiarazioni di facciata, non è mai veramente cambiata. E continua, a distanza di anni, ad avere un problema enorme con la verità.

Così, se lo scorso 2 agosto la premier Giorgia Meloni non ha trovato di meglio da fare che attaccare i familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980, ieri, giornata in cui ricorrevano i 50 anni della strage neofascista sul treno Italicus, c’è chi si è spinto addirittura oltre.

Il teorema Mollicone

Il deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone, che per inciso è anche presidente della commissione Cultura di Montecitorio, intervistato dalla Stampa, ha detto che bisogna capire «se le sentenze (sulla strage di Bologna ndr) hanno rispettato le garanzie processuali» e che «si cerca di creare un teorema come è accaduto a Berlusconi per decenni facendolo diventare addirittura il referente della mafia».

Per Mollicone l’obiettivo di parte della magistratura era «quello di accreditare il teorema per cui nel Dopoguerra gli Usa, con la loggia P2, il neofascismo e perfino il Msi avrebbero, con la strategia della tensione e le stragi, condizionato la storia repubblicana».

Secondo il deputato i giudici hanno voluto riscrivere la storia della Guerra fredda per «nascondere le contiguità dell’ex Pci con l’ala brigatista eterodiretta dell’Est, e le contiguità tra il Pci, terrorismo e gli ambienti estremisti palestinesi». Un attacco gravissimo, con il meloniano che dice addirittura di avere le prove per dimostrare le sue teorie.

Al punto che, ha aggiunto, l’obiettivo del governo, oggi, è proprio quello di raggiungere «una verità storica». Per questo motivo «chiederemo al ministro Nordio, con un’interrogazione parlamentare, di verificare ciò che sto denunciando».

La lezione di Mattarella

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Parole così gravi non potevano certo passare inosservate. Non fosse altro perché, poche ore dopo l’intervista il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricordando le vittime dell’attentato al treno Italicus, non lasciava spazio a interpretazioni: «Nella catena sanguinosa della stagione stragista dell’estrema destra italiana, di cui la strage dell’Italicus è parte significativa, emerge la matrice neofascista, come sottolineato dalla sentenza della Corte di Cassazione e dalle conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia P2, pur se i procedimenti giudiziari non hanno portato alla espressa condanna di responsabili».

La bomba che il 4 agosto del 1974 ha fatto saltare in aria il treno Italicus mentre transitava presso San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna, ha ucciso 12 persone.

Ma «la società italiana e le sue istituzioni – ha aggiunto Mattarella – seppero respingere quell’attacco alla convivenza civile grazie alla forza e alla coesione dell’unità della comunità nazionale, fondata sui principi della nostra Costituzione».

Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa questa volta si è mosso nel solco del capo dello stato: «A distanza di 50 anni da questo attentato di matrice neofascista – come stabilito dalla Corte di Cassazione – rinnoviamo il nostro dolore e ci stringiamo alle famiglie delle vittime e ai sopravvissuti per una ferita che resta ancora aperta», ha scritto sui canali social. Ma poco importa perché, nel frattempo, l’attenzione di tutti era stata catalizzata da Mollicone.

Le opposizioni insorgono

Diversi esponenti del Partito democratico hanno chiesto alla premier di dissociarsi dal deputato. Primo fra tutti il presidente del partito ed europarlamentare Stefano Bonaccini secondo cui le sue parole «sono di una gravità inaudita».

«Mollicone – ha detto – ribalta la storia e sovverte i fatti, denunciando pubblicamente gli stessi atti della magistratura. Davanti a questo ennesimo tentativo di riscrivere la storia contro tutto e tutti, non spetta più a noi smentirlo, ma direttamente a Giorgia Meloni». Duro anche Nicola Fratoianni di Avs: «Uno così non può stare un minuto di più a presiedere una commissione del nostro Parlamento, figuriamoci la commissione Cultura».

Il viceministro agli Affari esteri e coordinatore nazionale di FdI, Edmondo Cirielli, ha provato a difendere Mollicone: «Non condivido le affermazioni del collega e amico Mollicone, non perché conosca i fatti per poter avere un’opinione personale ma perché l’essere stato ufficiale dei carabinieri mi ha insegnato che le sentenze passate in giudicato non si criticano, si applicano». Tuttavia, ha aggiunto, «credo sia grave che dalla sinistra si muovano richieste antidemocratiche tese a censurare, non con ragionamenti ma con minacce e pretese di sanzioni».

Sul caso è intervenuto di nuovo Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna che venerdì si era scontrato con la premier Meloni: «Non so se Mollicone parla per tutto il partito ma se sono queste le loro teorie siamo alla negazione della verità. Ci sono voluti 44 anni per avere tutto quanto chiaro e ora Mollicone riporta indietro l’orologio della storia a 44 anni fa».

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