Saltata la conferenza stampa, il secondo anniversario celebrato solo da un video della premier. La manovra alimenta malcontenti nei ministeri
I compleanni sono sempre senza torta e festoni per il governo Meloni. Per il suo secondo anniversario a palazzo Chigi, la presidente del Consiglio si è dovuta affidare a un video autocelebrativo. In linea con il dépliant diffuso lunedì sera, ma in tono minore.
La conferenza stampa convocata per martedì 22, che oltre a presentare la manovra doveva servire a festeggiare il lieto evento, è slittata. Il prossimo appuntamento propagandistico sarà la chiusura della campagna elettorale per le regionali in Liguria, venerdì, quando i leader del centrodestra, da Matteo Salvini ad Antonio Tajani fino a Maurizio Lupi, si ritroveranno al fianco della premier per l’ultimo appello a sostegno di Marco Bucci, candidato presidente del centrodestra alle elezioni di domenica e lunedì.
Pil guastafeste
Agli atti, per ora, resta la cancellazione dell’appuntamento con i giornalisti per la mancanza del testo della manovra nei tempi previsti. Anche se la spiegazione ufficiale ha tirato in ballo gli impegni, peraltro già in programma, del vicepremier Tajani.
Insomma, l’ennesima gestione avventata della comunicazione da parte dell’inner circle meloniano: è stato annunciato un incontro, rimandato in fretta e furia all’ultimo minuto, senza avere le certezze di poter presentare il provvedimento. «Non è possibile», ha detto più di qualche parlamentare – di area Forza Italia – sconsolato. Ma questo tipo di svarioni sono ormai una consuetudine.
A indossare i panni dei veri guastafeste ci hanno poi pensato il Fondo monetario internazionale e Confindustria, non proprio dei nemici della destra, rivedendo al ribasso le stime del Pil. E rovinando definitivamente i brindisi per l’anniversario.
Per il Fmi l’economia italiana dovrebbe crescere dello 0,7 per cento nell’anno in corso e dello 0,8 per cento nel prossimo. Giusto un po’ più ottimiste le previsioni degli industriali italiani: il Pil si potrebbe attestare a +0,8 per cento nel 2024 e a +0,9 per cento nel 2025.
In ogni caso c’è un calo rispetto al Documento programmatico di bilancio scritto dal ministro Giancarlo Giorgetti e bollinato dal governo, che riporta un ottimistico +1 per cento per il 2024 e addirittura +1,2 per cento nel 2025. Numeri che smontano la narrazione ottimista del governo, ma soprattutto hanno possibili ricadute sui conti pubblici.
Eppure un campanello d’allarme sta suonando da tempo: la discesa della produzione industriale è un dato che mensilmente viene rilevato dall’Istat. Ad agosto era a -3,2 per cento su base annua, a -3,3 per cento a luglio, a -2,6 a giugno. Intanto il ministro dell’Economia Giorgetti, in trance agonistica da manovra, nelle dichiarazioni se l’è presa con «gufi e corvacci» che pronosticavano un’Italia in affanno.
Compleanni complicati
Insomma, anche questo secondo compleanno non è stato sereno per il governo. Una riedizione della pseudo-festa del primo anno, passata agli annali della politica per il forfait della presidente del Consiglio al teatro Brancaccio, a Roma, scelto come punto di ritrovo per la celebrazione. Erano arrivati sostenitori da tutta Italia, con i vessilli della fiamma.
Ma in quei giorni era esploso e infuriava il caso Giambruno e la leader di Fratelli d’Italia ha scelto un video livoroso con attacchi a testa a bassa verso gli avversari immaginari e all’insegna del mantra «non sono ricattabile». Non proprio l’immagine della gioia.
Nel filmato, Meloni ha sminuzzato la realtà piegandola a proprio piacimento: «Mai così tanti posti di lavoro stabili, mai così tanti contratti a tempo indeterminato, mai così tante donne che lavorano». E ha anche sottolineato: «Abbiamo difeso il potere d’acquisto delle famiglie.
Sfortuna ha voluto che meno di una settimana fa, l’Istat ha messo in evidenza l’aumento del “lavoro povero”, quello mal retribuito e dei salari divorati dall’aumento dei prezzi. Il trend dell’occupazione aumenta, ma precipita la qualità delle retribuzioni. E suona come una beffa per milioni di lavoratori il “no” del governo al salario minimo.
Nel 2023, la crescita dell’inflazione ha avuto un maggiore impatto «proprio sulle famiglie meno abbienti (+6,5 per cento la variazione su base annua)», ha ricordato l’istituto di statistica. Così la povertà assoluta tra gli operai, e tra chi svolge lavori analoghi, è salita dal 14,7 per cento al 16,5 per cento con un incremento dei minori in povertà assoluta arrivati a un milione e 290mila ragazzi.
Insomma, Meloni ha sventolato la bandiera dell’ottimismo, seguendo il manuale della propaganda, come avviene sistematicamente per la spesa sanitaria che con la destra al potere è crollata a poco sopra il 6 per cento nel rapporto con il Prodotto interno lordo.
«Da quando Meloni siede a palazzo Chigi la spesa sanitaria sul Pil sta scendendo ai livelli di prima della pandemia come se non fosse stata un’esperienza traumatica per questo Paese e per tutte le nostre comunità», ha sottolineato la segretaria del Pd, Elly Schlein. «Oltretutto, i suoi numeri dimostrano che con lei arriveremo, nei prossimi anni, al minimo storico di spesa sanitaria degli ultimi 15 anni», ha incalzato la leader dem.
Manovra spinosa
E il clima è quello che è. La manovra economica ha creato una massiccia dose di tensioni prima di essere presentata. Ancora ieri dai ministeri hanno chiesto delucidazioni a palazzo Chigi e al ministero dell’Economia (Mef), senza ricevere risposte.
Addirittura, all’interno dello stesso Mef, c’è chi brancola nel buio in attesa della versione del testo da inviare in parlamento. «L’idea di evitare il grande caos delle bozze ha prodotto ancora più confusione», è la versione che arriva dall’inner circle di uno dei ministeri più pesanti.
L’ossessione di tenere coperti i provvedimenti ha provocato l’ennesimo effetto boomerang. Resta solo lo spin dei meloniani con le dichiarazioni ciclostilate di soddisfazione verso il loro governo.
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