Alla riunione non c’era Giorgetti, si è evitato così di discutere i numeri della manovra. Filtra un clima «interlocutorio», Lega e Forza Italia non vogliono rimanere ai margini
«Dobbiamo correre», è ormai il mantra di Giorgia Meloni. Lo ha coniato quando è andata in visita ai box della Ferrari invece che al forum Ambrosetti di Cernobbio, lo ha ripetuto alla cena con i parlamentari a Colle Oppio e c’è da scommettere che lo dirà anche durante il consiglio dei ministri di oggi.
Ormai a ferie del tutto dimenticate, il governo si trova ad affrontare una serie di questioni: alcune immediate, come la necessità di rispondere alle violenze di Caivano, altre di medio periodo ed è il caso della legge di Bilancio.
Il vertice
La Finanziaria «sarà un campo di battaglia», commentano ambienti ministeriali: tutti i principali dicasteri, infatti, sono alle prese non solo con la spending review chiesta da Meloni nel passato cdm, ma soprattutto alla ricerca di pezze d’appoggio, buone ragioni ed evidenze numeriche per cui non si possa tagliare loro risorse e anzi ne vadano trovate di aggiuntive. Nulla di nuovo: è il dramma di ogni finanziaria e di questa in particolare, visto che le risorse a disposizione sono pochissime e l’asse tra il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e la premier punta a tenere ben stretti i cordoni della borsa.
Per conoscere le cifre bisognerà aspettare la nota di aggiornamento al Def che arriverà a fine settembre, ma intanto Meloni intende tentare di sminare il terreno con una serie di incontri preliminari. Il primo si è svolto ieri nel tardo pomeriggio a palazzo Chigi, con seduti al tavolo i suoi due fedeli sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani e i capigruppo in parlamento insieme al ministro per i Rapporti col parlamento, Luca Ciriani.
Il punto di partenza è stata l’attività parlamentare dei prossimi mesi con la calendarizzazione di riforme che palazzo Chigi considera chiave come quella del premierato, a cui dovrà fare da contraltare la prosecuzione del decreto Autonomie. La riforma costituzionale, pallino di Meloni, avrà bisogno di qualche settimana ancora di gestazione e le trattative per limarla sono ancora in corso. Visti gli inciampi dei mesi scorsi – con la maggioranza sotto alla Camera proprio sull’approvazione del Def – l’obiettivo generale di Meloni è stato però quello di trasmettere che passi falsi non saranno più tollerabili.
Pochissimi i punti fermi sulla finanziaria invece. Anzi solo uno: il mini taglio del cuneo fiscale su cui tutti concordano ma che con tutta probabilità si sentirà ben poco a livello di impatto. Accordo di massima anche sugli investimenti per le famiglie, ma ancora non ci sarebbero le iniziative concrete a cui des tinarli. Su tutto il resto è scontro. O meglio «seria interlocuzione», è filtrato dalla riunione , ma senza entrare nel merito delle cifre . Impossibile farlo senza Giorgetti, tatticamente non convocato all’incontro, per ora l’obiettivo è smussare gli angoli politici.
Tuttavia, il dossier finanziaria rimane il centro delle tensioni, in particolare sulla questione pensioni che vede contrapposte la Lega, che chiede Quota41, e Forza Italia che vuole invece l’aumento delle minime. La Lega, inoltre, negli ultimi giorni è tornata a ipotizzare anche un bonus benzina.
Nonostante sia Meloni che Giorgetti mettano le mani avanti da settimane, ogni ministero punterà ad un tesoretto. Primo tra tutti lo stesso Salvini, che instancabilmente annuncia la partenza dei cantieri per il ponte sullo Stretto. Del resto, in casa Lega il ragionamento è lineare: con le elezioni europee alle porte, la finanziaria deve essere robusta e soprattutto rispondere almeno ad alcune delle promesse della campagna elettorale di un anno fa.
Le europee, infatti, hanno contribuito a rendere più tesi i rapporti in maggioranza: per ragioni fisiologiche di competizione interna, ma soprattutto dopo l’ipotesi di abbassare al 3 per cento la soglia di sbarramento – oggi al 4 per cento – che solleticava Meloni ma che Salvini ha stoppato con un «la legge elettorale non cambia, è fantasia».
Il cdm
Oggi, invece, è fissato un cdm dall’ordine del giorno e arriverà il cosiddetto decreto Caivano, che darà seguito agli annunci della visita della premier nel comune campano dove si è consumata la violenza sessuale su due minori. Riqualificazioni, con un piano di investimenti da 30 milioni di euro ma soprattutto un decreto legge di «contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile».
Nel testo ci saranno misure severe anche a carico dei genitori, oltre che daspo urbano e avviso orale del questore per i ragazzi a partire dai 14 anni, con divieto di utilizzo dei cellulari, lavori socialmente utili e sanzione amministrativa per i genitori. Al vaglio del pre consiglio ci sarebbe anche un provvedimento chiesto dalla ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, per limitare l’accesso al porno online per i minori.
La vera attesa, però, è per il prossimo decreto sicurezza su cui è al lavoro il Viminale e che dovrebbe dare slancio a inziative come i blitz di questi giorni contro la criminalità a Caivano, liberazione di immobli occupati e velocizza zione dei rimpatri, con un aumento delle risorse per le forze di polizia da tentare di tenere fuori dal marasma della finanziaria con un decreto ad hoc.
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