Almeno 13 morti e oltre 60 feriti nel raid dell’Idf, che ha parlato di «operazione mirata» e ha detto che 10 miliziani sono stati eliminati. Il comandante dell’unità di élite Ibrahim Aqil è stato colpito in una roccaforte del gruppo a pochi chilometri dal centro della capitale
(in aggiornamento)
L’esercito israeliano ha condotto un attacco a Beirut, nel quartiere di Dahiyeh, una roccaforte di Hezbollah a pochi chilometri dal centro della capitale. L’attacco è avvenuto alle 15, un’ora di punta mentre c’era chi tornava da scuola o dal lavoro. Sono morte almeno 13 persone e oltre 60 sono rimaste ferite.
L’Idf l’ha definito l’operazione «mirata», dichiarando che 10 miliziani sono stati uccisi. L’obiettivo era neutralizzare Ibrahim Aqil, membro di alto rango degli Hezbollah ricercato anche dagli Usa, che nel 2019 lo avevano definito un «terrorista globale». Il target israeliano è stato colpito e la notizia della sua morte è stata data da Israele poche ore dopo il raid: «Il leader stava progettando da anni il suo “7 ottobre” nel confine nord. Hezbollah prevedeva di razziare il territorio israeliano, occupare gli insediamenti del nord, e assassinare innocenti» e poi «lo abbiamo preso e prenderemo chiunque minacci la sicurezza dei cittadini israeliani», hanno commentato sul loro canale Telegram.
Anche Hezbollah è intervenuto dopo poco, condannando l’azione israeliana e affermando di aver risposto «prendendo di mira con razzi il quartier generale dell’unità di controllo del traffico aereo e il dipartimento delle operazioni aeree della base di Meron». Inoltre, il gruppo armato sciita ha rivendicato la «responsabilità di un attacco al quartier generale del principale servizio di intelligence della regione settentrionale di Israele».
Gli Usa non sapevano
L’attacco è un ulteriore passo in avanti verso un conflitto aperto tra Israele e Libano, escalation che molti osservatori vedono con preoccupazione. La Casa Bianca ha detto non essere stata informata dall’alleato dell’attacco. Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, ha affermato che gli Stati Uniti non sono stati coinvolti né avvisati con anticipo da Israele del raid di Beirut. Kirby ha detto di non essere a conoscenza di alcun preavviso da parte di Israele circa l’intenzione di effettuare l’attacco di venerdì. E ha aggiunto che «questo non è atipico». Tuttavia, Kirby ha rifiutato di rispondere alle domande su chi fosse stato preso di mira nell’attacco e ha respinto le domande sul fatto che l’amministrazione Biden avesse esaurito la sua capacità di frenare Israele riguardo al conflitto a Gaza e all’escalation delle tensioni con Hezbollah. Il portavoce ha ribadito: «Crediamo ancora che ci sia tempo e spazio per una soluzione diplomatica», ha detto. «La guerra non è inevitabile lassù sulla linea blu e continueremo a fare tutto il possibile per cercare di impedirla». Anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, interpellato dai giornalisti durante un incontro di gabinetto, ha commentato la situazione: «Voglio assicurarmi che la popolazione del nord di Israele e del sud del Libano possano tornare a casa, in sicurezza e tutto il nostro team sta lavorando con la comunità dell’intelligence per cercare di farlo».
L’ambasciata iraniana in Libano ha definito «folle» l’attacco di Israele e ha scritto su X: «Condanniamo con la massima fermezza la follia e l’arroganza con cui Israele ha preso di mira le aree residenziali nella periferia sud di Beirut». L’attacco di Israele è avvenuto dopo due giorni in cui i leader internazionali stavano cercando di trovare una strategia distensiva. Il presidente francese, Emmanuel Macron, giovedì sera aveva pubblicato sui suoi canali social un video in cui si rivolgeva al popolo libanese dichiarando solidarietà e sperando nella risoluzione pacifica del conflitto. Nonostante i propositi dei leader internazionali, la strategia di Israele era chiara da tempo. Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, aveva comunicato pochi giorni fa che si stava entrando in una nuova fase per la guerra, spostata nel confine con il Libano, e così è stato: da tre giorni gli sforzi dell’Idf si sono concentrati verso il nord del paese.
Attacchi a Gaza
Nonostante l’agitazione in Libano sono continuati i raid anche a Gaza. Il portavoce della difesa civile di Gaza, Mahmoud Basal, ha affermato che Israele ha bombardato un autobus nei pressi dell’incrocio di al Abbas, a ovest di Gaza City, nell’attacco sarebbero state uccise tre persone. Mentre a sud della Striscia di Gaza, a Rafah, almeno 13 palestinesi, tra cui tre bambini, sarebbero stati uccisi negli attacchi aerei israeliani su due case nella zona di Mesbah, lo hanno riferito fonti mediche ad Al Jazeera.
Joe Biden nella giornata ha commentato anche la situazione a Gaza, rispondendo a una domanda sull’ipotesi del cessate il fuoco: «Dobbiamo insistere finché non ci riusciremo, ma abbiamo ancora molta strada da fare».
Scontro legale
Mentre parte del fronte israeliano era occupata a gestire la situazione in Libano, è stata presentata un’obiezione ufficiale al mandato della Corte penale internazionale (Cpi) contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Yoav Gallant. Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Oren Marmorstein, ha affermato che la Cpi non aveva giurisdizione per emettere mandati di arresto a maggio per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant: «Israele ha presentato due memorie legali separate. Israele ha sottolineato la manifesta mancanza di giurisdizione della Cpi». E ha aggiunto: «In un’altra memoria, Tel Aviv ha descritto in dettaglio la violazione ingiusta, non avendo fornito a Israele l’opportunità di esercitare il suo diritto di indagare autonomamente sulle affermazioni del procuratore».
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