Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha promesso il sostegno americano a Israele mentre i suoi militari stanno martellando la Striscia di Gaza e preparano un’invasione di terra. Ma il sostegno non è incondizionato: Washington sollecita anche la moderazione, nel timore di una guerra regionale. Usa e Qatar intanto congelano 6 miliardi di dollari
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha promesso l’incondizionato sostegno americano a Israele mentre i suoi militari stanno martellando la Striscia di Gaza governata da Hamas con attacchi aerei e si stanno preparando per una possibile invasione di terra.
Ma il messaggio politico che il segretario di Stato era incaricato di recapitare a Benjamin Netanyahu era di moderazione e attenzione ai civili: «Come Israele fa tutto questo è importante». Secondo le Nazioni Unite più di 300.000 persone sono rimaste senza casa a Gaza e i rifornimenti di cibo e acqua stanno per finire. In questo contesto, lo scenario di una reazione sproporzionata mette in apprensione Washington.
Il segnale di moderazione americano in un momento così difficile per Israele è la spia del fatto che gli Usa non controllano più l'area come un tempo. Più in generale l'America teme di doversi occupare di un secondo fronte di guerra, dopo quello dell’Ucraina, quando vorrebbe occuparsi principalmente della sfida con la Cina nell’Indo-Pacifico.
Naturalmente Blinken ha ribadito il forte sostegno a Israele. «Hamas non ha interesse del popolo palestinese, non rappresenta il suo futuro, il suo unico obiettivo è distruggere Israele e uccidere gli ebrei. Israele ha diritto di difendersi e garantire che tutto ciò non avvenga. Noi democrazie difendiamo gli stessi valori anche davanti al terrore», ha aggiunto.
«Siamo qui con voi, non andiamo da nessuna parte»: con queste parole Blinken ha salutato il premier israeliano Netanyahu all'inizio del loro incontro al ministero della Difesa a Gerusalemme.
Nel video si sente Blinken dire a Netanyahu «mi dispiace, mi dispiace, condoglianze» per le vittime. Il primo ministro d'Israele ringrazia e stringe ripetutamente la mano all'ospite americano.
Il premier ha ringraziato gli Usa per il sostegno nella lotta contro Hamas, che, ha detto Netanyahu, «deve essere schiacciato come l'Isis», e chi lo appoggia deve essere oggetto di sanzioni, riferendosi indirettamente a Iran e Qatar, maggiori finanziatori di Hamas.
Teheran ha escluso ogni coinvolgimento nell’attacco mentre il Qatar si è proposto come negoziatore per la liberazione di parte dei 120 ostaggi in mano ad Hamas. E proprio ieri Stati Uniti e Qatar hanno bloccato un fondo da 6 miliardi di dollari dell’Iran che era stato scongelato nell’ambito di uno scambio di prigionieri.
Il segretario di Stato Usa ha aggiunto che Israele non dovrà difendersi da solo: «Stati e attori non statali, pensate a cosa fare in questa situazione, non agite contro Israele. Abbiamo dispiegato portaerei nell'est del Mediterraneo e daremo altro supporto. Garantiremo a uomini, donne e bambini presi in ostaggio che possano essere liberati».
Insomma gli Usa, che avevano deciso di tornare ad occuparsi soprattutto dei problemi interni, stanno tornando ad essere il “gendarme del mondo democratico”, sebbene in modo recalcitrante e casuale.
Avvertimento della Nato
Anche la Nato si esprime. «Israele ha il diritto di difendersi e la protezione dei civili è essenziale. Nessuna nazione o organizzazione ostile a Israele dovrebbe cercare di trarre vantaggio dalla situazione o di intensificare il conflitto».
Lo ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in conferenza stampa dopo la riunione dei ministri della difesa all'Alleanza, facendo in particolare riferimento all'Iran e a Hezbollah.
I nemici di Israele e degli Stati Uniti ora soffiano sul fuoco per allargare il conflitto: «La battaglia non si limiterà alla Striscia di Gaza. Altri fronti si uniranno presto», ha detto Abu Hamza, il portavoce delle Brigate Quds Brigades, l'organizzazione armata della Jihad islamica, citato dal network libanese Al Mayadeen.
Rivolgendosi alla resistenza in Cisgiordania, Abu Hamza ha lanciato un appello alla Brigata Jenin e alla Tana dei Leoni, nonché a tutti i palestinesi presenti sul posto, ad impegnarsi negli scontri contro l'occupazione israeliana. «Siamo venuti preparati fuori dalla Palestina così come lo eravamo dentro. Gli eventi di Gaza saranno replicati su altri fronti».
Per ora solo minacce ma Israele ha preso seriamente l’avvertimento e ha reagito: dei raid aerei attribuiti a Israele si sono registrati contro gli aeroporti siriani di Aleppo e Damasco e hanno preso di mira depositi di armi iraniane custoditi dagli Hezbollah libanesi filo-iraniani presenti in Siria.
Due anni di preparazione
Due anni di preparazione per l'attacco di Hamas a Israele con modalità top secret e con la data di inizio dell'operazione a conoscenza di pochissimi tra i vertici del gruppo islamico.
Lo ha detto a Russia Today tv un dirigente di Hamas, Ali Baraka, secondo il quale anche i Paesi "alleati” sono stati informati solo dopo l'inizio delle azioni militari.
In un'intervista diffusa dall'emittente l'8 ottobre, Baraka ha detto che «si poteva contare sulle dita di una mano» il numero di dirigenti che sapeva con precisione il momento di inizio dell'attacco e che era assai ristretto anche il numero di coloro che sapevano dell'operazione.
L’Egitto, secondo il Financial Times, avrebbe comunque avvisato del pericolo Israele ma senza successo. Intanto sono saliti a 1.417 i morti a Gaza. Lo ha fatto sapere il ministero della Sanità di Hamas a Gaza secondo cui i feriti sono 6.268 e Israele ha bloccato ogni rifornimento della Strscia.
«Non verrà premuto un solo interruttore elettrico, non verrà aperto un solo rubinetto e non entrerà un solo camion di carburante finché gli ostaggi israeliani non saranno riportati a casa», ha detto sui social media il ministro israeliano dell’Energia Israel Katz.
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